“Una punta di Sal”. Storie di guerre, di sopravvissuti e di morti

La testimonianza del mazarese Nicasio Anzelmo, e la storia del partigiano Giovanni Modica ucciso dai nazifascisti

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
06 Marzo 2022 09:47
“Una punta di Sal”. Storie di guerre, di sopravvissuti e di morti

Storie di guerre, di sopravvissuti, di eroi e di morti. La guerra è una industria funeraria: una fabbrica di rovine. Le immagini dell’Ucraina distrutta è ancora una volta l’esempio di ciò che accade quando si accendono i motori. All’inizio degli anni Cinquanta, in un’epoca segnata da rapporti tesi e fragilissimi tra le potenze mondiali uscite dalla grande guerra, con lucidità e disincanto, diciamo che rifiutiamo la distinzione tra guerre giuste e ingiuste; tutti i conflitti nascono solo dall’odio, dalla miseria, dalla volontà di potenza e lasciano dietro di sé distruzione, morte, desiderio di vendetta; ogni giustificazione dell’uso della forza come strumento di pace va condannata.

Il dialogo è l’unica arma che può realmente garantire all’umanità un presente e un futuro di pacifica convivenza. Solo i matti e gl’incurabili possono desiderar la morte. E morte è la guerra. Essa non è voluta dal popolo; è voluta da minoranze alle quali la violenza fisica serve per assicurarsi vantaggi economici o, anche, per soddisfare passioni deteriori. Soprattutto oggi, con i morti e le rovine, la guerra si manifesta una strage e per di più inutile. I racconti di ieri e di oggi di popoli oppressi sono la cartina di tornasole della rapacità di uomini che non sottilizzano e che fanno confusione tra il bene e il male.

Le morti in guerra vengono raccontati dai sopravvissuti con tutti i particolari. E non bisogna andare, lontano. Anche da noi, a Mazara del Vallo,parenti e amici ancora piangono i caduti in guerra della prima guerra mondiale, ben 288, e della seconda guerra, oltre 200, i cui nomi si possono leggere sulla lapide in pietra che si trova all’inizio della “Passeggiata Consagra”. In questa grade guerra c’è un sopravvissuto di Mazara, Nicasio Anselmo, 98 anni ben portati. Racconta la guerra in dialetto siciliano e la racconta anche a giovani studenti, quando viene invitato.

Una frase del suo racconto si commenta da sé: “L’omini murianu comu li pampini chi carinu di l’arvuli” (gli uomini morivano come le foglie che cadono dagli alberi). Anselmo racconta la sua vita, da soldato della seconda guerra mondiale internato nei campi di concentramento dopo l’armistizio del ’43 fino a quelli notti in cui pensava come raggirare i tedeschi per mettersi in salvo. Nicasio Anzelmo, per l’età avanzata, è uno degli ultimi testimoni diretti dell’orrore dei lager nazisti.

Racconta che a soli 19 anni, era stato reclutato come marinaio nella Regia Marina Italiana e condotto in Francia, presso l’arsenale di Toulon. Dopo l’armistizio, ricevette dal comandante l’ordine di deporre le armi e di rientrare in Italia, ma l’arsenale era stato occupato dai tedeschi. Il Reich, infatti, dopo l’8 settembre, aveva dato mandato di catturare i soldati italiani presenti in Francia, nei Balcani e in Italia. Gli fu quindi chiesto dai nazisti di combattere nelle fila del loro esercito.

Io mi rifiutai - dice Anzelmo – e venni convogliato, insieme ad altri miei compagni, verso le tradotte che anziché di portarmi a casa, così come avevano fatto credere, mi condussero nel campo di concentramento vicino Trier in Germania”. Essendosi coraggiosamente rifiutati di riprendere le armi sotto il comando del Fuhrer (il 10 per cento accettò l'arruolamento) vennero chiusi nei lager tedeschi con lo stato di Internati militari italiani (in tedesco Italienische Militär-Internierte - IMI).

Il suo racconto diventa ancora più drammatico quando nel campo di Trier fu costretto ai lavori forzati prima in una miniera di carbone, poi a scavare trincee. “Conobbi la fame, l’orrore di vedere uccidere i miei i compagni, le lunghe marce per chilometri con pochissimo cibo in mezzo alla neve, durante le quali molti morivano. Si moriva per una mela freddati dai colpi dei nazisti, si moriva per sfinimento perché non si riusciva a superare gli stenti a cui eravamo sottoposti. Io sono riuscito a sopravvivere perché ero giovane e scaltro: la notte pensavo a come raggirare i tedeschi”.

Venne però poi nuovamente catturato e condotto in altri campi di prigionia finché il 19 marzo del 1945 gli angloamericani lo liberarono. Dopo un periodo di quarantena in Francia, nel mese di giugno del 1945 è rientrato a Mazara del Vallo.La Prefettura di Trapani gli ha consegnato, lo scorso anno, la Medaglia d'onore.

Chi non è sopravvissuto, invece, insieme a tanti altri, è Giovanni Modica che venne ucciso a fucilate durante un combattimento tra partigiani e nazifascisti. Le cronache del tempo raccontano che teatro dello scontro è stato Barbania, un piccolo centro in provincia di Torino. E’ il 21 febbraio del 1945. Tra i partigiani c’era il giovane mazarese. Fu una strage fascista. Una esecuzione compiuta dal plotone Divisione Folgore della Repubblica Sociale Italiana. Furono uccisi a fucilate nella piazza principale di Barbania dieci partigiani della quarta divisione "Piemonte" delle brigate Garibaldi, catturati a Ciriè il 17 febbraio !945.

Giovanni Modica era nato a Mazara il 1^ giugno del 1921. Sembra che ci sia stata qualche resistenza da parte del padre e della madre per la decisione di Giovanni di partire. Il 22 febbraio del ’45, in casa Modica venne comunicata la tragedia dalle autorità militari . A Mazara, tre anni fa, si è svolta la solenne cerimonia del conferimento al “Gonfalone” della Città, della Croce al Valor Militare alla “memoria”. L’onorificenza è stata concessa dal Ministero della Difesa. Giovanni Modica fece parte delle brigate d'assalto "Garibaldi", che erano formazioni legate al PCI ma vi militarono anche esponenti di altri partiti, soprattutto socialisti, azionisti e cattolici, nonché autonomi e apolitici, come lo era Modica, un ragazzo che ha voluto difendere il Tricolore.

Anche in questo senso, la Resistenza è stata una fondamentale scuola di cittadinanza per generazioni destinate a costruire e governare un paese democratico. Modica è stato un piccolo grande eroe che la città non deve e non può dimenticare, come gli altri caduti nella prima e nella seconda guerra mondiale. Ed oggi, ancora oggi, nel 2022, si muore in guerra. La storia non ha insegnato nulla, non è stata “maestra di vita”. Incredibile ma vero!

Salvatore Giacalone

Ti piacciono i nostri articoli?

Non perderti le notizie più importanti. Ricevi una mail alle 19.00 con tutte le notizie del giorno iscrivendoti alla nostra rassegna via email.

In evidenza