“Una punta di Sal”. Ucraina e Africa: accoglienza e respingimenti

La guerra in Ucraina ha messo l’Europa di fronte ad un grosso problema morale con l’utilizzo di due pesi e due misure

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
26 Febbraio 2023 13:13
“Una punta di Sal”. Ucraina e Africa: accoglienza e respingimenti

L’umanità smarrita che ci consegnano le immagini di questa inutile guerra in Ucraina collezionano ansie nuove e paure perdute. Ad un anno dall’inizio della guerra, ricordiamo ancora quei i convogli stipati con decine di persone, che fuggono da quel dramma, che faticosamente superano la frontiera per approdare ad una terra nuova. E sono diapositive che il nostro immaginario collettivo già conosce, da oltre un secolo. Chi ha creduto che un lungo periodo di pace potesse mutare gli equilibri del mondo sbagliava.

Le nemesi si ripetono puntuali. La guerra ha causato il più rapido spostamento forzato di popolazione dalla II Guerra Mondiale. Quasi un terzo della popolazione ucraina – circa 14 milioni di persone – ha abbandonato le proprie case. Di questi, oltre 6,5 milioni di ucraini hanno attraversato i confini e vivono come rifugiati all’estero, mentre oltre 8 milioni sono sfollati all’interno del Paese. Questo significa che milioni di persone – uomini e donne, bambini, anziani, persone con disabilità – hanno lasciato le comunità che consideravano casa loro per viaggiare verso l’ignoto attraverso il Paese in cerca di sicurezza e protezione per le loro famiglie.

Accoglierli è un atto doveroso verso chi fugge dalle bombe e dalla guerra.

Ma ecco la doppia morale del Vecchio Continente. I conflitti presenti in Africa hanno, paradossalmente, un altro spessore. Ci sono stati momenti, anche nel nostro Paese, dove un barcone con duecento migranti poteva essere salvato ed invece, a volte, era sottoposto ad un qualche respingimento. Le cronache sono piene di questi episodi e la politica spesso ha aggravato la situazione anziché risolverli. Oggi, di fronte a milioni di esodi, la gente scende in piazza, esprime il suo disprezzo verso Putin, prepara quanto può per accoglierli.

Ecco le regole non scritte dell’ incoerenza. Situazioni diverse, certo, quelle delle migrazioni e dei respingimenti ma entrambe drammatiche e crudeli, dove l’uomo vive pienamente la tensione e la tragedia della guerra. Diversi opinionisti occidentali, hanno giustificato un simile comportamento da parte degli Stati dell’Ue in quanto le persone ucraine “somigliano agli europei” – a differenza di coloro che provengono dagli Stati del continente africano, dal sud dell’Asia o dall’Afghanistan e dall’Iraq.

Infatti, per questi giornalisti e commentatori è stato importante sottolineare come le persone ne fossero “persone normali come noi” con una vita normale prima dello sconvolgimento dovuto alla guerra – come se questo non fosse qualcosa di comune a ogni persona che, per cause di forza maggiore, è costretta ad andarsene dal suo Paese.

“L’accoglienza è di tutti e per tutti”, scrive Fatou Diako, presidente di Associazione “Articolo 21” della Campania. Ed è così che dovrebbe essere, non solo tramite un’organizzazione degli Stati che si attivino insieme, come accade oggi, in situazioni di emergenza, ma anche tramite uno stravolgimento delle regole discriminatorie che governano la libertà di movimento – che puntualmente penalizzano le persone provenienti dal sud globale. Invece ci ritroviamo in un contesto in cui da un lato ci si dice pronti ad accogliere rifugiati dall’Ucraina, dall’altro, per esempio, la Grecia è coinvolta nell’ennesimo respingimento illegale nel Mar Egeo – l’ultimo caso aver buttato due giovani direttamente in mare, senza salvagente, per respingerli verso la Turchia; le persone rifugiate in Libia vogliono essere evacuate, date le condizioni di massima vulnerabilità in cui vivono e le violenze delle milizie – che, tra le altre cose, l’Italia finanzia per fermare le partenze; la Danimarca dice, contro ogni evidenza, che la Siria è un “Paese sicuro”.

E si potrebbe continuare. Si pensi, infine, anche al razzismo subito dai ragazzi e dalle ragazze non bianche alle frontiere dell’Ucraina, ai quali è stato riservato un trattamento differente e discriminatorio rispetto ai profughi bianchi. Due pesi e due misure che non trovano una spiegazione efficace perché l’unica cosa di diverso tra il nero e il bianco è il colore della pelle. Non sappiamo ancora, esattamente, come finirà. È un momento storico delicato e convulso. Sono giorni e notti di lunghi interrogativi.

Ma un giorno finirà e raccoglieremo gli stracci da una guerra voluta per fame del potere, di conquistare territori confinanti, ma per fare cosa? Ecco l’interrogativo inquietante al quale è difficile rispondere. Del futuro non c’è certezza, questo è sicuro.

Salvatore Giacalone

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