È forte, come vediamo dai social media, l'impulso a raccontare le vicende quotidiano della quarantena o condividere le proprie opinioni riguardo alle decisioni istituzionali. Il qui e ora, hic et nunc, è sempre molto goloso e accattivante - e le nuove piattaforme digitali ci danno l'opportunità infinita di esprimere pareri e giudizi in tempo reale.
Fermandoci un attimo a riflettere, però, ritengo sia molto più proficuo e interessante, invece, ragionare sul lungo periodo: su quel che sarà la nostra vita dopo la pandemia.
Cosa cambierà, cosa rimarrà immutato, cosa cesserà di esistere. In ogni ambito - dall'economia alla politica; dal lavoro alla tecnologia; dalla salute all'ambiente.
Occorre ragionare sui nuovi assetti globali, nuove alleanze, nuovi modi di interagire tra le persone, nuovi lavori e nuove modalità d'impiego. Provo allora ad abbozzare dei quesiti aperti, sui quali vorrei iniziassimo a interrogarci insieme.
1) In che modo cambierà il lavoro? L'automazione prenderà finalmente il sopravvento? Cosa succederà ai lavoratori? Lo smart working è davvero la risposta? E i sindacati come affronteranno le mutate modalità d'impiego? Non tutti hanno un computer; non tutti hanno un wifi; non tutti hanno una casa idonea da cui lavorare dignitosamente.
2) Gli stessi dubbi sorgono se prendiamo in esame l'educazione: non possiamo pensare che le lezioni da remoto possano essere l'unica soluzione.
Occorre ripensare in toto il processo formativo - dalle elementari all'università.
3) Sembra davvero che le aree più colpite dal virus siano quelle più inquinate e, quindi, più industrializzate. Questo ci porta a pensare che si debba ricalibrare il nostro rapporto con l'ambiente e la natura - con la Terra tutta. Ne va della nostra salute.
4) Salute che, ora, è a un bivio storico: accelerare sull'utilizzo delle nuove tecnologie per garantire la nostra sicurezza o porre dei limiti significativi che salvaguardino la nostra privacy? È una decisione politica, naturalmente, ma ogni singolo individuo deve cominciare a farci i conti.
5) La tecnologia, poi, dovrà essere molto più diffusa e democratizzata, in questo periodo di distanza ma di unità esistenziale tra le persone.
Non più strumento esoterico appannaggio di pochi maestri ma strumento collettivo di innovazione sociale per tutte e tutti.
6) L'economia, infine, dovrà mutare completamente - dando più spazio alla generazione di valore per le comunità, nel solco della solidarietà; cambiando rotta rispetto al neoliberismo imperante, che vede nelle persone soltanto uno strumento per il profitto.