E’ sempre il mare a raccontare la città. Questa è la storia di due “codici” che si trovano nel Museo del Satiro Danzante di Mazara del Vallo. I due reperti molto preziosi, sono esposti al pubblico e sono costituiti da fascicoli di carta recuperati nell’estate del 2008 nella stessa zona di mare dove è stato rinvenuto dal peschereccio di “Prassitele", la famosa statua di bronzo del Satiro Danzante. Da una profondità di circa 450 metri, il mare ha restituito nel giro di qualche mese i due reperti, che il comandante del peschereccio, Francesco Adragna, ha consegnato prontamente alla Soprintendenza del Mare.
I reperti furono trasferiti presso i laboratori dell’Istituto Centrale per il Restauro e la Conservazione del Patrimonio archivistico e librario di Roma dove sono stati restaurati. Un ritrovamento unico nel suo genere che getta nuova luce sui commerci nel Mediterraneo. I tecnici che hanno esaminato i due “Codici” hanno rilevato che si tratta di pergamene non scritte, assemblate insieme per facilitarne il trasporto. Da una datazione effettuata con il carbonio14, colloca i fragili reperti di carta nella seconda metà del 1700.
Singolare è stato anche ritrovare in uno dei due reperti, una pelle di razza della dimensione di cm. 30 x cm 324, accuratamente piegata a soffietto, già all’epoca molto nota e apprezzata, per ricoprire oggetti e mobili di valore. La pelle di razza è conosciuta e anche chiamata con il nome di Galuchat. Questo tipo di pelle vanta una grande resistenza e può durare a lungo nel tempo.
“Fin da subito – ha spiegato l’assessore regionale SebastianoTusa (in quel periodo Soprintendente del Mare), prima del suo decesso- il ritrovamento dei due codici, costituì un evento di grande importanza nel panorama della ricerca archeologica subacquea.Il mare ancora una volta restituisce memoria, ma in questa occasione ci offre anche una grande opportunità: il rinvenimento della pelle di razza, una vera novità, sia per il diverso assemblaggio dei fogli, ma, soprattutto, nella diversa natura della pelle.
Si tratta, infatti, di pelle di una razza che vive esclusivamente nei mari del Sud America. Approfondendo l’analisi di questo singolare rinvenimento – ha continuato Tusa - siamo giunti alla scoperta che trattasi di una pelle utilizzata soprattutto in Francia nel ‘700 per realizzare oggetti di lusso ed ornamento sia domestico che personale. E quello che i francesi chiamano ‘galuchat’.Ancora oggi le grandi e rinomate case di moda utilizzano questa pelle per la realizzazione di oggetti e abbigliamento di gran lusso”.Ma vi soni altri importanti particolari.
I due i “codici” del mare recuperati dai fondali siciliani nel 2008, probabilmente facevano parte del carico di un vascello spagnolo destinato al commercio del lusso: uno, più piccolo, in fogli di pergamena classica, realizzati in pelle proveniente da ovini, certamente destinato secondo il soprintendente Tusa alla scrittura di documenti; l’altro, invece, più grande, con i fogli che si aprono a fisarmonica, è in pelle di razza, un pesce che risiede solo nei mari del Sud America. Nulla, quindi, era scritto su queste pergamene.
Ma allora perché sono così importanti? “Si tratta di oggetti unici nel loro genere – spiega Tusa – giunti a noi soltanto grazie alla profondità dei fondali in cui sono rimasti per secoli. La vita a 450 metri è rarefatta, quindi priva di quegli agenti che, altrimenti, li avrebbero aggrediti e distrutti in pochissimo tempo. Il fango che li copriva, ed il buio, hanno fatto il resto, realizzando una custodia naturale”.
Il Museo del Satiro, oltre al capolavoro di Prassitele e ai “Codici”, espone reperti provenienti dalle acque del canale di Sicilia, fra cui il frammento bronzeo di zampa di elefante di epoca punico-ellenistica, un calderone bronzeo di epoca medievale, una selezione di anfore da trasporto di epoca arcaica, classica, ellenistica, punica, romana e medievale. Sono esposti anche due cannoni in ferro provenienti da Torretta Granitola, da cui provengono alcuni capitelli corinzi e onici anch’essi esposti. La maggior parte di questi materiali sono stati recuperati sempre da Francesco Adragna. Si spera che in futuro, magari anche grazie alla ricerca archeologica subacquea in alto fondale, possano diventare sempre più frequenti e meno casuali, tali rinvenimenti e si possano magari recuperare altri importanti pezzi della nostra storia, conservati e protetti dalle profondità dei fondali marini.
Salvatore Giacalone