Un paio di scarpette rosse

Per ricordare ogni giorno…

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
28 Gennaio 2022 18:45
Un paio di scarpette rosse

Ieri è stata la Giornata della Memoria e tutti abbiamo ricordato quel 27 gennaio di settantasette anni fa quando i sovietici dell’Armata Rossa hanno aperto quei cancelli con la scritta “Arbeit macht Frei” (in tedesco Il lavoro rende liberi), abbiamo visto film, documentari, interviste, testimonianze dei sopravvissuti, abbiamo letto libri di Anna Frank, Etty Hillesum, Edith Bruck o Edith Stein e nel giorno della memoria i nostro occhi e le nostre orecchie si riempiono di immagini e di suoni del più grande scempio che l’uomo ha potuto perpetrare contro se stesso.

Ma le parole di Liliana Segre sono quelle ieri che mi hanno colpito maggiormente quando afferma “che non basta un giorno per ricordare bensì bisogna ricordare ogni giorno”, ed è per questo che stamattina ho ripreso il ricordo nel mio “orologio biologico” e stasera continuo con questo articolo per “Le ultime della sera” nel ricordo di una delle più brutte pagine di storia che ha colpito milioni di persone e soprattuto tantissimi bambini.

Liliana Segre che venne liberata il 1 maggio del 1945 dal Campo di Malchow, un sottocampo del lager di Ravensbrück è tra i 25 sopravvissuti dei 776 bambini italiani di età inferiore ai 14 anni, tante piccole creature furono sopraffatte dall’inganno perpetrato da Mengele, quando chiedeva loro: “chi vuole vedere la mamma faccia un passo avanti” per poi trasferirli al campo di concentramento di Neuengamme ed usarli come cavie da laboratorio iniettando il virus della tubercolosi, per poi assassinarli con la morfina ed appenderli ai ganci dei macellai nei sotterranei della scuola di Bullenhuser Damm.

Ed allora teniamo sempre bene in mente la struggente poesia “Un paio di scarpette rosse” scritta dalla poetessa e partigiana italiana Joyce Lussu che ci riporta alla memoria il drammatico destino dei bambini nei campi di concentramento nazisti e ci restituisce senza sconti tutta la drammaticità di quel che accadde nei campi di sterminio.

C’è un paio di scarpette rosse

numero ventiquattro

quasi nuove:

sulla suola interna si vede ancora la marca di fabbrica

Schulze Monaco”.

C’è un paio di scarpette rosse

in cima a un mucchio di scarpette infantili

a Buchenwald

erano di un bambino di tre anni e mezzo

chi sa di che colore erano gli occhi

bruciati nei forni

ma il suo pianto lo possiamo immaginare

si sa come piangono i bambini

anche i suoi piedini li possiamo immaginare

scarpa numero ventiquattro

per leternità

perché i piedini dei bambini morti non crescono.

C’è un paio di scarpette rosse

a Buchenwald

quasi nuove

perché i piedini dei bambini morti

non consumano le suole.

La poesia di Joyce Lussu, è stata scritta nel 1945 e da allora quelle scarpette rosse, quasi nuove, riescono forse ad evocare tutto pur senza parlare, perché contengono in sé la disumanità del dramma che si è consumato in quei freddi luoghi e ne sono divenute l’emblema proprio come il cappotto rosso di Schindler’s List.

Per rievocare la Memoria ogni giorno abbiamo bisogno di simboli, di riferimenti, e questa poesia risponde proprio a questa necessità utilizzando un oggetto di uso comune, un paio di tenere scarpine di bimbo che ci ricordano il significato di un dramma che si è consumato nell’ordinarietà del quotidiano.

di Francesco SCIACCHITANO

La rubrica Le ultime della sera” è a cura della Redazione Amici di Penna.

Per contatti, suggerimenti, articoli e altro scrivete a: amicidipenna2020@gmail.com

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