“Dunque è dimostrato che Mazara è Selinunte”. L’affermazione è di Vito Pugliese, il mazarese più erudito del suo tempo, nato nel 1770 e morto nel 1846. Una affermazione che sollevò nel tempo moltissime polemiche e che Pugliese spiegò nel 1810 quando compose la “Selinunte rediviva”, opera rimasta inedita e di cui si conserva il manoscritto originale che si può consultare presso la biblioteca comunale di Mazara. E’ divisa in cinque libri i quali, divisi e suddivisi in capitoli e paragrafi, trattano le diverse questioni sulle origini della città e finiscono quasi tutti con la medesima conclusione: “dunque è dimostrato che Mazara è Selinunte”.
Teologo e canonico della Cattedrale, spese tutta la sua vita ad illustrare “con tenacia e dovuto amore - scrive lo storico mazarese Giuseppe Napoli - e sarebbe certamente riuscito a scriverne la storia, assai meglio dell’Adria e del De Fideris, se non si fosse lasciato dominare da un ardente passione di campanile e non si fosse irrigidito nel falso preconcetto di identificare a qualunque costo Mazara con Selinunte”. Pugliese è stato uno degli esponenti di spicco dell’epoca, un ricercatore di notizie avendo a disposizione il ricchissimo materiale degli archivi del Comune, del Capitolo, del Vescovado e delle parrocchie ed anche quella miniera di notizie sulla vita cittadina che sono agli atti dei notai defunti.
“Purtroppo – annota sempre Napoli – si lasciò dominare sempre da un solo pensiero, quello di magnificare le origini di Mazara e passò tutta la sua vita a raccogliere notizie, attingendo largamente sulle opere dell’Adria, del de Federici, del de Castellan, del Sansone, con il solo fine di dimostrare, naturalmente a modo suo, che Mazara era l’antica Selinunte”. Tutte le sue opere grondano livore contro il grande storico siciliano Tommaso Fazello che nel 1549aveva dimostrato nettamente l’inattendibilità della leggenda sulle origini di Mazara.
Fazello, storico, poeta, oratore e teologo, nato a Sciacca nel 1498, morto a Palermo l'8 aprile 1570. Appartenne all'ordine dei domenicani, conseguì a Padova la laurea in teologia e insegnò per molti anni a Palermo. Grande oratore sacro, predicò in molte città d'Italia e nel 1535, trovandosi in Roma, fu invitato a scrivere la storia generale della Sicilia, che pubblicò dopo vent'anni di studî e di ricerche eseguite visitando tutta l'isola (De rebus siculis decades duae, Palermo 1558). Contro questo personaggio di spessore si scagliò Vito Pugliese che si trascinò moltissime critiche e non solo dai letterati del tempo.
Gli si addossarono critiche sullo stravolgimento di avvenimenti storici ed è stato anche redarguito perché Pugliese non avrebbe saputo riordinare gli avvenimenti della città di Mazara, in sostanza non avrebbe saputo condurre l’indagine storica con serenità, non seppe scostarsi mai da quell’idea fissa e gli storici del tempo avrebbero concluso che tutti gli scritti di Pugliese erano da considerarsi solo come una semplice raccolta di notizie di cronaca, di topografia e di vita religiosa. Il teologo Vito Pugliese però, malgrado la pioggia di critiche, non ha fatto passi indietro, anzi, nel 1835, diede alle stampe la “Topographia di Selinunte”, che non è altro che una riduzione e un rifacimento di una precedente opere del 1790 e che a conforto della sua tesi fece precedere un’analisi delle opere di Cardenas e di Sansone.
“E’ probabile che alla pubblicazione – scrive Napoli nella sua “Storia della città di Mazara” – sia stato indotto dalle scoperte archeologiche iniziate nel 1823 tra le rovine di Selinunte dagli inglesi Harris ed Angell, i quali trovarono le prime metope dei templi. Il Pugliese – continua Napoli - ne dovette restare impressionato, ma lungi dall’arrendersi all’evidenza dei fatti, diede alle stampe la sua “Topographia” , sperando di trovare eco tra gli eruditi del tempo. Me nella sua pubblicazione si nota già che la sua fede comincia a tentennare ed ha la lealtà di accettare alcune lettere del duca di Serradifalco e dell’abate Crispi, che gli tolgono ogni illusione”, Pugliese però, non domo, nel 1836 pubblicò la “Geografia di Sicilia” dove il nome di Mazara è associato a quello di Selinunte “Ultima eco – scrive Napoli – di una polemica trasecolare”.
Al Pugliese si deve anche l’avere copiato molti lavori di eruditi mazaresi che ebbe tra le mani. Ci rimangono così copie della “Tipographia Mazarese “, della “Valle Mazariae” dell’Adria e la “Vita di San Vito” del Dionigi. Scrisse anche alcune poesie in lode del Patrono, curò l’elenco dei maestri illustri che si distinsero nelle lettere, nelle armi e nella religione, lasciò alcune note di cronaca cittadina nei libri parrocchiali, curò la pubblicazione delle opere filosofiche di Giacomo Sciacca, scrisse “Su l’opera dei monumenti antiche di Sicilia” e descrisse infine per diversi anni la festività di San Vito.
Un teologo e un uomo di lettere straordinario
Salvatore Giacalone