“Una punta di Sal”. A Mazara in scena il femminicidio

Un monologo teatrale della bravissima Clara Ingargiola fa riflettere sul grave fenomeno della violenza di genere

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
27 Agosto 2023 10:17
“Una punta di Sal”. A Mazara in scena il femminicidio

Il femminicidio in scena, senza spargimento di sangue ma di parole che sanguinano. Un drammatico racconto scritto da Cati Mangiaracina e interpretato da una bravissima attrice mazarese, Clara Ingargiola, che però lavora a Valencia, in Spagna, dove è protagonista in film e in palcoscenici. Altra giovane andata via, come tante altre giovani intelligenze. Un monologo di oltre 30 minuti recitato a “voce nuda” tra gli spettatori, nell’antica tenuta del Cavaliere Mandina, custodita con amore da Rosy Mandina che ha accolto gli spettatori, disposti sulle sedie e sulle balle di fieno per ascoltare il racconto drammatico inventato di un femminicidio maturato tra giovani coniugi (in copertina Clara Ingargiola nello scatto di Damiano Asaro).

C’è da aprire un dibattito sulle violenze di cui le donne troppo frequentemente sono vittima, fino al caso estremo del femminicidio che rappresenta l’aspetto più drammatico e preoccupante della sopraffazione e della discriminazione di genere. Sono la conseguenza di pregiudizi e dell’incapacità da parte di alcuni uomini di adeguarsi all’evoluzione dei costumi e della morale e di considerare le donne come soggetti pienamente autonomi e liberi di scegliere come vivere. Il ventaglio di luoghi, ambiti, modalità in cui si dipanano le disparità e le sopraffazioni è molto ampio e non è ovviamente esente l’ambiente familiare, che per ancora troppe donne invece di essere un luogo sicuro, diventa la sede di esercizio di piccole e grandi violenze, non solo fisiche ma più spesso psicologiche o economiche.

Dopo essere stato un reato sommerso, nascosto all’interno delle mura domestiche, sottovalutato e sottostimato, da alcuni anni di violenza di genere si parla, e sulla violenza di genere si interviene attraverso iniziative di prevenzione e sensibilizzazione, con una rete di servizi di assistenza e supporto alle vittime e, soprattutto, attraverso un sistema normativo. L’ultima legge in ordine di tempo è la legge del 19 luglio 2019, n.69, cosiddetta “Codice Rosso”, che introduce i reati di revenge porn, ovvero la diffusione non consentita di immagini o video sessualmente espliciti; la deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso; il matrimonio forzato e la violazione del provvedimento di allontanamento da casa ovvero di avvicinamento ai luoghi frequentati della persona offesa.

Ma la legge inasprisce anche le pene nei confronti di reati già esistenti e introduce una corsia preferenziale (il codice rosso), per accelerare i procedimenti penali relativi ai reati di genere e rendere più rapida l’adozione di eventuali provvedimenti di tutela. Il 73,2% degli italiani è convinto che la violenza sulle donne sia un problema reale della nostra società, che evidenzia come in Italia sia ancora presente una forte disparità tra uomini e donne, mentre il 23,3% ritiene che sia un problema che riguarda solo una piccola minoranza, emarginata dal punto di vista economico e sociale.

Solo il 3,5% della popolazione ritiene che non si tratti di un problema e che si tratti di casi isolati cui viene data un’eccessiva attenzione mediatica. Queste opinioni sono trasversali alla popolazione, condivise da uomini e donne - anche se tra gli uomini è superiore la quota di chi ritiene che la violenza interessi solo una piccola minoranza disagiata - da individui delle diverse fasce di età e di differente derivazione sociale. Che di problema reale si tratti lo confermano anche i dati sulla delittuosità, anche se non è facile comporre tutti i pezzi di un puzzle complesso, dove il sommerso e la mancata denuncia hanno sicuramente un peso determinante.

Secondo i dati resi pubblici dal Viminale quello familiare non sempre è per le donne un ambiente protetto e sicuro ma anzi può diventare il luogo in cui si dispiega la rabbia, la gelosia, la violenza di padri, mariti, partner, familiari e conoscenti. Oggi le donne che vogliono avere aiuto possono usufruire di un sistema di tutela e di supporto di cui fanno parte operatori pubblici e del privato sociale e che fa capo ai Centri antiviolenza attivi su tutto il territorio. In base ad un’indagine realizzata da Istat e CNR nell’ambito del Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne 2017-2020, e relativa alla situazione al 31 dicembre 2017, sono complessivamente 338 i centri e i servizi specializzati nel sostegno alle donne vittime di violenza in Italia, ai quali si sono rivolte almeno una volta nell’anno 54.706 donne; di queste, il 59,6% ha poi iniziato un percorso di uscita dalla violenza.

Mille giovani, contattati attraverso il social hub del progetto Respect nel corso di 20 eventi sportivi, è stato chiesto quale fosse la prima parola che collegavano alla violenza sulle donne. La risposta rappresenta quali sono state le risposte dei giovani, dando maggior risalto alle parole più ricorrenti, in una sorta di dizionario dello sdegno: schifo, ingiustizia, vergogna, violenza, ignoranza, rispetto, stupro, disgusto, cattiveria: le giovani generazioni sembrano essere compatte nel condannare la violenza di genere, senza “se” e senza “ma”.

Salvatore Giacalone

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