“Una punta di Sal”. Elezioni a Mazara. Ci vuole “stoffa” per fare il sindaco...

Dopo l’Estate inizia la corsa per le Amministrative. Piccola guida per individuare le qualità del prossimo sindaco

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
03 Settembre 2023 09:03
“Una punta di Sal”. Elezioni a Mazara. Ci vuole “stoffa” per fare il sindaco...

Chi vincerà le prossime elezioni a Mazara del Vallo? Quinci o Cristaldi?. I mazaresi si appassionano a questo dibattito anche se le elezioni sono fra otto o nove mesi. Per gli elettori mazaresi “opinionisti” la scelta è fra i due e non prevedono altre candidature “forti”. Ma non è così. Altri lavorano in silenzio e non mancheranno le sorprese. E’ probabile che i candidati saranno non meno di sei e potrebbe esserci anche una donna candidata a sindaco. Se eletta sarebbe un evento storico per la Città che non è stata mai governata da una donna.

Ecco il primo interrogativo: per la candidatura a primo cittadino scenderanno in campo il Pd, Fdl, Forza Italia, M5S, la Nuova DC e qualche rappresentante delle liste civiche? Ci saranno le coalizioni di centro destra e centro sinistra? Ci saranno le solite litigate o qualche partito andrà per la sua strada con la solita lista di candidati nella speranza di eleggere qualche consigliere comunale? Anche qualche candidato sindaco potrebbe correre da solo sostenuto, magari, da due o più liste civiche.

Come al solito, si prevede una grande dispersione di voti. Di oltre 40 mila elettori, probabilmente, come per le elezioni precedenti, andranno a votare circa 30 mila ed il sindaco può essere eletto al primo turno se raggiunge il 40% dei voti. Intanto possiamo affermare che scegliere la persona che deve guidare la città è come scegliere un capo-condominio: è una decisione emozionale più che politica. Si dice: “ci vuole la “stoffa” per fare il sindaco e se c’è la “stoffa” il sarto, cioè l’elettore, può cucire un bell’abito non da “cerimonia”, cioè dell’”apparire” ma da indossare tutti giorni e in qualsiasi luogo.

Suscita curiosità anche il prevedere il risultato delle elezioni, ma che modello utilizzare? È ancora presto per le Amministrative della prossima primavera-estate, ma non per spiegare come funziona. Attenzione. I sondaggisti “improvvisati”, in vari casi, scambiano le elezioni comunali con quelle politiche, cioè sommano i voti dei partiti, come succedeva nella Prima Repubblica. Effettivamente così era: nella Prima Repubblica gli scostamenti per tutti i partiti erano di uno o due punti percentuali ogni cinque anni e le Comunali rispecchiavano perfettamente gli “equilibri politici”, cioè non si discostavano dal voto politico.

I voti erano quasi pacchi postali che si potevano spostare secondo le decisioni dei maggiorenti politici, a prescindere dal candidato. Era così. Non è più così. Quando si vota per il sindaco si elegge il sindaco, quando si vota per le Politiche si vota per il governo: gli elettori lo sanno! Nella loro mente però le cose funzionano in modo abbastanza diverso quando si tratta di eleggere il sindaco, soprattutto se è candidato il sindaco uscente. Quando è candidato il sindaco uscente, gli elettori, prima di tutto, si fanno una domanda, una sola domanda, dalla cui risposta procede poi tutto il resto e la domanda è: il sindaco uscente ha fatto un buon lavoro? Merita la riconferma, cioè merita la mia fiducia? Il punto cruciale è che la gente, quando va a votare alle Comunali, raramente si chiede quale sia il miglior partito o schieramento politico che possa guidare la città, ma qual è il miglior sindaco, cioè la migliore persona, che può guidare la città.

Se non ha molto senso proiettare i voti politici sul candidato, ed è prevalente la personalità del candidato sindaco rispetto allo schieramento politico, bisogna indagare meglio cosa sia la personalità in chiave politica, perché si tratta di un’accezione della personalità molto particolare. Possiamo sintetizzare in tre qualità: 1. Lo spessore della persona in sé; 2. La sua adeguatezza rispetto al target della maggioranza assoluta e 3. L’intensità e la qualità dell’immaginazione che suscita.

Nella storia italiana, nella storia effettiva, non c’è nessun ruolo politico (se non il capo del proprio partito d’appartenenza, che coinvolge però pochissime persone) che più del sindaco ingeneri emozioni e rispecchiamenti emotivi dell’elettore. Lasciate perdere i programmi astratti, onnicomprensivi e le liste di parole d’ordine che non smuovono nessun sentimento. Il sindaco è insieme il capo-condomino e il simbolo della città è una figura peculiare, non una figura minore. Una considerazione: la città assomiglia troppo alla propria casa, per non proiettare su di essa gli stessi sentimenti.

Come la propria casa; come la propria famiglia; come sé stessi. Il legame “viscerale” delle due dimensioni casa-città determina il contesto psicologico in cui avviene il voto. “Ti voto perché sei uno di casa”, sostiene qualche elettore nell’imbucare la scheda. La politica è dentro queste due dimensioni, non sopra. Il legame “viscerale” delle due dimensioni casa-città determina il contesto psicologico in cui avviene il voto. La politica è dentro queste due dimensioni, non sopra. Ma il voto delle amministrative, quasi sempre, non tiene conto di tutto ciò.

Si vota per il sindaco vestito magari da un “sarto” di qualità con atelier a Palermo o a Roma, ma alla fine decretato dalla maggiorana degli elettori nella speranza che il vestito non faccia mai “una piega”.

Salvatore Giacalone

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