L’omicidio della 39enne Marisa Leo da parte del suo ex compagno, dramma consumato nelle campagne fra Mazara del Vallo e Marsala, ha ulteriormente alimentato il dibattito intorno al fenomeno della violenza di genere, anche in considerazione dell’aumento dei casi di femminicidi negli ultimi anni. Il territorio di Mazara del Vallo negli ultimi anni ha fatto registrare altri casi che hanno avuito tragico epilogo, ricordiamo uno su tutti quello dell’uccisione della 54enne mazarese Rosalia Garofalo, avvenuto il 29 gennaio 2020 in una villetta di Tonnarella, da parte del marito Vincenzo Frasillo condannato dalla Corte d’Assise di Trapani a 24 anni e 6 mesi di carcere.
Nel territorio mazarese ci sono diverse associazioni che sono state impegnate in questi anni contro la violenza sulla donne, una di queste l’associazione “Vuci di fimmina”. La dott.ssa Ivana Calamia Psicoterapeuta penitenziaria e vittimologia, fondatrice della stessa Associazione ci ha così descritto l’attività. “Vuci di fimmina nasce come rete informale di cittadini che, sensibilizzati al tema della violenza di genere, potessero riconoscere certi campanelli di allarme e fare da sentinella a tutela delle vittime.
La forza del gruppo risiedeva nella possibilità di appartenere ad un gruppo libero e senza vincolo alcuno nel quale le donne ma anche gli uomini potessero fornire il proprio sostegno al territorio per contrastare la violenza di genere diffondendo informazioni su come riconoscere la violenza anche attraverso incontri, eventi pubblici, gruppi di discussione. Grazie alla sensibilità dei volontari presto si diffonde sul territorio con azioni pratiche che arrivano anche alla collaborazione con le Forze dell’Ordine e attivando, in periodo di pandemia, un numero gratuito al quale chiamare in caso di violenza e continuando a fare invii ai centri antiviolenza qualora se ne presentava il bisogno.
Il 30% delle donne che si sono rivolte a Vuci di Fimmina hanno poi sporto regolare denuncia e iniziato un percorso di emersione dal ciclo della violenza accompagnati da psicologi e operatori regolarmente formati a tale scopo”.
Una delle tante storie che arrivano a Vuci di Fimmina è quella di M. “M. era una donna – ci racconta la dott.ssa Calamia- che aveva perso la possibilità di vivere serenamente anche dopo aver lasciato il marito violento, viveva nella costante paura di trovarselo davanti nonostante quel divieto di allontanamento emanato dal Giudice. Temeva per la sua vita e per l’incolumità dei propri figli che nonostante le violenze avevano un forte legame con il padre che spaventava M.; quando ti senti sola, senza lavoro ne sostegno economico e devi mantenere dei figli non è facile andare avanti.
Intercettiamo la sua richiesta grazie alla linea telefonica gratuita e comincia insieme a lei il duro percorso di empowerment fatto di azioni coraggiose per aiutarla a riprendersi la libertà che le spettava. Avere delle persone empatiche e competenti in quel momento ha incoraggiato M. a riemergere da una situazione difficile con più coraggio. Lentamente e con il sostegno dei volontari presenti sul territorio ha potuto ricevere aiuto materiale ed emotivo e riprendere la sua nuova vita di donna e mamma con più consapevolezza.
Una particolare attenzione ed empatia da parte delle Forze dell’Ordine ha consentito a M. di aprirsi con più fiducia di un tempo e a denunciare ogni qualvolta si sentiva minacciata”.
In merito alle azioni di prevenzione della violenza di genere, fenomeno traversale ed indipendente dal contesto culturale e socio-economico, la dott.ssa Calamia ha però sottolineato: “Quando ci giunge una notizia di violenza di genere, per fortuna, il sentimento comune è quello di prenderci cura della vittima e di punire il colpevole di tale azione ma spesso questo automatismo nasconde un pericolo aggiuntivo infatti se ci limitiamo esclusivamente a rinforzare la pena per il maltrattante rischiamo di trovarci con un uomo in società ancora più violento; per contrastare in maniera efficace ed utile il fenomeno della violenza di genere appare opportuno un intervento sviluppato in una duplice direzione, quindi che se c’è chi si occupa della vittima dovrebbe esserci anche chi si prende l’onere di rieducare il maltrattante.
È fondamentale che questi uomini giungano alla consapevolezza di quanto compiuto, fino all’assunzione della totale responsabilità dei loro atti. Se non si raggiunge questo obiettivo il rischio è che simili condotte aggressive si ripresentino. Ancora meglio sarebbe se la comunità tutta possa riscoprire i valori al fine di contrastare ogni forma di violenza costruendo interventi di prevenzione primaria in favore delle future generazioni che abbiano lo scopo di alfabetizzare all’emozioni affinché tutti un domani possano avere il coraggio di affrontare le proprie fragilità ritrovando sé stessi senza bisogno di colpire negli altri il riflesso delle proprie paure”.
Infine ha così concluso: “Vuci di Fimmina oggi continua a vivere nelle coscienze di chi si è avvicinato al gruppo e ha fatto qualcosa per contrastare la violenza sulle donne e tutti i professionisti aderenti alla rete hanno mantenuto un’attenzione speciale a tale fenomeno nella propria pratica clinica; abbiamo provato a trasferire la consapevolezza che ci si può fidare dell’altro, che non tutti si girano dall’altra parte e che può esistere una comunità pronta a tendere la mano senza pregiudizio alcuno, abbiamo sperato, che grazie a questa consapevolezza, che le donne vittime abbiano capito che si può e si deve chiedere aiuto in caso di violenza, ad un vicino di casa, ad un amico, ad un operatore sociale per trovare finalmente il coraggio di denunciare”.
Francesco Mezzapelle