“Una punta di Sal”. Momenti decisivi. Forse.

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
01 Novembre 2020 08:11
“Una punta di Sal”. Momenti decisivi. Forse.

In fondo al tunnel ci sarà il buio o la luce? Si spera ardentemente la luce, specialmente ora che il governo italiano ha deciso di fare atterrare in Cirenaica (a Bengasi o in altro aeroporto magari militare) il trireattore con autonomia intercontinentale Falcon 900EX, uno dei velivoli utilizzati dal 31° Stormo di Roma Ciampino  per il trasporto di Stato e voli sanitari. L'allestimento interno standard per l'Aeronautica Militare consente il trasporto di dodici passeggeri. Quanti diplomatici italiani erano su quell’aereo? Ed è ritornato in serata o i suoi passeggeri si sono fermati qualche giorno? Non lo sappiamo.

C’è la certezza però che l’aereo è atterrato perchè non dobbiamo dimenticare che nello scorso mese di giugno un aereo militare italiano, un Hercules C130 proveniente da Pisa con 40 militari a bordo, chiamati a svolgere operazioni di supporto in loco, è atterrato a Misurata (altra città “repubblicana”) ma ad alcuni militari del Celio e della Brigata Julia è stata negata l’autorizzazione allo sbarco da parte delle autorità libiche perchè mancava sul loro passaporto il visto d’ingresso.

Un caso di “respingimento” senza scrupoli, ridicolo e al tempo stesso umiliante per loro e per l’Italia. Rimandati a casa dopo poche ore, con lo stesso aereo, nuovamente verso Pisa. Ciò dimostra che a livello internazionale il nostro Paese non conta più nulla. Proviamo ad immaginare cosa sarebbe accaduto se un “incidente” di questo tipo avesse coinvolto i Marines Americani giunti in un qualsiasi Paese amico. Mentre infatti in Italia arrivano dalle stesse coste a ritmo sempre più serrato migliaia di clandestini, dalla Libia ci impongono di ritornare da dove siamo venuti.

E’ vergognoso che in ambito internazionale non ci sia più dovuto il rispetto. Come il processo ai nostri 18 pescatori. Qualcuno lo ha definito il processo fantasma. Annunciato da agenzie di stampa e giornali, smentito dal Ministero degli Esteri italiano. È diventato l'ennesima incertezza che incombe sulla sorte dei 18 pescatori (8 italiani, 6 tunisini, 2 senegalesi e 2 indonesiani) sequestrati lo scorso primo settembre. Il Falcon 900 pieno di uomini che conoscono le strategie (almeno si spera) dovrebbero documentarci anche su questo processo, quando si farà e quali sono i capi di accusa.

Non è una trattativa facile perché allo “sgarbo” che ha fatto il nostro ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, di  essere andato a Tripoli e non essersi fermato anche a Bengasi, né avere preso in considerazione il messaggio di Haftar di fare ritornare in Libia i quattro “calciatori” che devono scontare 20 e 30 anni carcere in seguito ad una condanna del Tribunale di Catania, bisogna aggiungere anche quello che è accaduto l’8 maggio scorso con alcuni  razzi che sono atterrati a Tripoli sul lungomare, vicino alla residenza dell'ambasciatore d'Italia.

Per la prima volta Di Maio ha parlato di attacco delle “forze haftariane”, individuando con chiarezza la fonte dell'aggressione: nella zona ci sono anche l'Ambasciata di Turchia, il Ministero degli Esteri libico (inagibile dopo un attentato) e la Corte suprema. Secondo fonti della Farnesina “l'attacco era diretto contro le due ambasciate, un messaggio abbastanza chiaro a noi e alla Turchia”. Non ci sono ancora conferme dirette dal punto di vista balistico ma alcuni messaggi giunti dalla “corte” di Khalifa Haftar avrebbero confermato nuovi attacchi e accuse politiche all'Italia.

I razzi, veri e propri missili,  hanno fatto 5 vittime e alcuni feriti fra i civili libici; nessuno fra i diplomatici italiani o i funzionari delle varie agenzie è stato coinvolto. Si spera che la missione dei nostri emissari volati sul Falcon 900 in Cirenaica abbia risposte sulla sorte dei nostri 18 pescatori ma si aspettava che su quell’areo ci fosse anche il nostro ministro degli Esteri Luigi Di Maio che, invece, ha forse sbagliato aereo e anziché dirigersi verso Bengasi è andato in Palestina a parlare dei problemi politici e religiosi in quei territori e ad inginocchiarsi davanti il muro del pianto.

Però i nostri 18 pescatori sono sempre in carcere a Bengasi, che non è un salotto, anche se fonti attendibili continuano a ribadire che stanno bene e a coloro che hanno  bisogno di cure e medicine, non mancano né il medico, né i farmaci. Ma quando finirà questa storia?. Salvatore Giacalone    

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