L'entusiasmo generato dalla recente conferenza stampa di Ryanair e Airgest, che ha annunciato l'apertura di una nuova base a Trapani-Birgi, con 23 rotte totali (di cui 11 nuove) e un accordo triennale, si scontra frontalmente con il progetto, di recente conferma, di trasformare lo scalo in un polo internazionale di addestramento per i piloti dei caccia F-35. Il massiccio rilancio della vocazione civile e turistica dell'Aeroporto Vincenzo Florio, con l'obiettivo di superare il milione di passeggeri annui, rende ancora più stringente il dilemma della coesistenza con l'attività militare potenziata.
La prospettiva di Birgi come "base gemella" della Luke Air Force Base in Arizona, per l'addestramento globale sui velivoli F-35, solleva profonde preoccupazioni riguardo la compatibilità con il traffico aereo civile, per diverse ragioni come la priorità operativa militare: la funzione primaria di un polo di addestramento strategico per un velivolo di punta come l'F-35 è la difesa e la sicurezza. In caso di necessità militari, tensioni internazionali o esercitazioni complesse, l'attività civile sarà inevitabilmente subordinata, o addirittura sospesa, per garantire la piena operatività della base. I precedenti, come la chiusura dello scalo ai voli civili durante le operazioni in Libia nel 2011, sono un monito chiaro, il turismo e l'economia locale sono a rischio di blocco improvviso.
Sull’impatto logistico sull'aeroporto, il progetto F-35 prevede investimenti e lavori infrastrutturali (ammodernamento della pista, ampliamento degli hangar, installazione di simulatori) che, sebbene possano teoricamente portare a un miglioramento complessivo, richiedono tempi di esecuzione che potrebbero tradursi in chiusure prolungate dello scalo, anche se "solo in bassa stagione" come ipotizzato da Airgest. Tali interruzioni rappresentano un forte elemento di incertezza per una compagnia che, come Ryanair, basa il suo modello sulla massimizzazione dell'efficienza e della frequenza dei voli.
Le operazioni di addestramento dei caccia di quinta generazione, che comportano manovre complesse e frequenti decolli/atterraggi, possono imporre restrizioni più severe o modifiche negli spazi aerei che condizionano la fluidità del traffico civile. Inoltre, il rumore generato da questi velivoli, molto più intenso rispetto agli aerei di linea, è un fattore di disturbo significativo per le comunità locali e per l'attrattiva turistica del territorio circostante.
Trasformare un polo turistico di rilievo (volano per la Sicilia occidentale) in un "avamposto bellico" o una "portaerei nel cuore del Mediterraneo" (come espresso da esponenti politici locali) rischia di compromettere l'immagine del territorio come destinazione di pace e sviluppo culturale. Questo contrasta con l'impegno di promozione e destagionalizzazione che l'accordo Ryanair-Airgest mira a rafforzare.
Il nodo resta dunque politico e strategico: da un lato, l'enorme potenziale di sviluppo turistico ed economico garantito dalle 23 rotte Ryanair; dall'altro, la destinazione a ruolo di rilevanza NATO con investimenti militari significativi. La convivenza appare come un equilibrio precario, in cui il potenziamento militare è visto da molti attori locali come un rischio reale di sacrificare la vocazione civile e turistica a favore delle strategie internazionali di difesa.