È stato presentato a Pantelleria, in una riunione di avvio lavori (vedi foto di copertina) tra partner e stampa, il Progetto “Educare all’Impresa di Comunità. Relazionalità e conoscenze ecologiche locali”. Un percorso che durerà due anni ideato da Resilea (associazione di promozione sociale che lavora sul rafforzamento delle Comunità) al quale partecipano come partner il Comune di Pantelleria, l’Istituto Omnicomprensivo Istruzione Secondaria “V. Almanza”, il Dipartimento di Scienze Agrarie e Forestali dell’Università di Palermo, l’organizzazione ecologista A SUD, ConfCooperative,un Perito Agrario e un Project Manager. Ogni rappresentante metterà in campo la propria professionalità in un lavoro sinergico che vedrà il coinvolgimento attivo della fascia più giovane della popolazione. Ma vediamo in dettaglio di cosa si tratta.
Il progetto nasce dalla consapevolezza che l’agricoltura è un tratto identitario dell’isola di Pantelleria anche se oggi solo una piccola fetta di popolazione vive esclusivamente di agricoltura perché non costituisce più reddito. Ma anche chi non ha nessun tipo di contatto con l’economia dell’agricoltura fa comunque agricoltura, perché le pratiche agricole sono il luogo in cui si fa comunità. “Le famiglie, per tradizione, si riuniscono per la raccolta delle olive, dell’uva, dell’origano e dei capperi. Ma mentre in passato l’agricoltura rappresentava la prima economia dell’isola, oggi non è più così perché non costituisce più reddito” dice Alessandra Raichi, Responsabile delle Attività Formative di Resilea. “Quello che si vorrebbe creare è una comunità educante per la valorizzazione del territorio di Pantelleria con la collaborazione e il sostegno delle Istituzioni”.
Quello che ha preso il via in questi giorni è infatti un progetto educativo, di formazione, che nasce dall’idea di sviluppare una Cooperativa di Comunità a Pantelleria, luogo di arrivo e di partenza delle esperienze maturate dai fondatori di Resilea nei lunghi anni di lavoro in giro per il mondo (principalmente Africa e America Latina). “Quello su cui stiamo lavorando dal 2019 a Pantelleria è l’Impresa di Comunità che secondo noi può essere la formula da applicare a queste aree definite “marginali”.
Resilea è un incubatore di impresa che vuole fare uscire l’agricoltura familiare dal sommerso o dal semplice conferimento che, alla fine, è quasi un “regalare” la materia prima per mantenere viva la nostalgia della produzione agricola ma senza che questo porti a uno sviluppo. Vogliamo ragionare su un’Impresa di Comunità, sulla valorizzazione del patrimonio agro-ecologico di Pantelleria”. “L’Impresa di Comunità” ci spiega la Raichi “è uno strumento molto interessante perché costituisce un elemento moderno e adeguato che potrebbe fare tornare l’agricoltura in prima linea.
Ma con una nuova formula, cioè con la formazione, il turismo e tutta una serie di altri fattori che sommandosi possono ricreare una economia conveniente. La Cooperativa di Comunità è una finestra sul mondo, non solo uno strumento economico. È uno strumento di attenzione alla Comunità, è la scrittura di un nuovo linguaggio, è una visione che deve essere costruita e condivisa insieme al territorio. Perché non è un modello teorico ma un modello concreto che va adattato al territorio”.
Tra gli obiettivi del progetto, ci dice Rampini, c’è infatti proprio quello di “rafforzare la Comunità attraverso la tutela ambientale”.
Il progetto è rivolto ai giovani perché i giovani hanno un’incredibile capacità di conoscenza del territorio, della natura. Da qui la collaborazione con l’Istituto Omnicomprensivo di Istruzione Secondaria, partner di progetto, che “fornirà” 60 giovani tra gli 11 e i 17 anni, perché sono i ragazzi che non hanno ancora scelto cosa fare nella vita. I giovani, inoltre, a dispetto di quanto si può pensare, hanno capacità agricole incredibili ma con un limite: la mancanza di fiducia e la difficoltà di fare corpo.
“Anche su questi fattori si lavorerà molto” sottolinea la Raichi. “I giovani vivono nei confronti dell’agricoltura un sentimento strano, contrastante, rivolto al passato. Fanno agricoltura per nostalgia. Fanno agricoltura per senso di colpa nei confronti del lavoro dei nonni che altrimenti va perso. Lo fanno nei ritagli di tempo ma con una passione e una competenza sorprendenti. Alcuni di loro lo farebbero nella vita, ma scelgono di non farlo perché pensano che non possa permettere loro di vivere in maniera adeguata.
Sarebbe bello che questo progetto diventi il contenitore della loro passione, qualcosa in cui mettere le loro idee e creatività. Trasformando questo sentimento rivolto al passato in un sentimento rivolto al futuro”.
Il gruppo si è poi spostato sul campo, a Sibà, dove è stato visitato un uliveto abbandonato con 170 alberi che sarà una delle basi di lavoro del progetto. Ma anche un vero esperimento di restauro. L’idea è infatti quella di concentrarsi sull’arte dell’“ulivo strisciante”. Il primo incontro con i ragazzi sarà a metà Settembre quando si inizierà a co-progettare l’Impresa di Comunità. Saranno i ragazzi a scegliere le attività formative in base alle loro capacità e alle necessità strutturali del gruppo. Il progetto è infatti un ecosistema aperto che incentiva il singolo a mettere in gioco le proprie risorse per definire la propria nicchia all’interno del gruppo, con un approccio sistemico e inclusivo.
Giuliana Raffaelli