Ultime della sera: “La donna che scoprì il DNA”

Storia della donna a cui la scoperta più importante per la biologia costò la vita.

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
31 Maggio 2021 18:30
Ultime della sera: “La donna che scoprì il DNA”

Ha tenuto banco in queste settimane la polemica montata ad hoc dal senatore della Lega Pillon che si è scagliato contro l’Ateneo di Bari, reo, secondo il simpatico senatore, di aver deciso di incentivare, attraverso borse di studio e altre forme di premialità, l’iscrizione delle ragazze ai corsi universitari tecnico scientifici, tradizionalmente prediletti dagli studenti di sesso maschile. E questo benché ormai, nel corso degli studi secondari superiori, le ragazze brillino anche nelle materie scientifiche, dimostrando spesso di essere più studiose e costanti dei ragazzi ma anche più inclini a questo tipo di percorso.

Insomma, più brave non solo al liceo classico ma anche al liceo scientifico, non solo al liceo artistico ma anche all’istituto tecnico industriale. Il buon Pillon però non deve essersene accorto, se è rimasto fermo al concetto – o dovremmo dire preconcetto? – per cui una donna è più portata all’accudimento, quindi dovrebbe studiare presso facoltà che la trasformi in una brava infermiera, puericultrice, maestra, mentre per gli uomini è naturale che si spalanchino le porte di facoltà come ingegneria elettronica, aeronautica o fisica nucleare.

Certo, è un dato di fatto che dopo aver brillato alle superiori nelle materie scientifiche, ancora poche ragazze scelgano questo tipo di carriera universitaria, se si escludono medicina e affini. E questo è probabilmente il punto d'arrivo di una società i cui pilastri sono ancora fortemente impregnati di una cultura maschilista, sessista e discriminante di cui Pillon è degno portavoce.

Ovviamente l’opinione pubblica, unanimemente indignata, ha voluto ricordargli figure come Samantha Cristoforetti, Margherita Hack, Rita Levi Montalcini, tanto per rimanere nel nostro Paese. Tre donne che hanno dedicato la propria vita alla scienza e al progresso tecnologico.

Tuttavia queste donne sono vissute in un’epoca in cui già venivano loro riconosciuti l’abnegazione nello studio e nel lavoro, il talento e soprattutto il valore delle scoperte o dei risultati raggiunti. C’è stato un tempo in cui le scienziate sono state depredate di tali riconoscimenti, lasciando che gli uomini si prendessero il merito di scoperte che avevano invece una firma femminile. E’ il caso di Rosalind Franklin, che possiamo definire la scienziata che scoprì il DNA.

Tutti i libri di biologia attribuiscono questa scoperta agli scienziati Watson, Crick e Wilkins, e d’altronde vinsero loro il premio Nobel per questa scoperta, nel 1963. Rosalind ne fu esclusa, malgrado il suo apporto fosse stato fondamentale per il raggiungimento della scoperta.

La Franklin, chimica e biochimica, dopo il dottorato a Cambridge, tra l’altro molto ostacolata nell’ambiente accademico perché negli anni 40 le donne nel ruolo di scienziate non erano ben viste, si trasferì a Parigi, dove si specializzò nella tecnica di diffrazione dei raggi x. Le servì per studiare le proteine in soluzione e i cambiamenti strutturali che ne accompagnano la denaturazione. Divenuta un’esperta della struttura del carbone e del carbonio, si trasferì poi al King’s College di Londra diretto da Wilkins.

Esperta di cristallografia, venne chiamata a collaborare agli studi sulla ricerca del DNA. Nonostante l’ostilità di un ambiente maschilista, ottenne risultati sorprendenti, individuando la molecola del dna e fotografandone la struttura a doppia elica. Le sue scoperte furono rivelate a sua insaputa da Wilkins, con cui lei aveva già chiuso ogni rapporto, a Watson e Crick, che stavano lavorando anche loro su quella materia, ma a cui mancava proprio quella foto, fondamentale per poter pubblicare la ricerca su Nature.

La ricerca venne quindi pubblicata e solo i tre uomini ne presero il merito e le onorificenze, escludendo la Franklin, che oltretutto morì giovanissima, a soli 37 anni, per un tumore alle ovaie dovuto quasi sicuramente all’intensa esposizione ai raggi x. Per molti anni Rosalind fu l'emblema della discriminazione che l'ambiente scientifico ha sempre riservato alle donne. Solo pochi anni fa Watson ammise la gravità di quel gesto frutto del corporativismo maschile, riconoscendo che Wilkins non avrebbe mai dovuto mandargli quella foto.

di Catia CATANIA

La rubrica “Le ultime della sera” è a cura della Redazione Amici di Penna.

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