Gocce di sangue che tingono l’asfalto sotto riflettori che emanano una luce fioca, tipica di ambientazioni noir, un’atmosfera quasi spettrale, ecco lo scenario ove si è consumato l’ultimo fatto di sangue avvenute per le strade della Città di Mazara del Vallo, nel suo centro storico. Qualche giorno fa, in tarda serata, è avvenuta una rissa in via Dell’Arco (vedi foto), un vicolo del centro che collega piazza della Repubblica a via Mons. Nicolò Audino. Una decina i ragazzi, tutti di origine maghrebina, prima sono venuti alle mani, poi qualcuno di loro ha alzato il livello dello scontro estraendo un coltello e ferendo, seppur in maniera superficiale, un coetaneo.
Lo stesso gruppo si è poi allontanato rapidamente per non attirare l’attenzione. Nella stessa serata, forse lo stesso gruppo, avrebbe avvicinato e picchiato selvaggiamente un ragazzo, anch’egli di origine maghrebine, in piazza della Repubblica; probabilmente futili motivi alla base del pestaggio. Anche in questo caso nessuno ha denunciato quanto accaduto. Questo è soltanto un esempio di quanto avviene da qualche anno a Mazara del Vallo, una situazione che si è acuita dopo il periodo dell’emergenza covid-19, sono aumentati gli episodi delinquenziali, dai furti, agli scippi e alle risse con l’utilizzo di coltelli, che vedono sempre più protagonisti dei giovani, anche in età minorenne. “Baby gang” scorrazzano per le vie del centro “bullizzando” ragazzi più piccoli e coetanei e chiedendo loro dei soldi e anche il cellulare spesso dietro la minaccia dell’utilizzo del coltello o del tirapugni.
"Questa è la storia di un uomo che precipita dal cinquantesimo piano. E mentre sta precipitando ad ogni piano, man mano che cade, per farsi coraggio si ripete: fin qui tutto bene, fin qui tutto bene, fin qui tutto bene. Ma il problema non è la caduta, ma è l'atterraggio". Questa è la frase finale del film “L’Odio” di Mathieu Kassovitz, premio per la miglior regia al Festival di Cannes del 1995. “L’Odio” analizza coraggiosamente la polveriera socioculturale delle periferie parigine evitando compromessi e strizzatine d’occhio all’establishment. Non lascia allo spettatore alcuna via di fuga consolatoria.
L’odio è un sentimento di ribellione che vorrebbe sovvertire l’ingiustizia dello stato delle cose. Ma proprio quando arriviamo a comprenderne l’inutilità allora subiamo gli effetti sulla nostra pelle. Fin qui tutto male...
Francesco Mezzapelle