Disinformati, distaccati e lontani. Il rapporto tra il mondo giovanile e la politica è principalmente fatto di disinteresse e sfiducia, al punto che oggi è sempre più difficile parlare di politica coi ragazzi e scardinare la convinzione che “i politici pensano solo ai loro interessi o che la politica sia una cosa lontana dalla quotidianità delle persone normali”. Nella maggior parte dei casi, a mancare nei ragazzi sono la fiducia e la speranza che qualcosa possa davvero cambiare: proprio per questa sfiducia generalizzata stiamo assistendo a un drastico calo della partecipazione dei ragazzi alla vita politica del Paese, un progressivo disinteresse.
Accanto a chi si dimostra interessato alle informazioni che arrivano dalla politica, c’è una buona parte di giovani che non si informa affatto, come se le decisioni prese nei palazzi del potere non li riguardassero. A cosa sono dovute tutta questa diffidenza e indifferenza? I giovani non hanno fiducia nella politica e nelle istituzioni perché negli ultimi anni la politica non ha dimostrato di avere a cuore i loro interessi, il loro futuro. Per i giovani l'informazione politica inizia e finisce sul web, che rappresenta un universo di potenzialità in parte ancora inutilizzate, ma che delineano le sfide future per la politica in Rete.
I giovani, amanti dei social, cercano spazi di discussione dove sentirsi protagonisti e parte di una tribù politica. Senza un coinvolgimento oggi dei giovani nella politica, non potranno formarsi i leader di domani. Nelle scorse amministrative di Mazara è stato interessante verificare quanti giovani sono stati inseriti nelle liste civiche o nei partiti e quindi impegnati nel dibattito politico- amministrativo. Pochissimi. Una trentina dai 18 ai 30 anni. Al giorno d’oggi i giovani sono sempre più disinteressati e lontani dalla politica.
Solo il 17% delle persone di età compresa tra i 14 e 29 anni se ne interessa regolarmente (Osservatorio Censis). Infatti, i giovani sono sempre meno disposti a concedere fiducia a istituzioni e partiti politici, perché ritengono che la stessa politica sia dedita più all’aumento e alla conservazione di potere e privilegi che alla soluzione degli effettivi problemi del Paese. Per questa ragione, ormai da tempo la gioventù è lontana dalla partecipazione attiva alla politica (elezioni e partecipazione nei partiti), ma recentemente appare anche sempre più scettica nei confronti dell’attivismo spontaneo (proteste, comitati, volontariato…).
Oggi più che mai, i giovani sono disillusi e rassegnati, e ritengono la politica un’entità estranea alla loro vita al punto da ignorarla completamente, tanto da non sapere neppure chi sia il Presidente della Repubblica, o almeno i principali esponenti politici del momento. Questo disagio è acuito dalla convinzione di vivere in un contesto sociale privo di opportunità per il proprio futuro, tanto che 6 studenti su 10 esprimono il desiderio di trasferirsi all’estero dopo il diploma, alla ricerca di occasioni lavorative gratificanti e condizioni di vita migliori; e il 17% ha già confermato la sua decisione, escludendo anche un possibile ritorno in patria (ricerca Sole24ore).Il danno è dunque doppio: il Paese investe per istruire i giovani, ma questi, emigrando, contribuiscono all’arricchimento di un altro Stato, e di conseguenza all’impoverimento del nostro.
La causa principale della cosiddetta “fuga di cervelli” è la carente meritocrazia in Italia, che blocca l’ascensore sociale e impedisce così a un giovane di aspirare a fare carriera in tempi ragionevoli, raggiungendo quindi i propri obiettivi, e giungendo a posizioni di comando. La sfiducia verso il futuro diventa sfiducia verso lo Stato e verso la sua politica. Il disinteressamento politico è anche dovuto alla crisi delle ideologie. Quando i partiti erano identitari e ideologici, le masse si riconoscevano nell’uno o nell’altro completamente e fedelmente, senza rimanere delusi e senza dover cambiare scelta a ogni elezione.
La situazione politica era quindi stabile, anche se sicuramente gli estremismi erano (e sono) tutt’altro che positivi. Al giorno d’oggi, invece, i partiti sono mutevoli e spesso si contraddicono, cambiando rappresentanti e posizioni con facilità, e a seconda delle convenienze elettorali discutono fra loro per la spartizione clientelare di cariche e poteri, allontanandosi sempre più dai bisogni effettivi e dalle realtà concrete del Paese. In conclusione, la politica dovrà trovare il modo di coinvolgere i suoi ragazzi, supportandoli e dando loro l’opportunità di realizzarsi, soprattutto per il loro futuro, ma anche per quello dell’Italia intera.
Dobbiamo registrare che un segnale di risveglio di un gruppo di giovani mazaresi si è registrato nel mese di settembre dello scorso anno. Un fine settimana da venerdì a domenica in cui molti giovani ma anche adulti, hanno vissuto "Cumulè", il primo festival per la Partecipazione, una tre giorni di talk, musica, cibo e svago nel giardino dell'Emiro. Tramite Cumulè (vedi foto), hanno spiegato gli organizzatori, si vuole riflettere sui processi trasformativi dei territori e su quelli sotto il profilo della democrazia partecipata e della partecipazione civica come modello amministrativo.
Al "talk dal titolo “La partecipazione che attraversa lo Stivale” ha partecipato (su delega del sindaco di Torino Stefano Lo Russo) anche la consigliera comunale Tiziana Ciampolini. Convinti fautori delle iniziative sulla Partecipazione democratica sono stati l'assessore alla Coesione sociale di Mazara del Vallo, Gianfranco Casale e la consigliera comunale Paola Galuffo. E Casale ha spiegato: “qui a Mazara, stiamo cercando di inserire nel quadro amministrativo tutti gli strumenti che permettano sussidiarietà orizzontale e circolare, seguendo tre capisaldi: coinvolgere giovani , coinvolgere cittadini e cittadine straniere, garantire rappresentanza a entrambi i generi.
Certo, il processo è molto lento. Rendere la partecipazione civica sempre più visibile nelle nostre politiche comunali aiuta a dare impulso al cambiamento sociale delle nostre realtà”. Sono fermenti che nascono in una città, Mazara, che ha bisogno di un risveglio politico dopo anni dormienti.
Salvatore Giacalone