“Teatro, Amore mio”. “La ragione degli altri” di Luigi Pirandello

La stesura risale alla fine del 1895; originariamente ebbe come titolo “II nido”, dramma in quattro atti

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
28 Luglio 2022 10:12
“Teatro, Amore mio”. “La ragione degli altri” di Luigi Pirandello

E’ la prima commedia di Luigi Pirandello in tre atti, in lingua italiana. Il soggetto è il contrasto tra la moglie e l’amante del marito, tra la rispettabilità della famiglia, l’ordine costituito, e la maternità che resta umanamente valida anche se ottenuta trasgredendo le regole della società civile. La stesura risale alla fine del 1895; originariamente ebbe come titolo “II nido”, dramma in quattro atti; successivamente fu intitolata “II nibbio, Se non così”, poi definitivamente “La ragione degli altri”, commedia in tre atti.

Fu rappresentata la prima volta col titolo “Se non così” al teatro Manzoni di Milano il 19 aprile 1915 dalla Compagnia Stabile milanese diretta da Marco Praga, prima attrice Irma Gramatica. Livia ha saputo che il marito Leonardo, un giornalista che fa una vita piuttosto caotica e sregolata, ha avuto una figlia dalla relazione extraconiugale con Elena. Livia non ha avuto figli, pertanto, sulla base della norma che la casa è là dove si trovano i figli, il marito dovrebbe andare a vivere con l’amante e la sua creatura.

Ma Leonardo s’avvede di non essere più innamorato di Elena, alla quale lo lega ormai soltanto la bambina. La situazione scatena sentimenti accesi e contrastanti. Interviene anche Guglielmo, padre di Livia, che si sforza di capire come mai la figlia non reagisca alla situazione che il marito ha creato; ma il suo intervento rompe un delicato equilibrio e quella sera Leonardo non torna nella casa dove lo attendevano Livia e Guglielmo. Ognuno cerca di far valere le sue ragioni, Livia capisce le ragioni del marito che non può abbandonare la figlia, il padre non le capisce, perché provocano l’infelicità di Livia.

C’è in Leonardo un soprassalto d’amore per Livia e gra­dualmente in lui, come nella moglie, si fa strada l’idea di ricomporre la loro unione prendendo anche la bambina, in questo modo l’affetto dell’uomo non rimarrà diviso fra due famiglie. Alla soluzione comoda per i due e drammatica per Elena, la madre sacrificata si ribella vivacemente parlando con Livia e con Leonardo, in concitati dialoghi. Si scontrano, da un lato, le leggi della società borghese che pongono all’apice della piramide dei valori il benessere (il padre di Livia è benestante e può assicurare un avvenire alla bambina) e l’unità della famiglia e, dall’altro, le leggi della vita di cui è espressione l’a­more materno, che saranno sopraffatte.

In casa di Livia si ristabilisce l’ordine e l’armonia con la presenza di Leonardo e della bambina; ma l’anima di Elena ne è dilaniata. Nella scena finale, dopo che Leonardo le ha strappato il consenso di portar via la bambina, l’ultimo delicato atto della sua trepida ma­ternità sconfitta; corre a cercare un cappellino perché la piccola sia più bella. Ma quando torna Leonardo e la figlia sono già andati via, corre alla finestra per rivederla l’ultima volta «alla fine se ne ritrae muta, come insensata», mira «con gli occhi attoniti, vani» il giuoco della figlia che è rimasto sul tavolo; poi «s’accorge d’avere in mano il cappellino della bimba, lo contempla e rompe in singhiozzi disperati».

La tela cala su questa tragica solitu­dine nell’improvviso vuoto della stanza. La sofferenza fa di Elena la protagonista della commedia: è lei con la sua dolente maternità, ignorata e calpestata, la vittima, costretta a subire «la ra­gione degli altri». (in foto “La Ragione degli altri” in una nuova messa in scena

Salvatore Giacalone

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