Questa settimana nella nostra trasmissione "Prima News" abbiamo intervistato il magistrato Massimo Russo, già assessore alla Sanità della Regione Siciliana, il quale ha espresso profonda preoccupazione per il recente scandalo dei ritardi nella consegna dei referti istologici all’Asp di Trapani. Su 3300 reperti in deposito, ben 206 pazienti hanno ricevuto la diagnosi di tumore in stato avanzato con un ritardo di 8-9 mesi, scatenando rabbia e apprensione. “È una storia così incredibile –ha sottolineato il dott.
Russo- le parole sembrano insufficienti per commentarla. Tuttavia, è fondamentale parlarne per sensibilizzare l'opinione pubblica, affinché simili situazioni non si ripetano in futuro. Vi è la necessità di accertare la verità, ricostruire i fatti e non cercare facili vie di fuga individuando capri espiatori, poiché questo non serve a nulla. Un aspetto che emerge e che mi addolora profondamente come cittadino è la totale insensibilità di chi ricopre una funzione così delicata nei confronti dei pazienti.
C'è un dato etico che va sottolineato. Nello svolgere un ruolo fondamentale per la vita del paziente, quello di determinare se sia affetto da una malattia grave, la tempestività è cruciale: prima riesco a comunicargli se sta bene o se sta male, più agevole sarà il suo eventuale percorso di cura. I ritardi sono stati causati non solo da insipienza e cattiva organizzazione, ma anche da una profonda insensibilità. Se svolgo questo lavoro, devo essere pienamente consapevole dell'importanza di agire tempestivamente.
Se poi l'ASP o l'organizzazione non mi forniscono i mezzi necessari, devo alzare la voce e dire: ‘Non riesco a eseguire l'esame dei referti perché mi mancano i vetrini, il microscopio e i collaboratori’. Questo è il punto sconcertante e rappresenta una responsabilità del medico. Non so se il medico abbia segnalato le carenze, ma dobbiamo risalire alle responsabilità. Ho la sensazione che ci sia stata una certa indifferenza e un gioco di scaricabarile, e che il povero Croce si sia trovato a gestire una situazione difficile.
I riflettori si sono giustamente accesi sul dirigente e sul direttore generale dell'ASP, ma è fondamentale capire l'origine di questa vicenda. È importante verificare se, come sembra emergere, i medici rispondessero effettivamente ai target di produttività previsti, ossia a un certo numero di esami per garantire una refertazione rapida. Certamente, se mancano medici, si accumulano i ritardi, ma se i medici ci sono, devo trovare soluzioni, come quelle adottate ora. Un pensiero –continua il Magistrato- va alla nostra concittadina, la professoressa Gallo, purtroppo colpita da questo ritardo.
Il laboratorio di anatomia patologica era previsto dall'atto aziendale a Mazara del Vallo; tuttavia, è stato trasferito a Castelvetrano, in violazione della direttiva aziendale. Mazara non ha ricevuto il laboratorio, nonostante fosse logico istituirlo lì, considerando la destinazione assegnata all'ospedale di Mazara. Ci troviamo di fronte a una totale assenza di una politica locale in grado di far valere i propri diritti. Non stiamo facendo richieste eccessive, ma chiediamo semplicemente il rispetto della direttiva aziendale.
Qual è il nesso con questa storia? È evidente che la sanità è tornata a una gestione antiquata, diventando un luogo di scambi tra il politico locale, che, anziché guardare al sistema nel suo complesso, si interessa solo di singoli casi per apparire ‘bravo’ agli occhi del proprio elettorato. Ad esempio, non ha senso avere un laboratorio a Castelvetrano quando era previsto un accorpamento.
Ho sentito dire che l'accorpamento sarebbe dovuto avvenire, ma non è stato realizzato. È necessario chiarire se le attività private andassero a detrimento di quelle pubbliche o viceversa; a mio avviso, è il contrario. Inoltre, sarebbe utile indagare se vi fosse un problema più profondo legato a interessi personali. È possibile che un medico, per esempio un urologo, avesse bisogno di un referto urgente per il proprio paziente, non per il paziente in generale, e quindi il laboratorio di anatomia patologica fosse costretto a dare priorità a queste richieste". Massimo Russo ha citato il caso di Matteo Messina Denaro, il cui referto è stato analizzato immediatamente al contrario dei ritardi subiti da altri pazienti.
“È stato operato a Mazara del Vallo, il suo referto è stato esaminato rapidamente, mentre la professoressa Gallo e tanti cittadini comuni, privi di protezioni particolari, rischiano di pagare con la vita per l'insipienza e l'incapacità organizzativa, che rappresentano un fallimento di una politica che ha disarticolato il sistema. Ho avuto l'onore di dirigere questo sistema e ne sono fiero. Quando venivano a chiedermi piccoli favori, che non giovano al sistema, diventavo un po' scontroso.
È fondamentale avere un'organizzazione efficiente, in quanto la sanità è un settore delicatissimo. Serve personale competente e un'attenzione costante ai bisogni dei cittadini e dei pazienti. Questa situazione indica esattamente il contrario. La sanità non può proseguire in questo modo. Sta perdendo i valori fondamentali su cui si basa: uguaglianza, prontezza nelle cure e attenzione verso le persone più vulnerabili. Le persone più deboli devono essere aiutate, non coloro che hanno ‘santi in paradiso’ o che possono permettersi di pagare un anatomopatologo che nel pubblico svolge male il proprio lavoro e nel privato invece eccelle. In sintesi, l'attività nel pubblico deve essere di qualità, così come quella nel privato".
L'ospedale “A. Ajello” di Mazara del Vallo, ristrutturato e ammodernato pochi anni fa grazie all'intervento di Russo, rischia ora di diventare un contenitore vuoto: "Mi sembra –ribadisce il già assessore regionale alla Salute- che, alla fine, sia rimasta solo una scatola blu semivuota. Perché? Perché non c'è stata una classe dirigente a Mazara del Vallo capace di battere i pugni per rivendicare ciò che ci spetta: l'unità complessa di chirurgia e le strumentazioni sono state trasferite in un altro ospedale.
Non possiamo permetterci il campanilismo quando parliamo di sanità e della sua ‘architettura’. Non possiamo pensare di avere l'ospedale sotto casa. Dobbiamo considerare, ad esempio, che come previsto dalla legge, è necessario pensare a un ospedale ‘multi-stabilimento’: a Mazara si può realizzare una specialità e concentrarsi su quella, a Castelvetrano se ne può sviluppare un'altra, e così via, in modo che i cittadini della provincia di Trapani possano avere accesso a tutte le specialità, anche se in modo diverso. Se iniziamo però a frammentare il sistema in un contesto in cui manca l'elemento fondamentale, ovvero i medici, rischiamo di incorrere in un disastro. La sanità, come sta avvenendo a livello nazionale, sta attraversando un momento critico.
Ricordiamo che quella struttura di welfare, un tempo orgoglio degli italiani e definita da Papa Francesco come una ‘ricchezza’, sta diventando una scatola vuota. È necessario che i cittadini si battano per una sanità pubblica, come è stata concepita, fondata sui valori della solidarietà. Chi ha bisogno di un medico è una persona che soffre, e nei confronti di chi soffre non possiamo limitare l’aiuto a mere strutture, soggette a spinte clientelari, affaristiche o persino criminali. Dobbiamo invece essere orientati a offrire il meglio, come avveniva in passato.
Quando queste strutture diventano feudi di potere, è la fine del sistema. Le conseguenze sono chiare: ci troviamo a ritornare indietro nel tempo" Attualmente, il miglior ospedale in Sicilia sembra essere l'aeroporto Falcone-Borsellino di Palermo dal quale quotidianamente siciliani partono per andarsi a curare nel centro-nord. “Questo –dice Russo- è particolarmente doloroso e offensivo per la nostra dignità.
Ho speso tempo e risorse affinchè questo non accadesse più. Ho sempre creduto nell'importanza di programmare e gestire le risorse per realizzare qualcosa di concreto. Tuttavia, la logica della pianificazione e della programmazione è venuta meno. Non c'è più una visione unitaria di un sistema che funzioni in sinergia. Questi sono ingranaggi molto delicati e, se un'anatomia patologica non riesce a garantire i referti necessari da mesi, diventa inutile avere reparti d'eccellenza se non sono supportati dalle attività strumentali adeguate”.
Abbiamo parlato con Massimo Russo, magistrato impegnato per anni nella lotta alla mafia fin quando da giovane collaborava con Paolo Borsellino alla Procura di Marsala, della XXX manifestazione in memoria delle vittime innocenti della mafia, organizzata da LIBERA e svoltasi venerdì scorso a Trapani, e che ha visto la presenza di circa 50mila persone (queste le stime degli organizzatori) provenienti da tutta Italia, inclusi politici di calibro nazionale. “Trovo bellissimo –ha commentato Russo- che si possano ricordare tutte le vittime della mafia, non solo Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, le cui storie sono particolarmente significative, ma anche tutte le altre vittime che spesso rimangono nell'ombra e non sono parte del dibattito sull'antimafia.
È fondamentale avere un giorno dedicato a snocciolare un elenco di nomi che ripercorre questo lunghissimo filo di sangue che ha devastato la Sicilia e la dignità dei siciliani. È un atto nobile che invita alla riflessione su quanto accaduto nella nostra terra a causa di una criminalità organizzata che ha influenzato profondamente lo sviluppo democratico. Questo è un messaggio che i giovani devono comprendere: la memoria ha un significato solo se si traduce in comportamenti concreti. Tuttavia, ho alcune riserve riguardo all'organizzazione di manifestazioni di questo tipo.
Personalmente, provo una sorta di allergia a queste celebrazioni, perché rischiano di trasformarsi in rituali vuoti, simili a quelli delle festività, in cui ci si promette di essere buoni e affettuosi, ma poi si torna rapidamente alle abitudini di prima. Cosa dobbiamo allora fare? È necessario lavorare attivamente nella società. Sono convinto che le nuove generazioni possano portare avanti il frutto del nostro impegno. Purtroppo –avverte Russo- ci sono dei segnali che destano preoccupazione.
I fatti parlano chiaro: Matteo Messina Denaro è vissuto impunemente a Mazara del Vallo, Castelvetrano e Campobello, senza che nessuno lo riconoscesse. Sono certo che qualcuno lo conoscesse, ma mi chiedo: a cosa servono le manifestazioni se non si fa nulla per fermare questo stato di cose? È inaccettabile che una figura di tale calibro possa girare liberamente e frequentare ristoranti nel pieno centro. Esiste un problema antropologico che dobbiamo affrontare: in Sicilia c'è stata una sorta di "nazione mafiosa" in cui anche alcune istituzioni hanno mostrato complicità. Io non appartengo a quella categoria di magistrati che si scaglia sempre contro lo Stato; anzi, rappresento con umiltà il mio ruolo, e quest'anno ricorrono i 25 anni dalla sentenza ‘Omega’, che ha disarticolato l'organizzazione mafiosa del trapanese con azioni concrete, non con chiacchiere.
Molti uomini d'onore sono ancora in carcere, ma ci sono anche situazioni in cui i cordoni si allentano, permettendo a qualche mafioso di tornare a una vita normale. Credo che ci debba essere una rivisitazione del passato, ma questa riflessione deve tradursi in una presa di posizione forte e chiara. Immagino un mafioso che, tornato in libertà, dichiari che Cosa Nostra ha rappresentato la morte della nostra democrazia e del nostro territorio, accanto a tutti coloro che hanno pagato con la vita il loro impegno per la legalità. Le manifestazioni sono importanti, ma è fondamentale evitare la sovrapposizione di strutture che, sotto il nome di "Antimafia", rischiano di diventare un mero esercizio di facciata.
Infine abbiamo chiesto a Massimo Russo cosa ne pensa della città di Mazara del Vallo. “La trovo bella, migliorata e anche pulita. Stando a Palermo, devo dire che la differenza si vede, in meglio. È un piacere che i miei concittadini mazaresi si lamentino perché trovano la città sporca. Forse non sono stati a Palermo e questo significa che c'è un senso critico e un livello di indignazione che comincia ad alzarsi. A Mazara si dovrebbero fare tante cose. È da tempo che dovremmo curare i servizi e consentire una circolazione migliore, ma tutti ne parlano e nessuno riesce a trovare le giuste soluzioni.
Sento parlare di dragaggio: sono passati quindici anni e ancora non si fa nulla. E nessuno realizza progetti concreti. Che dire? Speriamo che i giovani che si affacciano alla politica si sporchino le mani e mettano del loro impegno, sentendosi parte della loro comunità e contribuendo alla città. Possono fare qualcosa di meglio, ma bisogna sempre cercare di migliorare, utilizzando le persone giuste, quelle che lavorano per il bene degli altri, nella convinzione che si cresce tutti insieme, non da soli. In merito all’aspetto economico della Città, vedi le tante saracinesche chiuse nel centralissimo Corso Umberto I, la marineria in forte crisi (una volta c'erano 400 pescherecci, oggi poco più di 70).
“Eppure parliamo di Mazara, la capitale del gambero rosso. Anche l'agricoltura è in crisi, colpita dalla più grande calamità che abbia mai interessato la Sicilia, che ha avuto un impatto particolare su questo territorio. Fino a quando non ci si ferma a riflettere e a proiettare gli sforzi e gli investimenti sui settori trainanti, che siano turismo, agricoltura, pesca, energia verde o innovazione, non andremo avanti. Ma questo, mi sembra –dice Russo- non sia chiaro a nessuno, poiché la politica è rinsecchita e ripiegata su se stessa.
Non c'è una visione, e questa può venire solo da una nuova idea di potere e speranza. Stiamo disperdendo il nostro capitale più grande: le intelligenze che nascono qui ma se ne vanno. Non ci trovo nulla di male, io a 18 anni sono scappato dalla Sicilia per andare a Firenze, ma poi sono tornato per varie ragioni. I nostri giovani, però, non tornano più perché non trovano gli spazi per realizzare le loro ambizioni. Se non costruiamo questi spazi, lasceremo la parola e il potere a persone mediocri.
Le classi dirigenti vanno via, e noi non stiamo alimentando la possibilità di farli tornare. Mazara deve decidere quale direzione prendere. Dobbiamo decidere qual è l'anima dei mazaresi e riflettere su questo. Dopodiché, dobbiamo puntare e andare avanti in quella direzione. La politica non deve essere solo consenso, ma pianificazione e programmazione. Deve esserci un progetto esistenziale chiaro; altrimenti si vive alla giornata. E così, alla fine, le pensioni si abbassano e i giovani che studiano e cercano lavoro, una volta che escono dalla Sicilia, non tornano più, creando un danno enorme.
Questo è il vero problema politico in Sicilia, un dramma soprattutto per le famiglie. Ormai, a settant'anni, i genitori seguono i figli altrove e magari ritornano solo per brevi visite”. Ricordiamo a Russo che la città di Mazara è scesa sotto i 50.000 abitanti. “Questo decremento demografico non riguarda solo Mazara, ma anche i borghi della Sicilia, che potrebbero rappresentare una forza trainante se collocati in un contesto di sviluppo e iniziative. Non vedo perché non possa accadere”.