“Teatro, amore mio”. “La Mandrangola” di Niccolò Machiavelli

La tragicommedia, capolavoro del ‘500, che tratta dell’amore sensuale e l’interesse economico

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
24 Marzo 2022 13:11
“Teatro, amore mio”. “La Mandrangola” di Niccolò Machiavelli

Il capolavoro teatrale del ’500, beffa erotica dal sapore boccaccesco, tanto lieve quanto complessa. Ecco “La Mandragola” di Niccolò Machiavelli, dalla comicità amara e spietata poiché, se lo scopo dell’agire politico ha una ‘intenzione alta’, i personaggi della Mandragola usano tutte le loro migliori energie e virtù per uno scopo non molto alto, anzi volgare: il soddisfacimento dell’amore sensuale e l’interesse economico.

La commedia occupa l'arco temporale di 24 ore e racconta le vicende di Callimaco, un gentiluomo fiorentino di 30 anni che da 20 vive a Parigi, il quale, avendo sentito parlare della favolosa bellezza di una giovane donna fiorentina, Lucrezia, decide di volerla incontrare e torna nella sua città. Dopo averla vista, ne resta folgorato e desidera ardentemente farla sua. La donna però, oltre che essere estremamente virtuosa, è anche sposata con un avvocato molto più anziano di lei, Nicia, conosciuto per la sua dabbenaggine (in pratica era uno sciocco!). Callimaco chiede aiuto a Ligurio, consigliere di Nicia, affinché elabori un piano per fargli trascorrere una notte d'amore con Lucrezia.

Ligurio sfrutta il desiderio di Nicia di avere un figlio e gli combina un incontro con Callimaco, travestito da medico parigino. Quest'ultimo convince l'avvocato che il modo più sicuro perché la moglie resti incinta sia quello di farle bere una bevanda preparata con la mandragola, un'erba dalle capacità magiche. Il farmaco però ha un effetto collaterale: provoca la morte del primo uomo che giacerà con la moglie dopo l'assunzione della bevanda. Qui interviene Ligurio che propone di far rapire un garzone qualunque e di portarlo a letto con la moglie, cosicché sarà lui a morire e non Nicia.

Il marito, seppur perplesso, acconsente. Adesso resta da convincere Lucrezia, la cui virtù era ben nota a tutti. Per questo Callimaco e Ligurio chiedono l'aiuto di Fra' Timoteo, confessore personale della ragazza, il quale, dietro lauta ricompensa, la persuade a giacere con il garzone. Lucrezia inizialmente è restìa, ma dopo l'intervento rassicurante della madre Sostrata, accetta. Il finale è sorprendente. Dopo la sua notte di passione con Lucrezia, Callimaco confessa all'amico e complice Ligurio che ha confessato tutto l'inganno alla donna e questa, sdegnata dal comportamento di chi le sta intorno, ha manifestato l'intenzione di diventare la sua amante anche in seguito, soddisfatta dalle sue prestazioni ben superiori a quello dello sciocco marito Nicia.

Le scene finali della commedia mostrano la riunione di tutti i protagonisti in chiesa, dove, sotto gli auspici del perfido fra Timoteo, Nicia e Callimaco diventeranno "compari" (cioè Callimaco sarà il padrino del figlio nascituro di Lucrezia), al solo scopo di poter frequentare in seguito la casa dell'uomo e continuare i suoi convegni amorosi con Lucrezia.

Quando Machiavelli scrive “La Mandragola” è già stato estromesso da qualsiasi carica istituzionale nel governo della città di Firenze. È relegato in una specie di esilio forzato, nelle sue campagne ma non riesce a fare a meno di mettere il dito nella piaga, proprio non ce la fa a starsene zitto, è un intellettuale vero del suo tempo, ed ecco allora che la commedia si fa specchio spietato del reale, i personaggi che vi agiscono sono prototipi di quelli che saranno poi i contenuti del Principe che l’autore va scrivendo quasi nello stesso periodo. Una commedia scura che non lascia spazio a illusioni. Non c’è una morale né un giudizio da parte di Machiavelli, il suo è un occhio spietato che dice come sono fatti gli uomini e da cosa sono mossi.

Salvatore Giacalone

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