“Una punta di Sal”. I restauri di Mazara e la chiesa di Santa Caterina

Il simulacro dell’Immacolata della Cattedrale, statue e affreschi della chiesa di S.Michele e le tele di Santa Caterina

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
07 Agosto 2022 16:25
“Una punta di Sal”. I restauri di Mazara e la chiesa di Santa Caterina

La storia passata e presente delle opere restaurate a Mazara non è di poco conto. Principalmente nelle chiese e nelle strutture religiose. L’ultimo in ordine di tempo è di un paio di anni fa, si trova in Cattedrale. E’ ritornato restaurato il simulacro dell’Immacolata, la scultura lignea policroma collocabile temporalmente nella seconda metà del XVIII e attribuita – per impostazione iconografica e per la tipologia di intaglio – allo scultore Filippo Quattrocchi. Sulla statua si era reso necessario un intervento di restauro: insetti xilofagi avevano attaccato l’opera, soprattutto nella parte inferiore e, a livello strutturale, l’opera presentava lesioni passanti nel legno; anche in uno dei tre puttini alla base della statua, mancava la calotta cranica.

Altresì delle vernici soprammesse nel tempo si era alterato il colore originale della lacca della veste e degli incarnati. Così si è reso necessario l’intervento dei restauratori Antonino e Rosalia Teri che tengono un laboratorio di restauro a Partanna: sono state ricostruite le parti mancanti e sono state ripristinate le vernici con integrazione pittorica.

Della stessa scuola del Quattrocchi, altre statue dell’Immacolata simili a quella che si trova in Cattedrale a Mazara del Vallo, sono esposte anche a Partanna e Realmonte. Quella di Filippo Quattrocchi, scultore di Ganci di opere lignee, è forse la figura di artista di arte sacra fra Settecento e Ottocento più conosciuta in Sicilia: sue opere (circa duecento fra documentate e attribuite in un catalogo in continua evoluzione) sono infatti attestate nelle chiese di numerosi centri siciliani.

Filippo Quattrocchi è senza dubbio uno dei maggiori se non il principale esponente della statuaria lignea tardo barocca siciliana, l’ultimo raffinato interprete nella scultura in legno di quella stagione dell’arte nota come rococò: estro, genialità e perfezione delle sue opere, che riflettono il movimento come principale elemento della cultura barocca, caratterizzano la sua vasta produzione artistica attuata in circa sessant’anni di attività svolta quasi interamente a Palermo.

A Mazara del Vallo interventi di restauro si sono concentrati su altre opere altamente significative. L'interno della chiesa San Michele è decorato da venti statue di stucco bianco di Bartolomeo Sanseverino mentre gli affreschi e le tele sono di Tommaso Maria Sciacca (Strage degli Innocenti, Sacra Famiglia, Morte di San Benedetto, ai lati del presbiterio Abramo e Melchisedec e la Cena in Emmaus). Sulla volta della navata è dipinto un affresco, raffigurante il Trionfo di San Michele su Lucifero, con la particolarità che parte della figura del diavolo fuoriesce dalla superficie dell'affresco.

Quattro dipinti di grande valore, tornano a risplendere. Si trovano nella chiesa Santa Caterina, costruita nel 1318 e restaurata nel '600. Si trova sulla piazza omonima, a pochi metri dalla Cattedrale. I quattro quadri raffigurano: "Il matrimonio mistico di Santa Caterina", "Santa Caterina e l'eremita", "La disputa di Santa Caterina con i sapienti pagani", datate tra i secoli XVII e XVIII e "L'Immacolata con Sant'Agnese e giovinette" del secolo XIX. La Soprintendenza di Trapani ha curato, con il suo laboratorio, un restauro a costo molto contenuto, sostenuto da un gruppo di volontari di Mazara di supporto alle Suore Oblate.

Il Museo Diocesano si è fatto promotore della raccolta fondi, integrando i costi del restauro delle 4 tele e delle cornici. Le opere sono state presentate in Chiesa per poi spostarsi al Museo Diocesano, dove le tele, 4 di S. Caterina e una donata al Museo da privati, sono state esposte nella mostra “Sacra Historia”.

La storia della chiesa di Santa Caterina risale al 1318, accorpata al monastero, presenta un suggestivo aspetto architettonico. Sino al 1909 aveva un elegante campanile, a guglia piramidale, rivestita di lucide mattonelle di color verde smeraldo, ma dovette essere demolita perchè cadente e pericolosa. Rimase in piedi solo la torre campanaria quadrata con otto finestre per le campane. Le suore fecero costruire sulla cima della torre una loggetta coperta e con quattro ampie finestre chiuse da grate in ferro battuto, bombate sulla faccia anteriore a collo di cigno, che consentivano la visione del mare e delle sottostanti piazze dove si potevano osservare durante le feste spettacoli sacri e profani.

Fu realizzato, anche, un bel giardino dove le suore potevano alternare i passatempi con i doveri istituzionali e le occupazioni domestiche. Nel 1848, con la confisca degli ori e degli argenti delle Chiese e delle comunità religiose, il monastero cadde in miseria e continuò un lento ed inesorabile declino che lo portò alla sua scomparsa. Restarono le opere murarie. Scopo della venuta delle Suore era principalmente di avere nella chiesa l’adorazione quotidiana del Santissimo Sacramento, funzione che tuttora si mantiene.

Con essa si svilupparono anche altre opere: asilo d’infanzia, laboratorio femminile, lezioni di musica, opere parrocchiali, preparazione e Prima Comunione, Congregazione Mariana. Dopo alcuni anni la casa è stata adibita anche a Noviziato. Nel XVII sec. fu trasformata in stile barocco, secondo i gusti dell'epoca e fu arricchita da diverse opere d'arte tra il 1794 e il 1811. La facciata attuale settecentesca è di qualche interesse. Il portale, tra due piccole colonne di marmo, è sormontato da un alto rilievo di stucco rappresentante Santa Caterina, vergine e martire, appoggiata ad una conchiglia (vedi foto di copertina).

In alto un grande stemma del vescovo Orazio La Torre ed una colonna sormontata da una corona che è lo stemma della famiglia Romano (Vincenzo Romano avendo una figlia unica che divenne suora benedettina presso il convento di Santa Caterina, donò tutti i suoi beni al monastero, risultando il massimo benefattore). La piccola comunità di suore che dal 1930 gestisce la chiesa conserva gelosamente il cartone originale, recentemente restaurato, che servì alle maestranze per mostrare alla Abbadessa pro tempore il disegno del pavimento che si doveva realizzare.

Gli altari ricchi di pregevoli e rari marmi policromi, sono di stile neoclassico. Pregevoli tele abbelliscono l'edificio sacro, un vero scrigno di tesori nascosti. Conservato dalle suore il Telone della Resurrezione che, serviva a coprire esattamente tutta l'Abside, dalla volta al pavimento e da una parete all'altra, sino al Sabato Santo, quando il celebrante intonava il “Gloria in eccelsis Deo” e il telone, sciolto dai lacci, si lasciava cadere e sull'altere, in mezzo ai ceri e ai fiori, appariva un Cristo risorto con una bandiera in mano.

Il telo che misura 15 metri in altezza per 7 in larghezza è un unico telo in buono stato di conservazione ed è l'unico esemplare rimasto. Il telone è datato 1790 firmato da don Vito Capolino, pittore, ed accanto si legge il nome dell'abbadessa donna Angela Caterina Gargano.E nello scorso mese di giugno il Ministero della Cultura ha assegnato le risorse del Pnrr relative a «Turismo e Cultura 4.0», in cui sono previsti 22 milioni di euro per il restauro delle chiese del Trapanese. Per quanto riguarda Mazara sono previsti i restauri della Chiesa Santa Caterina per 947.887,58 euro e la Chiesa Santa Veneranda per 1.432.490,16 euro.

Salvatore Giacalone

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