Ultime della sera: “Colpa di Amleto”

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
02 Luglio 2020 18:29
Ultime della sera: “Colpa di Amleto”

“Rosencrantz e Guildestern” sono morti è il titolo di fortunata commedia dell’assurdo da cui, nel 1990, fu tratto un film molto apprezzato dalla critica e premiato a Venezia con il Leone d’Oro. Come gli appassionati di Shakespeare ricorderanno, si tratti di 2 personaggi secondari dell’Amleto, che, nonostante conoscano da ragazzi il principe di Danimarca, si presteranno al disegno del Re Claudio, zio di Amleto, l’usurpatore del regno, avendone ucciso il padre Hamlet, legittimo monarca, togliendogli, oltre al trono, anche la moglie, regina Gertrude, madre di Amleto.

Il disegno cui mi riferisco sarà l’eliminazione di Amleto che, mercè lo spettro del padre, apparso sugli spalti del castello di Elsinore, scoprirà tutto e inizierà a covar vendetta; Amleto riuscirà a sviare le mosse dello zio riuscendo a far eliminare i due, per inconsapevole mano inglese, ma il tutto finirà, dopo una serie di intrighi e trabocchetti, comunque, in tragedia ( del resto di tragedia si tratta!) con, sintetizzo parecchio, una carneficina generale, cui sopravviverà solo Orazio, fedele soldato di Amleto, salvato dalla trama solo perché designato a raccontare tutta la storia, ed il nipote del re di Norvegia, Fortebraccio, che, accampando diritti sul regno di Danimarca, e passandosi a trovare a passare di lì per caso, proprio a carneficina appena conclusa ( bella questa!!)  non troverà di meglio da fare, sia pure con dispiacere ( cui non crede manco lui ) che annettersi il regno di Danimarca, ormai vacante: il sipario si abbassa subito dopo gli onori che lui tributa ad Amleto ( tanto è morto e non può più ostacolarlo) ma subito prima che inizi a sfregarsi le mani soddisfatto.

Dite che come storia non sta in piedi (spettri?? Re inglesi mandanti di sicari? Pretendenti norvegesi di passaggio che, già che ci sono, si portano via un regno senza che nessuno dica bic?) Beh, non è con Shakespeare che dovete prendervela: lui si ispirò, pare ad una Historia Danica di un certo Saxo Grammaticus riportanti fatti, forse in parte veri risalenti al Medio Evo, da cui furono tratti, successivamente, diversi lavori, fino ad una “ Spanish tragedy”, più vicina a Shakespeare, ed ad un’opera francese cui, verosimilmente, il Bardo attinse.

Quindi copiò? Ma certo che copiò!! Forse esiste tragedia che non sia già stata scritta? Ma allora come mai, oggi ci ricordiamo tutti del suo, di lavoro, e come mai proprio la sua opera ha tanto influenzato la nostra cultura da far sì che si dedichino ulteriori lavori teatrali ed, in epoca moderna, film, non solo dedicati ai protagonisti delle opere, ma addirittura a personaggi marginali in una trama che, va da sé, a nessuno viene in mente di strapazzare così come ho osato far io sopra? “This the question!” Direbbe lui.

E già qui si apre una questione perché, secondo taluni, per ‘question’ s’intenderebbe domanda, per altri ( la maggioranza ) problema; ma io propendo per la minoranza, non fosse altro che per il significato letterale della parola. “Question” che, diversamente da quello che rimane inculcato nell’immaginario collettivo, non viene affatto dibattuta con un teschio in mano: al di là di ogni possibile rappresentazione o trasposizione, lo skull entrerà in ballo molto più tardi, e volgarmente maneggiato da un becchino a mò di palla, non solennemente contemplato dal protagonista in sua mano: e solo a quel punto Amleto si dilungherà in una profondissima riflessione sulla natura ed il destino degli umani; il monologo introdotto da ‘to be or non to be’ è solo un assaggio, che verte più sull’indecisione di risolversi ad una scelta giusta ed opportuna comportante, però, conseguenze letali.

Ma non prevede un teschio in scena che, piace ricordarlo, ha comunque un nome, quello di Yorik, giullare di corte, cui Amleto, da bambino, era affezionatissimo; e da cui tutta una serie di toccanti considerazioni sul senso della vita. Se in questo interrogarsi consiste, per pressoché unanime giudizio, la grandezza dell’Amleto, visto come il campione dell’uomo moderno, che mai si contenta delle risposte, per quante man mano riesca ad ottenerne, secondo lo spirito del tempo, che non è quello, medioevale, in cui si ambienta la tragedia, bensì quello dell’età vittoriana, coeva del nostro Rinascimento, pure io, da un punto di vista teatrale, trovo godibili, molto più dei monologhi ( e quello magistrale di Marco Antonio è nel Giulio Cesare appena precedente ) certi dialoghi in cui i personaggi, per spirito di polemica, o per desiderio di rafforzare un’intesa, parlano rimbalzandosi le stesse parole dell’altro: Così in Amleto la madre Gertrude, che ha sposato Claudio, fratello del padre di Amleto subito dopo la sua morte, e che lei considera un secondo padre per lui, lo rimprovera dicendo “Amleto, tu ha molto offeso tuo padre!” Al che Amleto che ha appreso che è stato proprio Claudio ad uccidergli il padre: “Madre, voi avete molto offeso mio padre!” mentre in Giulietta e Romeo quest’ultimo, ormai disperato, ed alla ricerca di un veleno proibito per suicidarsi, convince con una grossa somma uno speziale male in arnese, titubante a venderglielo, che cede dicendo: “La mia povertà, non la mia volontà acconsente” e Romeo, di rimando: “La tua povertà, non la tua volontà io pago”.

I ritmi di un’opera shakespeariana sono, ancor oggi, coinvolgenti, moderni, direi cinematografici, purché, si capisce, non si tratti di cinema francese o slavo! Ho avuto modo di assistere al Globe di Londra, un teatro ricostruito sulla riva sud del Tamigi, esattamente come quello fondato dalla Compagnia del Lord ciambellano, ad un “Enrico IV” ( ma c’è anche un V, un VI ed un VIII ) messo in scena da una compagnia serba nella loro lingua; gli spettatori potevano seguire le battute, in inglese, su appositi display montati in alto ma, in ogni caso, la resa scenica era immediata ed il pubblico partecipe quasi come quello che si vede in “Shakespeare in love”, il delizioso film del 1998 con Joseph Fiennes e Gwyneth Paltrow ( e tanti altri )  che vale tutti i 7 Oscar vinti; se passate da Londra, non fatevi sfuggire l’occasione: il Globe sta proprio di fianco la new Tate Gallery, allo sbocco del ponte pedonale.

Cos’altro c’è nell’Amleto? Beh, nell’ordine, c’è del marcio in Danimarca, ci sono molte più cose in cielo ed in terra che nella filosofia di Orazio, e c’è del metodo nella pazzia di Amleto, ovviamente simulata. Ma ci sono anche cose che non ti aspetti, come le ‘parole, parole, parole’ che, solo secoli dopo, Mina rinfaccerà ad Alberto Lupo, mentre qui è Amleto a rispondere “words, words, words!” a Polonio, il disprezzato consigliere del Re, ma padre della sua amata Ofelia.

( Per amare Ofelia..che mi ricorda??..ah già..Renato Pozzetto, lasciamo stare!) Ma dato che ci siamo già abbassati dalla letteratura ai consigli per i gitanti, se passate dalle parti dello Oresund, lo stretto che separa Svezia e Danimarca, fatelo un salto al castello di Kronborg, ad Helsingor, ove Shakespeare ambienta la vicenda che, peraltro, se realmente accaduta, sarà accaduta altrove, dato che il maniero risale al ‘400, 2 secoli dopo la Historia Danica Niente di spettrale, mica è un castello scozzese: sorge su una spiaggia bassa, così come basso è tutto ciò che si trova intorno, sull’isola danese di Sjaelland, come la casa, non molto distante, di Karen Blixen, quella de “La mia ( la sua ) Africa”, che ti inseriscono in accoppiata con il castello nei tour turistici perché in Danimarca non è che ci sia poi così tanto da vedere.

A parte, si capisce, la “splendida, splendida Copenaghen”! Danilo Marino

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