“E’ una vergogna. La nostra marineria rispetta il fermo tecnico relativo alla pesca del gambero rosso nel frattempo però pescherecci dei Paesi nordafricani pescano negli stessi areali senza nessun controllo. Tutto ciò danneggia le nostre attività a causa di una concorrenza sleale con grandi quantità di gambero nel mercato che abbassa il prezzo. Altro che valorizzazione!”. Questo il grido di allarme lanciato da diversi armatori a seguito della sospensione, a partire dal 7 agosto scorso, dell’attività di pesca dei pescherecci siciliani dediti alla cattura del gambero di profondità.
Questo fermo, disposto dal Ministero dell'Agricoltura italiano, interessa le marinerie che operano nelle aree GSA12, 13, 14, 15 e 16, ovvero le zone specificamente dedicate alla pesca del gambero rosso e del gambero viola nel Mediterraneo. La decisione, che si applica fino al 5 settembre, riguarda le zone di pesca della fascia costiera che va da Mazara del Vallo (in copertina vedi foto, da noi scattata questa mattina, del porto nuovo con i pescherecci tutti ormeggiati) ai compartimenti della provincia di Siracusa, includendo anche le marinerie di Scoglitti, Sciacca, Pozzallo, Porto Empedocle, Lampedusa e Portopalo di Capo Passero.
Il provvedimento ha come principale obiettivo quello di rispettare le raccomandazioni comunitarie mirate a contenere lo sforzo di pesca su alcune delle più importanti riserve di demersali, ovvero quei pesci che vivono e si nutrono sul fondo del mare. In particolare, si cerca di proteggere le zone di riproduzione e di crescita del gamberone rosso e del gambero blu e rosso, che sono essenziali per la tutela a lungo termine delle riserve ittiche. Tuttavia, questa misura ha sollevato numerose discussioni tra gli operatori del settore, poiché in questi mesi le imbarcazioni nordafricane, soprattutto tunisine, ma anche libiche ed egiziane, pescano indisturbate negli stessi areali “vietati” alle marinerie siciliane, continuando ad operare senza restrizioni non essendo soggette agli stessi regolamenti, direttive e raccomandazioni che valgono per le flotte italiane, e questo crea un evidente senso di ingiustizia e frustrazione tra i pescatori siciliani.
Le disposizioni del Ministero vengono così “calate dall’alto” non tenendo conto delle specificità e delle esigenze operative delle imprese locali, creando situazioni di grande difficoltà economica e gestionale. Non va inoltre sottovalutata la disposizione regionale, emanata dall’Assessorato alla Pesca mediterranea, che per questa annata ha già previsto il fermo totale di tutte le imbarcazioni con reti a strascico a divergenti, sfogliare-rapidi e reti gemelle a divergenti, con base nei compartimenti marittimi siciliani per la GSA 16, ad eccezione delle unità autorizzate alla pesca oceanica che operano oltre gli stretti.
Questa misura, seppur limitata a determinate zone e periodi, rischia di aggravare ulteriormente la già difficile situazione del settore.
La questione è stata affrontata dall’armatore mazarese Domenico Asaro che si dice molto infastidito e preoccupato sottolineando “come le crescenti limitazioni imposte alla pesca stiano portando al progressivo abbandono del settore. Se la nostra attività di pesca viene ostacolata o resa insostenibile, i consumatori saranno costretti a rivolgersi al mercato estero dove però non si conosce con certezza dove e come quel pesce è stato pescato o trattato. Il pescatore racconta che a Mazara del Vallo i pescherecci sono passati da 400 a 80, segno di una crisi del settore locale.
In altre zone marittime, invece, la pesca è cresciuta, vedi nella vicinissima Tunisia e in Egitto ove in questi anni sono stati costruiti centinaia di motopesca azzerando di fatto il piano Ue che prevede una limitazione dello sforzo di pesca nel Mediterraneo”. Asaro evidenzia la necessità di introdurre leggi comuni a tutti i Paesi rivieraschi, un “fermo tecnico che riguardi tutti i Paesi il Mediterraneo e tutti i Paesi che si affacciano ad esso”, per regolamentare meglio l’attività, ad esempio fissando periodi specifici per la pesca di specie come il gambero rosso (dal 1 marzo al 30 ottobre) le cui quantità pescate ed immesse sul mercato nell’ultimo periodo sarebbero aumentate in maniera considerevole provocando una contrazione del prezzo del rinomato crostaceo che non favorisce di certo la sua effettiva valorizzazione”.
L’anno in corso, il 2025, rischia di essere ricordato come uno dei periodi più complicati nella storia della pesca siciliana. Le stime indicano un possibile calo delle catture superiore al 30%, con ricadute devastanti sull’economia delle imprese ittiche. La situazione si aggrava ulteriormente a causa dell’aumento dei costi energetici, con il carburante che rimane a livelli molto elevati (al contrario dei Paesi nordafricani ove il carburante è molto basso) e l’impossibilità di ammortizzare questo onere con le catture, spesso ridotte di molto rispetto al passato.
Francesco Mezzapelle