Mare Nostrum è anche, forse soprattutto, “una grande esperienza di umanità'', perché “si tocca con mano la disperazione di migliaia di persone e si stende una mano. Si vedono donne incinte che affrontano il viaggio, persone paraplegiche che hanno avuto il coraggio di traversare il mare in condizioni meteo proibitive. Spesso vengono abbandonate al loro destino dai trafficanti di esseri umani. Molti altri, troppi, sono bambini o persone con gravi problemi di salute. Gli scafisti li chiamano “carne morta”: Sono i primi a essere gettati in mare ma sono i primi che noi salviamo”'.
Ma oltre la disperazione e l’orrore c’è altro. L’uomo che ha visto tante tragedie, è un pescatore in attività. Non vuole essere chiamato marittimo. “Io sono pescatore, mi piace essere chiamato così”. Poi va sul concreto, sulla vita vissuta in mare e spiega: “Quando soccorriamo i migranti per riportarli in porto, per espletare tutte le pratiche burocratiche noi rimaniamo fermi mediamente tre giorni. Noi non abbiamo mai abbandonato un uomo in mare ma adesso, considerando il crescente numero di soccorsi, vogliamo essere almeno risarciti”.
Ecco quanto chiedono gli armatori e pescatori mazaresi che in questi anni, fin dallo scoppio della crisi umanitaria, nel 2007-2008, hanno continuano a salvare centinaia di vite umane in mare durante le battute di pesca nelle acque internazionali antistanti le coste libiche, quelle dove storicamente si pesca il gambero rosso che si trova in quei profondi fondali sabbiosi. Quasi quotidianamente dalle cabine di comando dei loro pescherecci segnalano alle forze di polizia e alla Capitaneria di porto la presenza di barconi che traghettano i migranti: forniscono coordinate e dati sulle dimensioni delle imbarcazioni o gommoni ed il numero approssimativo dei migranti a bordo ma spesso hanno operato (sia a seguito di un avvistamento che su richiesta delle Autorità Marittime) direttamente dei salvataggi di migranti.
Numerosi i racconti di capitani ed armatori dei pescherecci mazaresi che in questi anni hanno salvato centinaia di migranti dalla sicura morte in mare; spesso, anche di recente, si è trattato di maxi operazioni condotte con mare molto mosso. Siamo seduti al bar Diadema di piazza Regina, il punto di incontro della marineria e l’argomento “risarcimenti” viene subito a galla. “I pescherecci – dicono - interrompono la loro attività di pesca che è gravata da numerosi costi, primo fra tutti il carburante.
Mediamente – dicono - in un giorno di lavoro un peschereccio adibito alla pesca mediterranea (oltre le acque territoriali) consuma circa 1.500 euro di gasolio ma poi vi sono i costi derivanti dall’interruzione dell’attività di pesca o di navigazione verso le zone di pesca, senza contare che spesso l’avvistamento di barconi o gommoni avviene in acque molto agitate ed in condizioni meteomarine proibitive. Ciò nonostante, i motopesca si avvicinano a quelle imbarcazioni con il rischio di imbarcare tanta acqua fino a colare a picco, si accostano, aprono il portellone e li fanno salire.
Un vero marinaio non si volta dall’altra parte se qualcuno rischia di morire in mare: questa è la legge –non scritta- del mare. Cerchiamo sempre di imbarcare tutti i migranti possibili”. Successivamente i migranti vengono portati in un porto oppure trasbordati a bordo delle navi militari. Insomma un’attività che spesso si traduce nell’interruzione del loro lavoro fino a tre giorni. Successivamente gli stessi pescatori devono ripulire la loro imbarcazione e pagarsi anche le spese mediche per i controlli sanitari considerati i rischi di contrarre malattie.
“A noi non interessa– dicono - targhe o medaglie d’oro al valore civile che ci sono state anche consegnate, noi vorremmo che in questo momento non particolarmente florido per il settore della pesca, il Governo tenesse in considerazione i sacrifici dei pescatori di Mazara del Vallo. Noi, come in passato, continueremo a dare la nostra disponibilità allo Stato Italiano per il soccorso e la segnalazione dei barconi carichi di migranti ma quando facciamo i salvataggi e siamo costretti ad interrompere il nostro lavoro vorremmo essere risarciti”.
Ancora una volta i pescherecci di Mazara del Vallo danno grande prova di umanità e coraggio. Ora però bisogna trovare delle misure per dare il giusto riconoscimento ed aiuti concreti ai pescatori protagonisti di numerosi salvataggi di migranti nelle stesse acque internazionali dove i pescherecci siciliani rischiano quotidianamente di essere colpiti come è successo recentemente con i 18 marittimi tenuti in prigione in Libia, a Bengasi, per 108 giorni.
I pescatori di Mazara rappresentano ormai il “pronto soccorso” per i migranti che cercano di solcare il Mediterraneo. Costituiscono una sorta di scialuppa di salvataggio per le migliaia di disperati che cercano quotidianamente, partendo dalle coste libiche a bordo di gommoni o barconi fatiscenti (spesso gli scafisti e trafficanti non forniscono loro né acqua né cibo per affrontare la traversata) di raggiungere le coste siciliane.Nel 2008 pescherecci ed equipaggi hanno avuto assegnato il Premio “Per Mare” per il coraggio di chi salva vite umane', assegnato a chi, spesso a rischio della propria vita, sceglie di soccorrere i migranti vittime di naufragi, un Premio che nasce dalla collaborazione tra l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) ed il Comando Generale del Corpo delle Capitanerie di Porto – Guardia Costiera.
Ad essere premiato è stato il motopeschereccio ‘Ariete’, del compartimento marittimo di Mazara. La notte del 28 novembre 2017 il capitano, Gaspare Marrone, e l’equipaggio dell’ Ariete salvano 54 migranti, tra cui una bimba di pochi mesi e nove donne, su un gommone che imbarcava acqua a circa 30 miglia da Lampedusa. Il secondo premio ex aequo è assegnato all’equipaggio del motopesca ‘Monastir'. Il 18 luglio 2007 il capitano, Nicolò Asaro, e l’equipaggio del ‘Monastir’ salvano 14 persone a 187 miglia da Lampedusa.
L’altro premio che consiste in una somma di 5mila euro ed in una targa commemorativa, viene conferito alla ‘Ofelia I’, il cui equipaggio ha effettuato due salvataggi il 24 settembre del 2007 di 47 persone e, un mese prima, di un migrante mauritano rimasto aggrappato ad una tavola per dodici ore, unico sopravvissuto ad un naufragio.
Ed infine i pescatori di Mazara hanno ricevuto anche il “Premio Cittadino Europeo 2017” per avere salvato la vita ai migranti; il Premio del “Cittadino Europeo” è assegnato dal 2008 dal Parlamento Europeo ai cittadini che con le loro attività si sono distinti per rafforzare l’integrazione europea e il dialogo tra i popoli, incarnando i valori fondanti dell’Unione Europea. La cerimonia (vedi foto di copertina) si svolse nella sala congressi di Villa Salviati a Firenze, dimora storica e oggi sede dell’European University Institut. Ad accompagnare la delegazione prima a Firenze e poi a Bruxelles fu Giovanni Tumbiolo presidente del Distretto della Pesca e Crescita Blu. La candidatura dei pescatori mazaresi era stata proposta dall’eurodeputata Michela Giuffrida; proposta sostenuta anche dall’eurodeputata Cècile Kienge. Ora però i pescatori chiedono atti concreti per essere risarciti.
Salvatore Giacalone