Fosse un romanzo, ‘Morte nel pomeriggio’ sarebbe il mio preferito di Hemingway; trattandosi più di un saggio, rimane comunque, a mio modestissimo parere, la sua opera più riuscita.
Se dovessi descrivere Ernest Hemingway in due parole ad un giovane d’oggi, lo definirei una persona del tutto fuori moda: le sue passioni, infatti, erano la caccia grossa, le corride, il “big game” ossia la pesca dei grandi pelagici…tutta roba da far inorridire taluni sacerdoti dell’odierno pensiero dominante, convinti, da un lato, che l’uomo, ormai signore assoluto dell’orbe terracqueo, selve e foreste incluse, possa impunemente ripopolare di belve feroci monti oggi pullulanti di villeggianti disarmati, apparentemente persuasi, dall’altro, che le ‘fiorentine’ vengano prodotte direttamente in formato fetta da 300 grammi almeno, od esista un modo per infilare il tonno nelle scatolette senza prima sopprimerlo.
Che il mondo, il suo mondo, fosse cambiato, Hemingway lo aveva già compreso fin troppo bene, avendo vissuto da vicino i più importanti eventi della prima metà del XX secolo, ossia le guerre più sanguinose della storia; e fu così che, al culmine di una depressione cominciata a covare, pare, a partire dalla scomparsa di Stalin otto anni prima, pose fine ai suoi giorni nel luglio del 1961, rivolgendo contro di sé uno dei suoi amati fucili da caccia grossa.
Pensieri che mi sovvenivano presso l’Arena di Barcellona, un elegante edificio in stile neo-moresco, neanche troppo grande, di fattura risalente ad appena un secolo fa, constatando come oggi sia stato riconvertito, previa copertura nonché demolizione delle tribune, a centro commerciale, alla stregua di un banalissimo Forum o Conca d’oro, con i medesimi brands di prodotti in vendita (che non cito perché si sono guardati bene dallo sponsorizzarmi); degno di nota, tuttavia, al posto della sabbia sul fondo dell’arena, il nuovo pavimento sensoriale, felicità di tutti i bambini, di età inferiore ai 10 anni, che vi si rotolano allegramente.
Le corride, infatti, sono state dichiarate illegali nella Generalitat della Catalogna a partire dal 2010 (e l’arena trasformata appena 2 anni dopo); questo mentre nel resto della Spagna si puntava, addirittura, a farle dichiarare ‘patrimonio immateriale dell’Umanità’.
I catalani, invece, preferiscono presentarsi come paladini dei diritti degli animali di fronte a cotanta ‘barbarie’, tradizione di un Paese, la Spagna, di cui fanno parta ma dal quale si separerebbero volentieri.
Forse perché si sentono più affini ai loro vicini settentrionali, i francesi?
Non credo: il sud della Francia pullula di arene romane in condizioni di conservazione eccellenti, dove tuttora si tengono spettacoli di tauromachia: il cartellone della Feria taurina de Pentecostes 2022 di Nimes, per esempio, è già stato pubblicato, come quello della Feria du Riz di Arles, con 2 corride in programma.
Allora, su cosa si fonda una così marcata ostilità dei catalani verso la corrida? E perché nutrire dubbi circa una loro più marcata sensibilità verso i cosiddetti diritti degli animali, dico cosiddetti perché un animale, com’è noto, non può agire in proprio a tutela dei medesimi?
A questo punto torna utile tornare ad Hemingway ed al suo ‘Morte del pomeriggio’, un vero trattato sulla corrida di cui il Nostro si protestava un appassionato dilettante, nonostante ci abbia tramandato un testo quasi enciclopedico ed a dispetto del fatto che, come si legge nella sua biografia, alla sua morte fu necessario affittare un camion per sbarazzare la sua tenuta di Finca Vigia a Cuba, da migliaia di riviste di tauromachia: furono necessari 4 viaggi, come non mancò di notare la signora che ne scrisse, credo Fernanda Pivano.
Non che sia possibile comprendere la corrida senza assistervi: a me capitò di passaggio a Valencia, era solo una corrida per junores, ove si matavano vitelli: ogni disciplina prevede categorie giovanili, ma rese l’idea.
Ero entrato solo per curiosità, ma lo spettacolo, sostenuto dal sapiente commento musicale della banda presente, mi coinvolse, così come mi colpì apprendere, nel vedere che sotto le tribune era ricavata una macelleria in piena regola, che la carne dei tori matati nell’arena viene distribuita ai poveri della città.
Hemingway, però, fornisce una miriade di informazioni che, ordinate come si conviene, tramettono importanti criteri di valutazione, come, fondamentale ai fini del nostro odierno discorso, la gerarchia delle plazas de toros in Ispagna: la più importante, naturalmente, è quella di Madrid, denominata de Las Ventas, segue quella de la Maestranza di Siviglia, ove si pratica uno stile di corrida più mosso, teatrale, un po' come il ballo liscio ballato a Campobello rispetto a quello di Mazara.
Altre arene importanti sono quelle di Valencia, Saragozza, Granada e Ronda, una cittadina andalusa deliziosa, ma non più grande di Castelvetrano.
Non c’è invece Barcellona, la seconda città del Paese: sarebbe come se a Milano non ci fosse lo stadio di San Siro perché le due squadre cittadine sono relegate in serie B o peggio.
Sorge, pertanto, il sospetto che in Catalogna si tenda a spacciare per quarti di civiltà il mero disinteresse per una pratica mai troppo popolare nella regione; del resto, l’ultima corrida a Barcellona si tenne nel 1977, quando le spinte autonomistiche non s’erano ancora manifestate, o comunque, erano di gran lunghe prevaricate da quelle basche, portate avanti a colpi di sanguinosi attentati.
Tanto più che, sia nella Generalitat Catalana che nella confinante Comunidad Valenciana, sono ancora popolarissimi i “correbous”, manifestazioni simili alla celeberrima fiesta di Pamplona, dove si liberano i tori per le strade ad inseguire temerari disposti a correre il rischio di farsi incornare (come puntualmente capita); solo che qui si adotta la variante “de colocar entorchas al toro en los pitones”, ossia torce accese sulle corna dell’animale che spesso ne finisce accecato, con conseguente precipitare in mare a fine corsa.
Ma il Partito nazionalista Catalano, lo stesso che si è battuto per l’abolizione della corrida in Catalogna, oggi propone di tutelare, per legge, i correbous, nel presupposto che “son fiestas tradicionales donde non se da muerte al animal”.
E nel resto della Spagna? Detto di Pamplona, ove però non si attaccano torce accese alle corna dei tori, a Madrid ed in molte altre città i correbous sono vietati perché ritenuti crudeli!
di Danilo MARINO
La rubrica “Le ultime della sera” è a cura della Redazione Amici di Penna.
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