“Un punta di Sal”. Mazara distratta: le opere d’arte scomparse

I due splendidi vasi “Alhambra” e il quadro della “Madonna della Tosse”: opere che dovrebbero “rientrare” in Città

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
17 Luglio 2022 12:16
“Un punta di Sal”. Mazara distratta: le opere d’arte scomparse

Questa è la storia di due splendidi vasi “Alhambra”, scomparsi da Mazara e che ora la città li rivuole indietro. Non sarà facile ma ci si può riuscire. La vicenda risale al XIV secolo ed i due vasi o anfore sono partiti da Mazara del Vallo, dalla chiesa Madonna dl Paradiso. Il primo si trova presso la Galleria Regionale di Sicilia al Palazzo Abatellis di Palermo e l’altro presso il Museo Instituto Valencia de Don Juan de Madrid.Ed ora si vuole che i due vasi ritornino a Mazara perché fanno parte della storia della città.

La scoperta è stata fatta dal professore Giacomo Cuttone che insegna presso l’Istituto scolastico “Giuseppe Grassa” di Mazara ma è anche autore di pregiate tele e studioso di arte. “Questi vasi – afferma Cuttone - dalla funzione puramente ornamentale, sono detti di tipo “Alhambra” poiché alcuni di essi erano destinati ad abbellire il palazzo dell’Alhambra di Granada.Il primo (a sx nel foto collage di copertina) è una grande anfora del XIV secolo, cm 125 di altezza e cm 65 di diametro dipinta a lustro metallico con iscrizione in caratteri cufici.

La grande anfora giunse al Museo Nazionale di Palermo dalla Chiesa della Madonna del Paradiso di Mazara del Vallo e confluì nelle collezioni di Palazzo Abatellis con l’istituzione della Galleria nel 1954. Essa costituisce un pregevolissimo esempio per qualità e dimensioni di ceramica dipinta a lustro metallico (lozadorada), particolare tecnica di decorazione che prevedeva un’attenta e difficile cottura. Il minutissimo ornato descrive nella fascia centrale un’iscrizione in caratteri cufici, che ripete la medesima parola.

L’altro vaso (a dx nel foto collage di copertina), conosciuto come “Jarrón de OSMA” del XIV secolo, cm 115 di altezza e cm 67 di diametro, è un magnifico esempio dell'arte raffinata della ceramica araba. È già influenzato dagli stili e dai gusti dell'Oriente, specialmente dai persiani. Caratteristico è lo spiegamento di figure e ornamenti su un asse centrale dell'oggetto”.

Cuttone racconta i percorsi dei due vasi che, originariamente, si trovavano presso la Chiesa della Madonna del Paradiso, anche se a detta di Michele Amari, in “Storia dei Musulmani di Sicilia”, “la presenza dell’esemplare di Palazzo Abatellis è testimoniata presso il palazzo (Baglio della Gazzera?) che i Burgio, conti palatini, abitavano in Mazara nel 1868”. In seguito a vicende storiche che hanno coinvolto anche vescovi del tempo, vennero dirottati in luoghi diversi. “Altre fonti storiografiche, a carattere locale - spiega Cuttone - riferiscono che nella sacrestia della Chiesa si trovava un artistico vaso colorito, ed a stile greco, donato da D.

Andrea Perrone, aromatario; il quale, dopo il decesso di M.D. Carmelo Valenti (redentorista a Mazara dal 1858 al 1882), durante l’amministrazione economale, dal Palazzo del Vescovo è stato portato segretamente al Museo di Palermo”. L’altra anfora prese la via del mercato antiquario ed è stata intercettata, dal decano degli studi sull’arte andalusa del primi del Novecento, Manuel Gomez-Moreno, che la dirotterà nel 1926 all’Istituto de Valencia de don Juan di Madrid.

Resta da indagare in che epoca e in quale circostanza i due esemplari siano giunti in Sicilia. E’ possibile che il loro arrivo risalga al tempo di Giovanni Burgio, Vescovo di Mazara dal 1458 al 1467, antenato della famiglia che nel XIX secolo possedeva il vaso. Soltanto a partire dalla fine del XIX secolo è possibile reperire le pur esigue notizie sul vaso che, nel vecchio Regio Museo, allocato presso il Complesso Conventuale degli Oratoriani, occupava il centro della cosiddetta “Sala araba”. A metà degli anni Cinquanta il vaso fu trasferito, insieme alle collezioni di arte medievale e moderna, nella nuova sede di Palazzo Abatellis. “Sarebbe opportuno – conclude Cuttone - che l’Amministrazione Comunale intraprendesse un’azione forte e decisa affinché questi preziosi vasi ritornassero definitivamente in Città”.

Ed in questi giorni è stata pubblicata (lo scorso 4 luglio), sul sito di Tele 8, la notizia di un dipinto scomparso, la “Madonna della Tosse” che potrebbe essere l’”Annunciata” di Antonello da Messina esposta al Palazzo Abatellis di Palermo. L’autore della ricerca è l’ingegnere mazarese Domenico Ripa, appassionato studioso di opere mazaresi, che ha sottolineato le molte coincidenze con la vicenda del dipinto della “Madonna della Tosse” di Mazara del Vallo; e quando – queste – sono tante, è possibile che si sia vicini alla verità.

La Madonna della Tosse – dice Ripa – era una immagine abbastanza nota a Mazara del Vallo nel XVIII secolo, in quanto ritenuta prodigiosa. Le persone affette da catarro e i bambini colpiti dalla pertosse si recavano innanzi alla sua sacra immagine alle prime luci del giorno, per tre giorni consecutivi, recitavano le preghiere di rito e se ne tornavano a casa fiduciosi di avere ottenuto la guarigione. L’immagine della Madonna della Tosse si trovava un tempo nell’edicola, ancora esistente, situata sotto i portici del Seminario di Mazara del Vallo.

L’edicola fu costruita dal vescovo Stella nel 1746 e in essa vi collocò la Madonna che dal 1710 si trovava all’ingresso del Seminario. Nei tempi ancora precedenti la Madonna della Tosse era posta in una piccola edicola nella Chiesa di San Pancrazio che era una chiesa bizantina, trasformata durante il periodo arabo in moschea e poi ritrasformata in chiesa cristiana. La Chiesa di San Pancrazio si trovava sotto il campanile della città. Per questo motivo la Madonna era, soprattutto, nota sotto il titolo Madonna delle Campane.

Il 5 maggio del 1587 alle ore 5 e 40 circa del mattino il campanile crollò, la chiesa dovette essere demolita e le sacre immagini trasportate altrove. La Madonna delle Campane o Madonna della Tosse è stato accertato che è opera di Antonello da Messina. Già questo è un fatto straordinario. Ma ciò che appare ancora più straordinario è che questo fatto dovrebbe risolvere l’enigma relativo all’Annunciata di Palermo. Infatti, il culto popolare mazarese dimostra che la Madonna delle Campane è lo stesso dipinto che noi adesso conosciamo come l’Annunciata di Palermo che Monsignor Di Giovanni sicuramente vide quando insegnò al Seminario di Mazara del Vallo e che nello stesso periodo o in un periodo successivo lo affidò alla propria custodia, non sappiamo come e per quale motivo, forse probabilmente per salvaguardare il dipinto dall’incuria in cui era caduto.

Mazara non deve più distrarsi e deve recuperare le opere scomparse”.

Salvatore Giacalone

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