"Teatro amore mio", "Aspettando Godot" di Samuel Beckett

L’opera andò in scena per la prima volta al Théâtre de Babylone di Parigi, il 5 gennaio 1953.

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
04 Maggio 2022 12:08

C’è un modo di dire che, una volta nella vita, ci è capitato di sentire questa frase: “Aspettando Godot”.

Il riferimento è all’opera di Samuel Beckett che uscì nel 1954 e che fu subito un successo nonostante il significato oscuro. La commedia rientra infatti nel filone delle rappresentazioni del teatro dell’assurdo: una corrente artistica che germogliò in Francia negli anni Cinquanta; i protagonisti di questa nuova avanguardia teatrale furono Ionesco, Adamov, Beckett, Genet, Arrabal. 

Lo scopo di questa corrente artistica era quella di porre dei quesiti sull’esistenza umana e sull’incomunicabilità del mondo contemporaneo per mezzo di un linguaggio drammatico, slegato dalle regole tradizionali. Ritorniamo però al modo di dire “aspettando Godot”, cosa significa? La frase si usa quando vogliamo parlare di qualcuno o di qualcosa che attendiamo e che probabilmente non arriverà mai – per esempio il benessere o le pensioni dopo che hai lavorato una vita. Come scrive lo scrittore Carlo Fruttero nella prefazione di Aspettando Godot, è la prima opera teatrale che si svolga entro “un tempo congelato, un’enorme pausa”. 

Ed è davvero così. I protagonisti non conoscono orari, si basano sul ciclo solare che però non sanno interpretare, e di conseguenza il tramonto viene confuso con l’alba e viceversa. Fruttero infatti scrive “che la confusione si rispecchia anche sul linguaggio favorendo un florilegio di qui pro quo, doppi sensi, gag farsesche e parolacce ma ci vuol poco ad avvedersi che questa non è una commedia spensierata, senza secondi fini, bensì una commedia che guarda criticamente se stessa, che non è contenta del proprio stato, una commedia, si potrebbe dire declassata che si sforza invano, per due atti, di risalire al rango perduto di tragedia». 

I protagonisti Vladimiro, Estragone, Lucky e Pozzo, Vladimiro è sicuramente il personaggio che cerca un aggancio con la realtà ma i suoi tentativi vengono sabotati dagli altri tre soggetti (Estragone, Lucky e Pozzo) che sono completamente folli. C’è però un altro personaggio che non appare mai in scena e questo è Godot. Chi è Godot? Nessuno lo sa. Perché i due barboni Vladimiro ed Estragone lo aspettano davanti a un albero, che prima è morente e poi in un secondo momento rigoglioso di foglie verdi. Anche in questo caso, nessuno lo sa.

Non parliamo di un’opera sconclusionata, ma di un mix di pensieri, aspettative, e immagini che si saldano tra di loro. Inoltre Fruttero fa notare che probabilmente Aspettando Godot sia nato anche da un sentimento storico, la guerra fredda, periodo in cui ogni giorno poteva essere l’ultimo, dato il pericolo di una guerra nucleare tra Stati Uniti e Unione Sovietica. Sui contemporanei, l’immobilismo politico causato dal conflitto ad armi fredde, deve esser stato corrosivo: «Quel che è certo è che essa (la commedia) esprime nel modo più estremo che mai sia stato tentato sulla scena una condizione di cui ciascuno di noi ha, in diversa misura, coscienza, e che ci presenta un’immagine schiacciante della vita (o, se si vuole, della “civiltà occidentale” quale si è ridotta oggi), in cui soltanto l’ottimista per candore o per partito preso può fare a meno di riconoscere i nostri rapporti, il nostro linguaggio, il nostro quotidiano brancolare. 

Nella sua assurdità Aspettando Godot è allora diventato lo specchio della nostra società che si è smaterializzata: oggi usiamo monete digitali, libri digitali, realtà virtuali. Godot è il simulacro del presente in cui noi tutti siamo immersi. E noi aspettiamo tempi diversi e magari migliori! “Aspettando Godot”.

Salvatore Giacalone

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