La storia di due medici che ci hanno insegnato il dovere del soccorso e dell'accoglienza
Ho pensato spesso a Gino Strada, in questi giorni. Il medico visionario che salvava i bambini nelle zone di guerra, colui che rendeva possibile l'impossibile ci ha lasciati lo scorso 13 agosto, a 73 anni, tra l' incredulità e la costernazione di quanti lo hanno sempre considerato un esempio, un punto di riferimento, un eroe dei nostri giorni.
Gino Strada arrivava quando la guerra lasciava il suo strascico di sangue dopo la sua fine ufficiale, quando tutti scappavano lasciando dietro di sé una scia di sangue ed orrore.
"Non esistono guerre giuste o guerre necessarie - ripeteva come un mantra - la guerra è follia". Coerente fino alla fine, su questo non ha mai cambiato idea.
Ci ho pensato, a Gino, guardando il reportage fotografico sull'Afghanistan del fotografo Alessandro Romenzi, allestito all'interno del festival internazionale della fotografia del Mediterraneo "Marenostrum" appena inaugurato, quell’Afghanistan in cui il chirurgo ha lavorato per tanti anni e dove ha costruito il primo ospedale nel 1994, assieme alla moglie Teresa e a un piccolo esercito di medici volontari che saranno il primo nucleo di quel progetto straordinario e visionario che è diventato Emergency.
Quell'Afghanistan dove lui dichiarerà di aver lasciato un pezzo di cuore, a cui dedicò il suo ultimo articolo un giorno prima di morire, preoccupato per la drammatica piega che aveva preso la situazione politica dopo il ritiro degli americani e il ritorno al potere dei talebani. E chissà se quest’ennesima delusione, questo dolore nel vedere ripiombare il Paese nel buio del fondamentalismo islamico non abbiano contribuito a fare precipitare le sue già precarie condizioni di salute.
Il festival mazarese ospiterà, tra gli altri, anche il dottor Bartolo, già medico di Lampedusa e ora eurodeputato.
Quante analogie, tra Strada e Bartolo! Due medici dall'umanità immensa, che hanno fatto della medicina una missione, una ragione di vita, proiettata a salvare un'umanità sofferente e disperata, in luoghi dove quel poco che riesci a fare ha un valore incommensurabile.
Il primo, Gino Strada, lo ha fatto viaggiando: in zone del mondo dilaniate dai conflitti, dalla miseria estrema, dalle guerre civili e dalle carestie, costruendo ospedali nei posti più lontani e dimenticati della terra. Il secondo, Pietro Bartolo, ha esercitato la medicina rimanendo fermo, nel luogo natio, sul molo Favaloro della sua Lampedusa, accogliendo e curando i disperati che, proprio da quei luoghi in cui Strada costruiva ospedali da campo, scappavano. E scappando hanno attraversato deserti, stremati sono giunti nei lager libici dove hanno subìto violenze, mutilazioni e torture, hanno attraversato un Mediterraneo che spesso è diventato la tomba dei loro compagni di viaggio, e alla fine sono approdati a Lampedusa, dove ad attenderli hanno trovato le cure e l'ascolto del dottor Bartolo.
Trent'anni di vita e di professione trascorsi così, a scrutare il mare, e i barconi che arrivano carichi di uomini e donne con un dolore infinito stampato negli occhi, con cicatrici che solcano i corpi e affondano nell'anima. Trent’anni a piangere di fronte ai cadaveri di bambini da ispezionare dentro i sacchi neri, restituiti dal mare o soffocati dentro la stiva di una barca.
Conobbi la storia di Gino Strada nel 1999, grazie ad un libro che mi aveva regalato un'amica. “Pappagalli verdi”, il titolo. I pappagalli verdi erano le mine antiuomo lanciate dagli elicottero sui villaggi dell' Afghanistan. Sembravano giocattoli quegli strani oggetti, pappagalli verdi li chiamavano i vecchi afgani. Lo scopo era di attrarrei bambini, indurli ad afferrarli spinti dalla loro curiosità infantile. Li avvicinavano, li prendevano in mano per giocarci, e a quel punto saltavano in aria. Arrivavano così, negli ospedali di Emergency, senza una mano, senza le gambe, a volte con i corpi interamente dilaniati. L'invenzione più diabolica e crudele che la mente umana potesse generare, perché le vittime destinate erano i bambini.
Pietro Bartolo l'ho conosciuto una sera di cinque anni fa, presentammo il suo libro "Lacrime di sale".
Ricordo la sua voce che raccontava l'inferno, gli occhi velati da una tristezza disarmante, il silenzio attorno, l'emozione che correva tra i presenti, in ascolto devoto e commosso dell'uomo che aveva vissuto in prima persona la più grande emergenza umanitaria del nostro tempo.
Il dottor Pietro Bartolo sarà di nuovo a Mazara l'8 ottobre. Fatevi un regalo: andate ad ascoltarlo. Conoscerete la sofferenza, la rabbia, la paura e l'impotenza, ma anche il coraggio, la lotta, la forza della vita che vince. E, soprattutto, guardandolo negli occhi, saprete cos'è un medico.
di Catia CATANIA
La rubrica “Le ultime della sera” è a cura della Redazione Amici di Penna.
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