La Guerra del Pesce fra Mazara del Vallo e la Tunisia. Prima parte

Redazione Prima Pagina Mazara
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23 Agosto 2013 07:27
La Guerra del Pesce fra Mazara del Vallo e la Tunisia. Prima parte

Ci risiamo. Un altro sequestro nel Canale di Sicilia, lo spazio marino per eccellenza che la recente storia ha consacrato come quello dei pescatori di Mazara del Vallo. Per loro il Canale di Sicilia è lì, dov'è, ma anche più lontano, in

ogni parte del Mediterraneo dove essi si sono spinti, alla ricerca del "Gambero di Mazara".

La vicenda del sequestro da parte dei Tunisini del motopesca "Pindaro" - avvenuto lo scorso 20 agosto, al limite della zona di mare del "Mammellone", e comunque fuori da tale zona protetta, in acque internazionali, come è stato detto - ci fa balzare ancora una volta nei tempi del secolo scorso, nel Novecento; un secolo ancora (purtroppo) non troppo lontano ed a cui rimaniamo legati per molte delle nostre vicende italiane di carattere politico, economico, sociale e culturale. Per i pescatori di Mazara del Vallo il Novecento è stato il secolo della "Guerra del Pesce" con i Paesi rivieraschi del Mediterraneo (ma non solo), quella "tradizionale" per così dire, perchè tale conflitto silenzioso, fra pescatori siciliani e militari, dura ancora oggi. Con la Tunisia ma anche con la Libia, l'Egitto.

Ma che cos'è il "Mammellone"? La "guerra del pesce" fra Italia (o forse meglio fra Mazara del Vallo) e Tunisia ha origine principalmente in questa distesa di bassi fondali - a sud di Lampedusa e a Est delle coste tunisine e delle Isole Kerkennah - contesa fra i due paesi, denominata "mammellone" appunto, per via della particolare forma. L'area (una linea che partendo dal punto di arrivo della linea delle 12 mg. delle acque territoriali tunisine, si ricollega sul parallelo di Ras Kapoudia, con l'isobata dei 50 metri e segue tale isobata fino al punto di incontro con la linea che parte da Ras Agadir in direzione Nord-Est ZV=45), pur situata in acque internazionali e ben al di là delle acque territoriali tunisine, fu riconosciuta, sin dal 1951, con atto unilaterale del Bey di Tunisi, zona di pesca riservata e di ripopolamento ittico per la forte riproduttività che la contraddistingue, dunque vietata ai pescatori italiani.

Nel 1962 il Governo italiano, nel periodo delle trattative con la Tunisia per ottenere i permessi di pesca, ha riconosciuto il divieto del "Mammellone" e il diritto dei tunisini di farlo rispettare, riconoscimento sancito poi con il D. M. del 25 settembre 1979, in cui veniva riconosciuta la porzione di mare come "zona di ripopolamento e in cui è vietata la pesca ai cittadini italiani e alle navi battenti bandiera italiana". Ma i pescatori mazaresi - come si vede - hanno da sempre continuato a lavorare ai suoi bordi, con possibilità anche di sconfinamento involontario.

Peraltro la Tunisia considera ancora oggi il "Mammellone" come zona propria riservata di pesca

A chi appartiene il "Mammellone"? Alla base della "Guerra del Pesce" fra i due Paesi vi è stata una sorta di "incomprensione giuridica", ma forse soprattutto storica e culturale, sulle modalità di "territorializzazione" di quella zona di mare da parte di chi l'ha frequentata. Acque internazionali? Zona di pesca riservata dei Tunisini? E di ripopolamento ittico? Ma chi la riconosce, a parte italiani e tunisini? E con quali modalità, soprattutto oggi dove a dettar legge è sempre di più il contesto comunitario ed internazionale?Risale al 1971, ratificato nel 1978, l'accordo con la Tunisia per la delimitazione per le risorse energetiche della piattaforma continentale nello Stretto di Sicilia (vedi foto).

Nel trattato stipulato si è seguito il criterio della mediana fra le coste continentali dello Stato arabo e quelle della Sicilia, senza dare alcun valore alle circostanze speciali rappresentate dalle isole di Pantelleria, Lampedusa e Linosa e dall'isolotto di Lampione. In tale accordo il "Mammellone" ricadeva interamente dentro la piattaforma tunisina. Ma nelle piattaforme continentali la pesca è un'attività libera, a meno che non vi siano zone riservate di pesca appunto, o zone economiche esclusive.

La Convenzione del Diritto del mare del 1982 ha riconosciuto la delimitazione della piattaforma e l'introduzione delle zone economiche esclusive fino al limite di 200 mg. Con la legge n. 2005-50 del 27 giugno 2005 la Tunisia ha istituito la propria Zona Economica Esclusiva (ZEE), che prevede anche lo sfruttamento delle risorse viventi e quindi la pesca. Essa comunque dovrà ancora concretamente realizzarsi.Anche se nel 1997 i Paesi arabi aderenti al Consiglio Generale della Pesca per il Mediterraneo (GFCM), Marocco, Algeria, Tunisia, Libia, Egitto e Siria, hanno adottato una dichiarazione concernente l'adozione di una posizione comune in merito alla creazione di ZEE nel Mediterraneo, c'è da dire che la conformazione di questo mare chiuso non permette l'istituzione di una ZEE di 200 mg da parte di uno Stato rivierasco senza che essa non faccia nascere un contenzioso con gli Stati delle coste opposte.

Sul "Mammellone", ancora oggi come dicevamo, la Tunisia pretende di esercitare diritti esclusivi di pesca che possono corrispondere in parte anche a quelli della ZEE, ma la zona di pesca contesa a Sud-Ovest di Lampedusa è piuttosto a tutti gli effetti una zona di ripopolamento ittico in altro mare. Fin quando, attraverso degli accordi bilaterali, l'Italia ed i pescatori mazaresi hanno potuto pescare nelle acque tunisine (ma non nel "Mammellone"), negli anni Sessanta e fino al 1979, anno in cui con il passaggio alla Comunità Europea non è stato più possibile stipulare accordi nel settore con Paesi terzi (le trattative con il Governo tunisino sarebbero proseguite con la sperimentazione delle società miste), la guerra del pesce fra i due Paesi è stata una "guerra privata ed ignota" (C.

Levi), a fasi alterne, cruenta ma anche silente. Solo dopo il '79, nei primi anni Ottanta, la Guerra del Pesce assunse quasi la tensione di una conflitto internazionale, di una guerra sempre meno "privata ed ignota". [Fine prima parte]

Vincenzo De Santi

23-08-2013 9,00

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