Nona puntata della rubrica storica che approfondirà le origini dei quartieri trapanesi: un ritorno al passato per conoscere meglio la storia della città dei due mari e delle strade che quasi ogni giorno percorriamo. La città di Trapani è conosciuta soprattutto per essere una città-porto, appellativo dato a pochissime centri in Italia.
Viene denominata così perché il Porto ha una posizione centrale rispetto al Mediterraneo e risulta essere ideale per lo scalo di traffici commerciali e di passeggeri che attraversano il Canale di Sicilia. La città si sviluppò completamente attorno ad esso, anticamente nato come antico sbocco commerciale per Eryx – il monte Erice – ma nella storia venne utilizzato da numerose civiltà. Ricordiamo, ad esempio, i Fenici – che chiamarono il Porto “Darban”, cioè formato ad angolo acuto – i Cartaginesi, che costruirono il Cantiere Navale – fiorito poi durante la dominazione Normanna –, i Greci, i Romani e gli Arabi.
Dai Romani, invece, il Porto assunse il nome di “Naumachia”, derivante dal greco antico ναυμαχία, letteralmente “combattimento navale”, che indicava uno spettacolo rappresentante una battaglia navale e il bacino in cui si tenevano. Questo rende chiaro che il Porto di Trapani era, quindi, adatto ai combattimenti navali del tempo. Proprio per questo fu spesso spettatore di tante battaglie, come quella tra cartaginesi e romani nel 249 a.C. o quella tra le repubbliche di Genova e Venezia nel 1269.
Il Porto era fondamentale non solo per la città di Trapani ma, in generale, per la Sicilia intera e nessun popolo poteva permettersi di trascurarlo. I Romani, ad esempio, non poterono considerarsi padroni della Trinacria fino a quando non s’impossessarono anche del Porto trapanese.
Nel XII secolo, per concessione di Ruggero II, il Porto ebbe il privilegio della franchigia doganale per tutte le navi di qualsiasi nazione e ciò portò, quindi, ad un aumento del proprio prestigio. In questo stesso periodo, il Porto ebbe grande fermento grazie alle crociate e fu tra i più importanti Porti del Mediterraneo. Tutte le città marinare (Genova, Pisa, Venezia e Amalfi) avevano, infatti, un consolato nel Porto trapanese. Essendo meta di molte imbarcazioni venne organizzato l’ormeggio in vari modi: da porta del gallo a quella dei pescatori si ancoravano le piccole barche; da porta dei pescatori alla strada dei cordari si ancoravano i grossi bastimenti; nel molo sostavano gli schifazzi che trasportavano legname e corallo, nel centro del Porto ormeggiavano i grossi bastimenti e le navi da guerra.
A regolamentare il tutto ci pensavano dei cittadini che crearono la “Deputazione di ponte e molo” che esercitava le funzioni di quella che è oggi la capitaneria: regolamentavano il traffico, i servizi doganali e sanitari e curavano l’accensione del faro della Colombaia. Nel 1630 la Deputazione fece completare la banchina occidentale e orientale fino al ponte di legno, sostituito nel 1685 con un ponte di pietra – dove si trova l’attuale molo –. Nel 1775, invece, fece avviare la ricostruzione della scogliera di tramontana.
Tra il 1885 e il 1908 furono costruiti i ponti, i moli e le banchine, spesso utilizzati dai bambini delle vecchie generazioni come dei veri e propri trampolini per tuffarsi in mare. Il Porto di Trapani non è soltanto bellezza. È pieno di storia che, purtroppo, viene poco menzionata.
Nonostante la sua antichità e la sua importanza, agli occhi di tutti viene visto come un normale e piccolo Porto. Ma non lo è. Perché il Porto di Trapani è ricchezza, è storia di una città e del suo popolo ed è anche ispirazione. Come lo fu per il poeta futurista Filippo Marinetti che, nel poesia “Il Porto di Trapani invernale” del 1928, scrisse: «Garibaldi di marmo sorveglia la simultaneità del Porto Le palme piangono e chiamano il sole La draga scava il passato Ma la draga accelerando arrotando i suoi rumori diventa subitamente un trapano trapano di Trapani Trrrapano coloniale nell’Africa vicina».
Chiara Conticello Foto di Enrico D'Amico, Alessandro Leone e Giacomo Brogi