“Una Punta di Sal”. La delinquenza minorile… Anche a Mazara del Vallo

Nel saggio di Maria Rita Parsi, più volte a Mazara, un ritratto dei minori sempre più alle prese con una realtà virtuale

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
18 Luglio 2021 11:20
“Una Punta di Sal”. La delinquenza minorile… Anche a Mazara del Vallo

La delinquenza minorile senza limiti. Anche a Mazara, le cronache passate e recenti raccontano la “Maladolescenza”, dal titolo del saggio scritto da Maria Rita Parsi, psicoterapeuta e psicopedagogista esperta osservatrice dei minori e delle loro famiglie. La Parsi è stata diverse volte a Mazara ed è stata sempre incuriosita dai minori che fumano non solo tabacco e corrono senza meta per le vie della città e della Kasbah in particolare. Adolescenti extracomunitari e mazaresi insieme, inquieti, apatici, ribelli o trasgressivi, che forse hanno bisogno di ascolto e di occasioni per confrontarsi e per crescere. Oggi più di ieri le loro incertezze sono ingigantite dalla crisi della famiglia, dei ruoli tradizionali di riferimento e dal precariato affettivo ed economico con cui hanno a che fare.

Ma scuola e genitori non riescono quasi mai ad ascoltare davvero le loro voci "di dentro", quelle inespresse e autentiche, che condizionano il loro modo di essere e di agire. Sono anche violenti.

Ecco la recente cronaca di pestaggio. Non siamo in Sicilia ma a Vigevano. Quindicenni di questa città hanno fatto ubriacare il loro coetaneo riducendolo in stato di incoscienza, lo hanno condotto carponi legato ad un guinzaglio, lo hanno denudato ed appeso a testa in giù alla spalletta di un ponte, brutalizzandolo e postando i filmati su internet, questi ragazzini violenti non possono certo avere la scusante della giovane età. Sono dei delinquenti, minorili certo, ma sempre delinquenti. Sapevano benissimo quello che stavano compiendo, hanno approfittato di un ragazzo della loro stessa età psicologicamente fragile per ridurlo a loro zimbello.

Non può esserci compassione per loro, ma solo disprezzo e la speranza che una giusta pena venga loro comminata.Mi chiedo che tipo di educazione abbiano ricevuto, visto lo spregio in cui tengono l’esistenza di un altro essere umano. Figli di “famiglie bene” che non avevano niente di meglio da fare, nell’indifferenza degli adulti che hanno creato questi mostri.

Ora si chiede che l’età per la responsabilità penale venga abbassata a 14 anni, e sarebbe anche giusto. Un adolescente di oggi non può essere equiparato ad un pari età di trenta o quarant’anni fa. I ragazzi adesso sono molto più svegli, assorbono quotidianamente dosi di soprusi e brutalità dalle notizie dei telegiornali e rincarano la dose con videogiochi violenti, ma se non vengono adeguatamente seguiti per far comprendere loro che un conto sono i giochi ed un altro la realtà, cresceranno convinti che tutto possa essere permesso, ed ecco quindi episodi di bullismo portati all’estremo come nel caso di semplici bravate che si trasformano in tragedie, come nei casi dei morti per scattarsi un selfie in condizioni estreme.

La “maladolescenza”, un malessere che spesso produce, al di là della noia o del mutismo, problemi di alcol, bullismo e isolamento. Istituzioni fragili, nuove famiglie allargate eppure sempre più spesso sorde o assenti, l'impero incontrollabile del web, un futuro che appare più in ombra che in luce. Poi, ci sono anche “i figli di nessuno” che non hanno più né Patria né famiglia, quelli che vengono raccolti in orfanotrofi ma che, quando diventano grandi, non sanno nemmeno in quale mondo vivono, E spesso sbandano.

A Mazara vengono accolti dalle monache o da associazioni con le loro ordinarie narrazioni di disagio soggettivo e per questo riguardano da vicino la quasi totalità di ragazze e ragazzi dei nostri giorni Ma chi son gli adolescenti di oggi? Maria Rita Parsi ne fa un ritratto realistico sempre più alle prese con una realtà virtuale. “Gli adolescenti di oggi – scrive - sono nativi digitali, chiamati a misurarsi con un concetto nuovo di famiglia, con il precariato (economico e affettivo), con la fragilità delle istituzioni e con una società che non si riconosce più nei ruoli tradizionali.

A tutto ciò si sommano, poi, i tradizionali "sintomi" dell'adolescenza che gli adulti, per primi, hanno conosciuto. La trasformazione del corpo, poi, durante la fase della pubertà, comunica sensazioni nuove e perturbanti all'adolescente che ha una mente ancora ancorata ad un funzionamento infantile. Ma ci sono anche adolescenti che attraversano "malamente" questa fase dello sviluppo perché "malamente" ascoltati e compresi dagli adulti di riferimento che non riescono a cogliere, nei loro comportamenti "trasgressivi", la richiesta di essere aiutati e sostenuti nel percorso della loro crescita”.(in foto copertina una scritta sulle mura di via della Scala nei pressi dell'Ufficio centrale di Poste Italiane).

Cosa fare? “Per entrare in contatto con i ragazzi, per prima cosa, occorre che i genitori e le figure adulte di riferimento siano loro per primi alfabetizzati tecnologicamente, così da colmare il gap generazione e, insieme, prevenire e contrastare la condizione, assai spesso solitaria, di quei ragazzi che, quotidianamente, si "ingozzano" di immagini virtuali e, per reazione le "rovesciano" fuori di sé, con violenza oppure implodendo depressivamente. Per sostenere con amorevole competenza il loro ruolo, i genitori devono essere formati ed informati (e non soltanto su ciò che riguarda le nuove tecnologie), in modo da proporsi ai figli come punti di riferimento leali e responsabili, capaci di ascoltarli e comprenderli”.

Tutto bene! Ma come si fa con i ragazzini che abitano nelle periferie, con genitori che magari sono stati in carcere e madri che non seguono i figli perché hanno altro a cui pensare? Il vero problema è la solitudine nella quale i ragazzi si trovano a vivere senza ricevere alcun aiuto, in famiglia e a scuola, da figure adulte di riferimento che sappiano cogliere le loro richieste di sostegno e dare una risposta piena e competente ai loro dubbi e problemi. La famiglia e la scuola sono le uniche due agenzie che dovrebbero allearsi e, insieme, farsi promotrici di una profonda azione culturale, finalizzata a costruire un ricco tessuto di occasioni culturali, di incontri e di riti che creino legami.

La strada è lunga e difficile e la quotidianità non aiuta, come non aiutano i contorni familiari violenti e la visione di ricchezze sguaiate nei film e in TV che suscitano strane fantasie che si traducono, spesso, in reali, inaudite violenze pur di raggiungere l’immaginario obiettivo.

Salvatore Giacalone 

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