La musica del Grup Yorum, la poesia di Nazim Hikmet, i racconti di Sait Faik, e la Turchia di ieri e di oggi. Intervista a Fabrizia Vazzana

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
12 Luglio 2020 12:33
La musica del Grup Yorum, la poesia di Nazim Hikmet, i racconti di Sait Faik, e la Turchia di ieri e di oggi. Intervista a Fabrizia Vazzana

La notizia non ha avuto molto risalto nei media occidentali in quei giorni complessi dell’emergenza covid-19: giovedì 7 maggio è morto İbrahim Gökçek, uno dei membri del gruppo musicale turco Grup Yorum, gruppo molto noto e apprezzato in Turchia. Gökçek aveva 40 anni e per 323 giorni aveva portato avanti uno sciopero della fame per protestare contro il governo; sempre per sciopero della fame in segno di protesta ad aprile erano morti Helin Bölek e Mustafa Koçak, entrambi, 28enni,  cantanti dello stesso gruppo.

La moglie di Gökçek, Sultan Gökçek, è ancora incarcerata insieme ad altri membri del gruppo. Grup Yorum era stato accusato dal governo di Recep Tayyip Erdoğan di collaborare con il Fronte rivoluzionario della liberazione popolare, un partito di estrema sinistra considerato un’organizzazione terroristica in Turchia, Stati Uniti e Unione Europea. Per questo negli anni i membri di Grup Yorum sono stati più volte arrestati e i dischi del gruppo sono stati sequestrati. Dal 2016 inoltre il gruppo non ha più potuto fare concerti dal vivo.

Al fine di far conoscere le canzoni del Grup Yorum è stato realizzata una sezione ad hoc sul sito internet http://www.mesopotamia-ita.com. Grazie a questo sito è possibile ascoltare le loro canzoni, attraverso youtube, e anche conoscere la traduzione in italiano dei loro testi che parlano di libertà e di rispetto delle minoranze. A tradurre dal turco all’italiano i testi delle canzoni del Grup Yorum è stata una ragazza di Mazara del Vallo, Fabrizia Vazzana, che ha vissuto parte del suo periodo universitario in Turchia, ed in particolare a Istanbul.

Fabrizia Vazzana (in foto copertina) si è laureata lo scorso anno in Lingue e Civiltà dell’Asia e dell’Africa Mediterranea all’Università “Ca’ Foscari” di Venezia con una tesi intitolata “I racconti di Margosyan. Memorie di un infedele”. D: Fabrizia, come è nata questa tua collaborazione con il sito internet www.mesopotamia-ita.com per la traduzione dei testi del Grup Yorum? Questo lavoro ti ha piacevolmente impegnata in questi mesi…   R: Grazie per l’interesse nei confronti della mia esperienza.

La tesi che ho scritto un anno fa riguarda le minoranze di Turchia, in particolare gli armeni. Avevo da poco letto “I sommersi e i salvati” di Primo Levi, e ho esteso le mie riflessioni fino alla letteratura di Turchia. Margosyan, l’autore che ho scelto per la mia tesi, ha salvato con la scrittura la memoria delle numerose minoranze esistenti in Turchia, altrimenti “sommerse” vittime di una costante e violenta repressione nazionalista, che ha come obiettivo l’annientamento linguistico, culturale di queste persone.

I racconti sono ambientati a Diyarbakır, città considerata la capitale del Kurdistan turco. Lì ha vissuto per diversi anni Aldo Canestrari, l’ideatore e curatore del sito http://www.mesopotamia-ita.com/Grup_Yorum_2020/. Lui ha lanciato in rete, su un gruppo facebook in cui circolano notizie, iniziative, idee su lingue, letteratura, cultura, eventi riguardanti la Turchia, la proposta di tradurre le canzoni di Grup Yorum, e io ho subito dato la mia disponibilità.

Helin, Ibrahim, Mustafa, tutti e tre membri di Grup Yorum, protestavano in forma non violenta contro il divieto dei loro concerti, i continui arresti, la censura delle loro canzoni, considerate intollerabili poiché inerenti ai diritti negati delle minoranze, delle classi operaie e la repressione sempre più sanguinosa di un governo che si ostina a dirsi democratico. La sera del 1° giugno un ragazzo è stato ucciso sotto casa da tre nazionalisti che avevano sentito canzoni in lingua curda provenire dalla sua finestra.

Ho deciso di tradurre perché penso che sia importante, se non urgente, creare consapevolezza su ciò che continua ad accadere valichi il silenzio complice e i confini geografici. D: Attraverso lo stesso sito è possibile conoscere una canzone del Grup Yorum ispirata da una poesia di Nazim Hikmet, poeta che tu ami. R: Se possiamo leggere le poesie di Nazim Hikmet in italiano è grazie a Giampiero Bellingeri, mio Maestro di studi e di vita fin dal primo giorno di università, nel lontano 2012.

I versi di Hikmet accompagnano gli studenti di lingua e letteratura turca fin dalle prime lezioni: è un modo di apprendere che emoziona, appassiona. Alcune canzoni di Grup Yorum sono sue poesie messe in musica, e tutte confermano drammaticamente quanto sia immutata e attuale la sofferenza vissuta  e raccontata da Hikmet, perseguitato politico, a lungo imprigionato e spesso torturato. D: Abbiamo appreso che hai tradotto per Adelphi, insieme al tuo professore di Turco, appunto Giampiero Bellingeri, che è stato anche correlatore della tua tesi, i racconti di uno scrittore turco del ‘900, Sait Faik Abasiyanik (1906-1954), insomma una bella soddisfazione. R: Il 20 marzo di un anno fa passeggiavo in fondamenta delle Zattere, uno dei miei luoghi preferiti di Venezia, quando ho ricevuto la telefonata della casa editrice Adelphi: mi proponevano di tradurre i racconti di Sait Faik insieme al professore Bellingeri, che aveva suggerito il mio nome.

È stata un’emozione indimenticabile. Mi ero laureata appena un giorno prima. Lo considero uno dei più grandi regali che abbia mai ricevuto. Sait Faik era una flâneur: abitava su un’isoletta di fronte a Istanbul e scriveva scene di vita quotidiana, ricordi, paure, amori, lunghe riflessioni e grandi bevute con amici talvolta immaginari. Tradurre è stata un’esperienza nuova, unica, totalizzante: anche quando non ero alla scrivania, cercavo nelle conversazioni, nei discorsi della gente, negli sguardi dei passanti, nei libri, nei film, la forma migliore per esprimere nella nostra lingua i pensieri dello scrittore a cui ho “giurato fedeltà”, per trasportare con cura ogni sua impressione, dettaglio, sfumatura, attraverso le parole giuste per “dire quasi la stessa cosa”! (cit.

Umberto Eco). D: Tu hai vissuto in Turchia, un Paese, aspirante membro dell’Ue, dove convivono oggi modernità e sempre più forti spinte islamiche e conservatrici ad opera del Governo di Erdoğan. Puoi raccontarci qualcosa di quella tua esperienza…? Sei venuta in contatto, frequentando l’università turca, con la gioventù turca, futura classe dirigente del Paese, credi che ci possa essere un cambiamento?                   R: L’università che frequentavo durante il mio semestre di studio in Turchia era privata: non voglio generalizzare, ma la maggioranza degli studenti era gente molto ricca e superficiale, per inerzia conservatrice, mentalmente pigra, restia a farsi delle domande, ad andare a fondo nelle questioni più o meno importanti.

Certo, bisogna tenere presente che la censura, onnipresente, gioca la sua parte, e perciò il mito di una Turchia nazionalista, unita da una storia, una cultura, una lingua “uniche ed omogenee”, da difendere dalle minacce interne ed esterne, è duro a morire. «Ha fatto cose buone» e il fervore con cui difendevano a spada tratta il loro presidente al minimo accenno di critica o confronto, mi sembravano segnali chiari della loro limitata, offuscata visione della realtà. Così passavo il resto del mio tempo esplorando Kadıköy, la vivacissima zona sulla sponda asiatica, dove abitavo.

Frequentavo mercati, caffetterie, biblioteche, associazioni di volontariato, birrerie; andavo ai concerti e alle manifestazioni. Gli sconosciuti con cui mi fermavo a conversare sugli argomenti più disparati sono ancora oggi i miei amici più cari. Studenti, artisti, viaggiatori, attivisti, gente in cerca di sé, un po’ come tutti. Nel tempo trascorso con loro ho visto una Turchia che vive, reagisce, fa luce negli abissi. Ho conosciuto persone che trovano ingiusta società in cui vivono, antidemocratiche e inaccettabili le leggi che la regolano, credono e vogliono cambiamenti, in un futuro non troppo lontano.

Ricordo quando mi parlavano della delusione postuma per l’indottrinamento fanatico, nazionalista e religioso ricevuto a scuola, la rabbia verso forme di arretratezza che si ripercuote sulla vita delle donne, la mancanza di diritti e di dignità per i lavoratori, le minoranze, gli ultimi. Riflettevamo sul sovrapporsi e interagire delle disuguaglianze, delle ingiustizie. Si impegnavano a imparare l’inglese, per poter leggere le notizie sulla Turchia, che in Turchia non circolano. Sono tanti, e sono forti.

Credo che ognuno, nel suo piccolo, con le parole, le azioni, le scelte, possa tenere vivi gli ideali e i valori che costituiscono il bene dell’intera collettività; credo in loro e nel cambiamento che realizzeranno. Francesco Mezzapelle

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