Ormai il Coronavirus è arrivato anche qui, nella nostra città, accompagnato da sgomento e paura. Ci chiediamo se in qualche modo siamo stati contagiati anche noi, se siamo venuti in contatto con qualche persona asintomatica che può avercelo trasmesso. Usciamo solo per le cose più urgenti, come fare la spesa, andare in farmacia, utilizzare gli sportelli bancomat. Utilizziamo guanti e mascherina e non guardiamo in faccia nessuno. Non apriamo più la bocca e ci salutiamo a distanza con un cenno del capo.
Intorno a noi, poche persone, poche macchine, negozi chiusi e gente in fila fuori dalle farmacie. E’ questo lo scenario spettrale a cui assistiamo inermi. E non posso fare a meno di pensare a quando, studiando la storia, mi chiedevo come si faceva a vivere durante le guerre, o le dittature, quando la vita cambiava all’improvviso, da un giorno all’altro. Mi domandavo perché le persone si fossero lasciate sorprendere dagli eventi, senza riuscire a prevederli e a trovare un modo di mettersi in salvo.
Mi vengono in mente immagini forti, come l’esercito nazista che invade la Polonia nel 1939, davanti ad una Europa sbalordita da tanta tracotanza e dalla rapidità con cui si stavano avverando quei tragici eventi. E poi, penso al Cile nel settembre del 1973, quando i carri armati dell’esercito golpista occuparono le piazze e le strade di Santiago seminando il terrore. Non potevano evitarlo? Non potevano difendersi da tutto questo? Non si sono resi conto di quello che stava accadendo intorno a loro? E gli ebrei? Perché al primo insulto o dopo la promulgazione delle leggi razziali non sono andati via? Potevano prevedere i campi di concentramento? La soluzione finale pensata per loro? Queste domande mi hanno sempre seguita nei miei studi e approfondimenti di storia, e dentro mi balenava sempre una risposta “potevano prevedere”.
E invece adesso capisco che no, non potevano evitarlo, non potevano prevederlo, perché gli eventi arrivano così, di colpo, e ti sorprendono. Abbiamo guardato tanti TG che ci mostravano le immagini di Wuhan e di una Cina blindata e sull’orlo di un collasso. Ma mai e poi mai avremmo immaginato di trovarci protagonisti di un’ecatombe come questa. E quando sono arrivati i primi casi in Italia, ci dicevamo, increduli : “Ma è mai possibile? Ma quest’uomo ha avuto contatti con la Cina?”. E subito i cinesi, nell’immaginario comune , da vittime sono diventati carnefici, i nostri carnefici.
E mentre in Italia i cinesi subivano aggressioni fisiche e verbali, gran parte della popolazione pensava che attaccando loro si sarebbe difesa dal virus. Altri invece si autodichiaravano intoccabili, immuni al contagio e continuavano a vivere come se niente stesse accadendo. E nonostante l’aumento dei contagi, tutto continuava come prima, perché continuare a fare quello che abbiamo sempre fatto ci difende dalla paura. Quello che stiamo vivendo purtroppo è realtà. Sì, siamo stati sorpresi. Non ci immaginavamo che sarebbe successo tutto questo e così in fretta.
Ma adesso non è più il tempo di esorcizzare la paura, ma è il tempo di farcela amica, nostra alleata contro il pericolo incombente. Ovviamente mi riferisco ad una paura sana, fisiologica, non al panico che invece non ci farebbe superare questo momento. Voglio riportare una frase che esprime quanto sia difficile gestire la propria paura, ma anche necessario. “La paura è l’emozione più difficile da gestire. Il dolore si piange, la rabbia si urla, ma la paura si aggrappa silenziosamente al cuore” (G.D.Roberts). E concludo con un’affermazione di Giovanni Falcone: “Il coraggio è saper convivere con la propria paura.
Altrimenti non è più coraggio, ma incoscienza”. Josepha Billardello