Ultime della sera: “Se tu mi lasci sola”

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
06 Febbraio 2021 19:12
Ultime della sera: “Se tu mi lasci sola”

di Maria LISMA “Si, lo so. Sono stata io a chiederti di non entrare nella mia cameretta. Volevo stare da sola, ma non troppo sola. Sto crescendo, anche tu lo dici. E questo è bello, ma mi fa anche paura. Per questo, anche quando ti chiedo di lasciarmi da sola, veramente io non vorrei stare troppo sola.  Ho il cellulare, quello bello, ultimo modello. Me l’hanno regalato i nonni per la prima comunione. Mi serviva per i compiti, anche la maestra lo diceva. E poi ho fatto tanti video su tic toc, anche tu ne hai fatto qualcuno con me.

Lo sai, non vado a scuola, non più in palestra. Non scendo sotto casa con la bici  e non vado alle riunioni…  Non faccio niente di male, mamma. Gioco, ho imparato tanti nuovi giochi e ho conosciuto tanti nuovi amici. No, non li conosci, abitano lontano ma mi fanno compagnia e mi incoraggiano. Alcuni sono più grandi di me eppure si fermano a parlare con me. E poi ce n’è uno che con me  gioca tanto mi fa sentire importante. Dice che mi farà partecipare ad un gioco fenomenale, che se seguo le istruzioni, perfettamente, diventerò fortissima e sarò sua amica per sempre.

Ma devo tenere il segreto, altrimenti mi squalifica. Per questo mi sto allenando a trattenere il respiro, per questo ho nascosto la cintura dell’accappatoio… fa parte degli attrezzi per giocare. E se rinuncio adesso, sarò una fallita… mamma, se tu mi lasci sola…” Chi segna il limite, chi stabilisce quale sia il confine oltre il quale non è lecito andare, dove è la linea che segna il troppo e il troppo poco? Molti dei  nostri figli, dei nostri  nipoti, non sono mai stati così soli.

Pur nella moltitudine di contatti, di visualizzazioni, di chat, sono soli. E c’è una differenza tra la capacità di stare da soli in termini di autonomia e indipendenza e la solitudine vissuta come precipizio angosciante che ci inghiotte se non ci aggrappiamo a qualcosa per rallentare o, meglio, evitare la caduta. E questo “qualcosa” a cui i nostri ragazzi si aggrappano, somiglia sempre più spesso al Lucignolo che attrae Pinocchio nel paese dei balocchi, per ucciderne l’infanzia, i sogni, la meraviglia e, purtroppo, anche talvolta per spegnerne la vita.

Dare ai ragazzi gli strumenti per attraversarla la vita, non significa vivere al posto loro, ma attrezzarli a riconoscere pericoli e potenzialità, fissando nel cielo la stella polare che consente di non smarrirsi neanche nelle peggiori tempeste. Se io affido ad un bambino un fucile carico, di proiettili veri, posso limitarmi a raccomandargli “ stai attento che puoi farti male?”. Posso forse stupirmi se poi spara e nel farlo colpisce qualcuno, qualcosa o anche se stesso? Li abbiamo tenuti i nostri figli, reggendoli sul sellino della bici, quando abbiamo tolto le rotelle perché capissero come fare e perché in quella, che sembrava impresa impossibile, si sentissero rassicurati dalla nostra presenza.

E li abbiamo seguiti con le braccia larghe intorno, quando hanno cominciato a fare i primi passi e c’eravamo quando, cadendo, non avevano il coraggio di riprovarci e li abbiamo di nuovo sostenuti, e siamo stati notte intere a tener loro la manina quando la notte il buio faceva paura. Perché allora, quando  li lasciamo andare nel mondo virtuale (che quasi mai è virtuoso  e poco ha a che fare con le virtù) li lasciamo  da soli, astenendoci  dall’assunzione della responsabilità di esserci, di farci interpreti di linguaggi seduttivi  e manipolativi, di accompagnarli tollerando la frustrazione del rifiuto, dell’attacco, della ribellione? Non indugeremmo a strappare via con forza i nostri figli se li vedessimo mangiare il veleno per i topi o se li scoprissimo a giocare con i fili scoperti della corrente elettrica o con un fiammifero acceso accanto ad una tanica di benzina, eppure, li lasciamo soli in un mondo che , per quanto utile e meraviglioso, nasconde mille insidie e infinite trappole.

Raccolgo in questo periodo, molte storie di solitudine di bambini e adolescenti. Per entrare nel loro mondo chiuso, per farmi accettare nel loro silenzio, devo bussare alla porta della loro fiducia, e aspettare, spesso a lungo, spesso invano, che  aprano la porta che hanno serrato dall’interno mostrandomi le loro paure, le loro ferite che spesso sono  tagli visibili sulle braccia e sulle gambe, le loro fragili e ostinate idee confuse. E a volte, per scoprire  dove nasce il fiume delle loro paure, devo mettere le mani  nella melma dei finti amici, delle bugie, delle assenze perenni e delle finte presenze: e me le sporco le mani e mi indigno a scoprire fin dove possa spingersi la cattiveria degli uomini che costruiscono ingranaggi perfetti per incastrare ragazzi e far recitare loro la tragica parte vera della vittima e dell’aguzzino.

E a volte riesco a tirarli fuori, ed è più facile quando a provarci siamo in tanti : per primi i genitori, poi la scuola, gli amici veri, le passioni belle, i sogni. Con le mani sporche ma con il cuore pulito. “Se mi lasci sola, a chi racconto dei miei sogni? Chi mi può insegnare a sognare?” Dovremmo ricordarci dei nostri sogni e lasciarli ancora volare, senza permettere a nessuno di abbatterli.  I ragazzi, le persone, che non sognano, non abitano la casa del futuro. E “insieme” è una parola bellissima.

La rubrica “Le ultime della sera” è a cura della Redazione Amici di Penna. Per contatti, suggerimenti, articoli e altro scrivete a: amicidipenna2020@gmail.com

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