Ultime della sera: “Icone”

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
04 Novembre 2020 18:16
Ultime della sera: “Icone”

Di Gigi Proietti ho un ricordo personale. No, non di uno spettacolo. Magari. Non ho mai avuto l’opportunità di vederlo a teatro, e, fino a ieri, confesso, ignoravo pure che il Globe theatre, la cui fedele ricostruzione tanto m’impressionò a Londra, esiste, in replica, tale e quale, pure a villa Borghese in Roma, proprio grazie ad una sua iniziativa. Grande cultore di Shakespeare, le cui opere portò tante volte sul palcoscenico, Proietti era naturalmente consapevole dell’importanza di riproporre l’opera del Bardo su modeste impalcature, come quelle del XVII secolo, anguste e scomodissime, ma in cui gli attori si trovavano praticamente immersi nel pubblico.

Ma Gigi Proietti, si sa, era anche attore brillante, ed autore di spettacoli replicati per anni, e sì, fece anche televisione, non molta mi pare, comparendo pure in serie popolarissime, ma da me parecchio trascurate, oltre che cinema, naturalmente, anche se dei suoi film oggi ricordo solo ‘Febbre da cavallo”, un ‘B movie’  anni ’70, sulle vicende di una combriccola di indimenticabili personaggi dediti all’ippica, che divenne un cult del cinema italiano, con un seguito ed addirittura un suo fan club, cui mi guardo bene dall’appartenere.

Insomma, di Gigi Proietti so, colpevolmente, poco. Ma ho sempre avuto la netta sensazione che fosse uno degli attori più sottovalutati sulla scena italiana, nonostante il suo talento, la sua incredibile versatilità unite ad una amabilità che non era assolutamente di facciata, ma autentica, come, dicevo, ebbi modo di constatare di persona qualche anno fa, essendo  di passaggio in Roma in gita familiare, ed alla spasmodica ricerca di un locale dove si potesse mangiare ed, al contempo, guardare la partita.

Una cosa semplice, insomma. Lo trovai tra Prati ed il Vaticano, una zona piuttosto anonima; sedemmo al nostro tavolo, accanto ad un altro, molto più grande, già apparecchiato per una tavolata. Cui s’accomodò, pochi minuti dopo, Gigi Proietti a capo di un allegra brigata, comprendente, ricordo, anche Marco Mazzocchi. Ci venne naturale salutare e loro risposero con simpatia; una star dello spettacolo nazionale che passava il sabato sera in trattoria con gli amici, come una persona qualunque.

Ci ripenso ogni volta che sento parlare di privè, dove, mi dicono, gente passata mezza volta in TV si va a rifugiare di corsa quando mette il naso fuori di casa, per non parlare di certi politici del rinnovamento che pretesero di avere un ristorante tutto per sé, dimenticando di avvisare prima l’oste che aveva già accolto altri clienti. Che se ne andarono. Non per timore o soggezione dei politici, naturalmente, ma solo in segno di amicizia verso l’oste, che, altrimenti, avrebbe perso una clientela più numerosa e remunerativa.

Di Sean Connery, invece, che, naturalmente, non ho mai incontrato, ho visto quasi tutti i film; l’ultimo solo l’altra sera: “L’uomo che volle farsi re”, in coppia con il suo grande amico Michael Caine, suo quasi coetaneo, ma ancora lucidissimo, diversamente da come pare fosse Connery ultimamente. I miei ricordi d’infanzia più lontani e più netti risalgono alle domeniche pomeriggio dei primi anni ’60, quando i miei genitori, sicuramente perché appassionati anche loro, mi portavano sempre a vedere l’ultimo 007: a partire da Agente 007 licenza di uccidere, e poi “Si vive solo 2 volte”, “Goldfinger” e gli altri; un bambino, naturalmente, di quei film apprezzava soprattutto, le improbabili diavolerie tecnico-fantascientifiche, quasi tutti concentrate sull’auto di 007, la magnifica Aston Martin ( ancora circolante negli anni 2000!), che finiva regolarmente distrutta tra le  maledizioni di Q, il funzionario del MI6 che la preparava.

Portamento, eleganza, humour inglese, understatement li avrei apprezzati più avanti, a forza di repliche; ero diventato anch’io un cultore di James Bond, reagendo immediatamente ad ogni cambio di interprete; sì perché, come tutti sappiamo, Connery si stufò del personaggio, per timore di rimanervi incastrato. Ma non tutti potevano fare 007. George Lazenby per esempio, non fu credibile al servizio di sua Maestà britannica, Roger Moore invece sì;  Timothy Dalton no. Pierce Brosnan  sì.

Con mia grande soddisfazione, quelli che approvavo girarono altri film della serie mentre gli altri si fermarono ad un solo episodio. Ma il vero shock fu con Daniel Craig: biondo, ruvido, di pochissime parole.. l’esatto contrario di 007 per come plasmato, nel nostro immaginario collettivo, da Sean Connery. Lo shock consiste nel fatto che a me Craig piace moltissimo nel personaggio, e difatti anche lui continua ad interpretare 007: l’ultimo episodio, imperdibile, anche perché numerose delle scene sono state girate in Italia, in particolare a Matera, uscirà a fine emergenza Covid.

Ma non si parlava di Sean Connery, appena scomparso, direte voi? Che c’entra lodare il suo opposto Craig? C’entra eccome, invece, perché, essendo un amante del realismo, sia al cinema che in narrativa, mi sono reso conto che nessuno meglio di Craig può rendere meglio una carogna come un agente segreto deve giocoforza essere. Eppure il mito nacque grazie a Sean Connery, la cui grandezza consiste proprio nell’aver saputo rendere una tale tipologia di essere umani, raramente coccolati dagli autori (Camilleri, per esempio, li descrive come feccia umana) affascinante, godibile, esemplare.

In una parola mitica. Oggi lo diamo per scontato, ma solo Connery poteva rendere perfettamente un personaggio che il suo creatore, Ian Fleming, con trascorsi da vero agente segreto in guerra, proveniente dalla Royal Navy, aveva immaginato come una via di mezzo tra un ufficiale di marina, e difatti Bond a volte veste la divisa, sfoggiando i galloni da Capitano di corvetta, ed un biscazziere (ma rigorosamente in smoking), dedito al gioco d’azzardo nelle pause tra un azione ed un omicidio ‘su licenza’.

Intuito questo, non v’era dubbio alcuno che la successiva carriera cinematografica di Connery, ormai affrancata da 007, sarebbe stata fenomenale, per quanto forse lui il top lo raggiunse ancora in divisa blu, stavolta quella del comandante Ramius, russo,” anzi lituano” , distinzione che sarà la chiave per risolvere l’intreccio di “Caccia ad ottobre rosso”. Sembra ieri, sì, ma sono già più di 30 anni che la Lituania è indipendente ed a nessuno viene più in mente di fuggire dall’Unione sovietica Tra i miei preferiti, forse un po’ dimenticati, anche: “Il vento ed il Leone”, dove interpreta un principe berbero, e “Robin e Marian” del 1976, quando ancora Connery si alternava con Bond, in cui impersona un anziano Robin Hood, in coppia, addirittura, con Audrey Hepburn, che troppo presto lo ha anticipato nell’immortalità… però, che film giravano negli anni ’70! Quasi superfluo accennare al ‘Nome della Rosa” (lo faccio solo altrimenti mi sbranate) ed agli “Intoccabili”, l’unico che gli valse l’Oscar, nonostante un regista come Brian De Palma.

Ma l’altro ieri ci ha lasciato pure un’altra icona del nostro tempo. Qui, però, l’evento è un po' più complicato, perché se il nome della signora Luisa Mandelli, morta di Covid a Milano, forse non dirà molto ai più, il suo alter ego iconico, Valentina Rosselli, si congelò, nella sua eterna giovinezza di personaggio di fantasia, già una ventina anni fa, alla scomparsa, nel 2003, di Guido Crepax, il disegnatore che la concepì, ispirandosi alla moglie, Luisa Mandelli, ed attribuendogli la stessa data di nascita, 25 dicembre 1942 che, negli anni ’70, quando il personaggio irruppe sulla scena del fumetto di qualità italiano, ne facevano una stupenda trentenne, longilinea, cerebrale, elegantissima quando vestita (raramente, in verità) e straordinariamente sexy.

Valentina, il più conturbante personaggio femminile mai disegnato in Italia, più, a mio avviso, di una qualunque ragazzina di Milo Manara (che, certamente, si fanno guardare!) era fisicamente identica alla signora Mandelli, a cominciare dal famosissimo caschetto nero dei suoi capelli, tagliati corti. Le sue storie, complesse ed a volte surreali, avevano spesso una connotazione onirica. Ho appreso oggi che si trattava, spesso, proprio dei sogni, credo anche gli incubi, della signora Mandelli, cui Crepax attingeva a mani basse, reinterpretando, a suo modo, una donna che, nella vita reale, era, comunque molto riservata; e che aveva la dote, rara, di riuscire a ricordare i sogni: non so voi, ma a me svaniscono dalla mente entro 5 minuti dal risveglio! Mi piace pensare che, in mancanza di un solidissimo rapporto di coppia, il personaggio di Valentina non sarebbe mai nato e che il signor Crepax e la signora Mandelli abbiano vissuto una vita piena e felice, blindata da una grande complicità.

Come felice, riferisce la moglie Micheline Roquebrune, è stata la morte di Sean Connery, e, quanto meno rapida, spero poco dolorosa, e sicuramente teatrale, essendo avvenuta proprio nel giorno del suo compleanno, che poi è proprio il giorno dei morti, è stata la dipartita di Gigi Proietti. Che la terra sia lieve a tutti loro. Danilo MARINO

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