Metti una sera, Romeo e Giulietta

Emozionante e tremendamente attuale il “Romeo e Giulietta” di Nicasio Anzelmo in scena alle Dionisiache di Segesta

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
29 Agosto 2021 12:00
Metti una sera, Romeo e Giulietta

Il cielo è pieno di stelle sulla collina di Segesta. La luna, pigra, sorgerà più tardi, quando già tutto sarà finito. Qualche nuvola attraversa la volta ma non impedisce agli astri, tanto invocati, di splendere nella magnificenza delle costellazioni, tutte convenute ad inchinarsi al cospetto dell’amore andato in scena fra le pietre antiche. Le tavole di legno, nude, come nuda è l’anima quando solo l’amore la veste, sono la terra su cui i passi dei protagonisti impegnati in danze o in duelli, in facezie o in tragedie, disegnano le traiettorie di una storia che conosciamo e che sempre ci commuove. Il tempo sospeso fra le pietre e il cielo, è ancora il tempo di oggi, in cui l’amore è ostacolato: uomini padroni decidono le sorti di figlie, ragazze, cittadine da dare in spose ad altri uomini sconosciuti, o da mostrare come bottino di guerra, un tempo in cui in cui l’odio divide ciò che invece l’amore unirebbe.

Romeo e Giulietta sono il simbolo dell’amore che non conosce altro limite al di fuori di se stesso, ed è a questa rappresentazione che un pubblico attento e numeroso ha assistito per l’ultima replica in cartellone, nell’ambito delle Dionisiache 2021. Ci vuole un certo coraggio ad andare contro corrente e a scommettere ancora sull’arte e sulla bellezza . E Rossella Giglio, è persona coraggiosa e caparbia. Bisogna riconoscerlo. E ci vogliono passione sempre ardente e professionalità matura per accettare di mettersi in gioco ancora e instancabilmente dirigere una rassegna come quella offerta al pubblico in quest’anno difficilissimo, da Nicasio Anzelmo. E ci vuole la capacità di conoscere e di riconoscere l’amore per dirigere Romeo e Giulietta, e Nicasio l'amore lo conosce e lo riconosce, indiscutibilmente.

I suoi attori sono strumenti docili eppure forti nelle sue mani e nella sua visione scenica che è energia e delicatezza, irruenza ed evanescenza. Alcuni di questi attori, abbiamo imparato a conoscerli in altre sue rappresentazioni: ancora una volta, non posso non citare la generosa Monica Guazzini, che passa dal comico, quasi grottesco, al drammatico con professionalità vera . La sua balia è saggia e scaltra come cento e mille donne che sono madri di latte e non solo di ventre e che hanno imparato a stare, accorte, a corte. E Nicolò Giacalone, fantastico Mercuzio, orgoglioso e spaccone, goliardico amico, padrone della scena in ogni passo e ad ogni gesto, nel riso come nella morte. E Giovanni Carta, tormentato e rassicurante frate Lorenzo che, pur conoscendo i misteri della natura, deve arrendersi alle conseguenze dei suoi stessi sortilegi: sul suo volto la disperazione autentica di chi ad ogni rappresentazione vive l’irreparabile.

E tutti gli altri attori, dentro la scena, che si offrono alla storia e al pubblico senza riserve.

E infine Romeo, Simone Coppo, e Giulietta, Eleonora De Luca. L’energia e la delicatezza, il miracolo dell’amore che si rinnova e si impone alle brutture del mondo, la pienezza della vita spezzata dall’ingiustizia, la danza perfetta dell’amore che nella penombra consacra l’unione di due corpi e di due cuori, per sempre. Bravissimi, nell’incarnare l’amore e la sua disperata speranza.

E da questa parte noi che pur conoscendo da secoli la tragedia, vorremmo entrare in scena e bloccare il braccio di Tebaldo e dire a Mercuzio, drammatico e furente nella sua morte, di scappare, di sottrarsi a quell’odio . E vorremmo dire a quel padre di rispettare quella figlia, di lasciarla libera di scegliere chi amare, di sbagliare anche ma seguendo il suo cuore , e a quella madre di opporsi a quel marito, a cui lei stessa, come oggetto, fu data in nozze, praticamente bambina, e di scegliere di stare dalla parte di quella figlia che lei stessa ha generato e di dirlo, attraverso lei, a tutte quelle donne che , per paura o per viltà, per tradizione o soggezione, ancora oggi, in molte parti del mondo, fanno la stessa cosa.

E soprattutto, vorremmo irrompere sulla scena e scuotere Romeo e urlargli di non bere quell’atroce veleno, di pazientare , come però la gioventù non sa fare, e sperare e aspettare e credere che la sua sposa si svegli. Vorremmo correre e bloccare quella mano, prima che sia troppo tardi. Ma quel finale, che conosciamo, giunge inesorabile e ci lascia commossi e attoniti, rapiti dalle luci e dalle musiche, che sono gli altri sapienti e fondamentali attori del dramma che si consuma, davanti ai nostri occhi rapiti. E dunque, grazie. Perché l’attesa della salita al teatro, e più ancora quella della discesa, appaiono più lievi perché ne vale la pena e ne vale la gioia, soprattutto se condivise con amiche con cui è facile scambiarsi il cuore.

Grazie a chi si spende per rendere vivi i monumenti che ancora oggi sono testimoni di una umanità che non si rassegna all’odio e alla violenza e vuole gridare il diritto alla bellezza e alla pace.

E grazie al mio amico Nicasio, che fra gli applausi, scende giù per gli scalini di pietra, con il suo giubbino verde, liso di sudore e abbracci, per non essersi mai arreso.

Maria Lisma

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