Basta farsi un giro in questi giorni nel porto peschereccio di Mazara del Vallo, chiamato dai mazaresi “porto nuovo” (per distinguerlo dal vecchio porto sulla sponda est del fiume Mazaro) per respirare un’aria strana, quasi di sospensione, per certi versi anche pesante; ben altra cosa a quanto avveniva anche dieci anni fa. Fra le banchine semivuote emergono alcuni pescherecci abbandonati, in grande stato di abbandono, semi-affondati. Incontri qualcuno che accenna appena un saluto, poca voglia di parlare, si avverte una sorta di "apatia"; anche chi vorrebbe dire alcune cose sembra stanco, come se avesse ripetuto al vento le stesse parole senza ricevere risposta.
Qua e la lungo le banchine vi sono ormeggiati circa una decina di pescherecci, chissà costi troppo alti per tornare nuovamente in mare prima della pausa di agosto? Si, perché la marineria di Mazara del Vallo -la cui flotta in poco meno di vent’anni anni si è ridotta passando dai circa 300 pescherecci all’attuale settantina- è stanca e questo senso di frustrazione ci viene rappresentato da alcuni armatori, ormai pochissimi, che si incontrano nello stesso porto. “Non ce la facciamo più.
Da una parte le rigorose normative Ue che penalizzano fortemente la pesca a strascico nel Mediterraneo, e dall’altra gli altissimi costi per l’armamento delle barche; e come se non bastasse anche la spietata concorrenza della flotta tunisina”. Santino Adamo, armatore mazarese e rappresentante di Federpesca, è più esplicito e illustra la situazione: “Una quarantina di barche da metà maggio fino ad oggi sono state impegnate nel trainare gabbie di tonni per conto di società maltesi che pagano circa 1800 euro, al netto del gasolio; diversi armatori hanno considerato tale impiego più remunerativo che andare a pescare.
Purtroppo oggi –aggiunge damo- dobbiamo pure far fronte alla massiccia presenza delle flotte tunisine nelle nostre storiche zone di pesca; loro costruiscono sempre più pescherecci, mentre l’Europa impone alle flotte comunitarie di ridurre lo sforzo di pesca in nome di presunta sostenibilità ambientale. Loro pescano senza controlli e con costi, a partire dal gasolio, più bassi dei nostri, e tutto ciò si riflette negativamente sul mercato del pesce”.
Altra questione preoccupante evidenziata da Adamo riguarda la scarsità di manodopera che si accompagna al più volte citato mancato ricambio generazionale del settore: “Vi è sempre più difficoltà –sottolinea- a trovare personale disposto ad imbarcarsi, per non parlare dell’eccessive pratiche burocratiche per armare un peschereccio che scoraggiano anche i più giovani, magari anche laureati, ad investire nel settore”.
In attesa che la Regione Siciliana vari il calendario del fermo tecnico (un mese nel periodo che va dal 1 agosto a dicembre), il resto della flotta mazarese sta ultimando la campagna di pesca del gambero rosso nelle zone di ponente del Canale di Sicilia e in quelle di levante, fino alla Grecia; gli areali internazionali davanti alla Libia risultano ancora vietati. Nell’estate del 2022 un cartone (12kg) del rinomato gambero rosso di prima pezzatura arrivò ad essere venduto fino ad 900 euro, oggi il prezzo del gambero rosso si è molto ribassato: un cartone viene infatti venduto a circa 650 euro, un chilo di gambero di prima costa circa 54 euro.
Alcuni armatori ormai sfiduciati circa le prospettive future del settore sono in attesa di una nuova finestra per la demolizione dei pescherecci più obsoleti; a tal fine dovrebbero esser stanziati circa 70 milioni di euro finanziati dal Masaf attraverso il Fondo Europeo Affari Marittimi Pesca e Acquacoltura. (in copertina: foto da noi scattata qualche giorno fa nel porto peschereccio di Mazara del Vallo)
Francesco Mezzapelle