“Una punta di Sal”. I “Codici” di Mazara. La ricerca archeologica subacquea continua?

Le promesse della politica… Ma dopo la morte di Tusa nessun grande nuovo ritrovamento archeologico in fondo al mare

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
04 Agosto 2024 12:54
“Una punta di Sal”. I “Codici” di Mazara. La ricerca archeologica subacquea continua?

Per la prima volta la Regione rivestirà un ruolo attivo nella realizzazione di progetti di ricerca in Sicilia con un finanziamento di 500 mila euro”. Dichiarò l’ex governatore siciliano Nello Musumeci (oggi ministro del mare) annunciando la decisione del governo regionale di supportare l’attività di università ed enti pubblici di ricerca dell’Isola, decisione molto gradita dal professore Sebastiano Tusa, in quel periodo assessore regionale e Sovrintendente del mare che intanto spiegava i “Codici” ritrovati in fondo al mare ed oggi esposti al museo del Satiro Danzante di Mazara del Vallo.

Una decisione, quella di Musumeci, frutto dell’accordo firmato a Palazzo Orleans con i rettori dei quattro atenei siciliani per creare un Polo per la ricerca e l’innovazione. “In questo modo – dichiarava Musumeci - potremo dare ai giovani siciliani un’alta formazione di elevata qualità, creare opportunità concrete e consentire alle nostre migliori intelligenze di potere lavorare con profitto nella nostra Isola.

Il finanziamento del Ministero dell'Università permetterà al Centro di implementare le attività previste per tre anni dall'inizio dei lavori; il cuore del progetto è la ricerca di base e avanzata sulle tecnologie e le scienze rilevanti per monitorare, preservare e valorizzare la biodiversità mediterranea”. Il progetto, come i tanti annunciati, non ha ricevuto concretezza e rimane ancora sulla carta. Concretezza, invece, c’è stata nell’esposizione al pubblico, nel Museo del Satiro, di due reperti molto preziosi, costituiti da fascicoli di carta recuperati nell’estate del 2008 nella stessa zona di mare dove è stato rinvenuto dal peschereccio di Capitan Ciccio, la famosa statua di bronzo del Satiro Danzante.

Da una profondità di circa 450 metri, il mare ha restituito anche i due reperti, i famosi “Codici”, che il comandante del peschereccio, Francesco Adragna (sempre lui), ha consegnato prontamente alla Soprintendenza del Mare. I reperti furono trasferiti presso i laboratori dell’Istituto Centrale per il restauro e la conservazione del Patrimonio archivistico e librario di Roma dove sono stati restaurati.Un ritrovamento unico nel suo genere che ha gettato nuova luce sui commerci nel Mediterraneo.

I tecnici che hanno esaminato i due “Codici” hanno rilevato che si tratta di pergamene non scritte, assemblate insieme per facilitarne il trasporto. Da una datazione effettuata con il Carbonio14, colloca i fragili reperti di carta nella seconda metà del 1700. Singolare è stato anche ritrovare in uno dei due reperti, una pelle di razza della dimensione di cm. 30 x cm 324, accuratamente piegata a soffietto, già all’epoca molto nota e apprezzata, per ricoprire oggetti e mobili di valore.“Fin da subito – ha spiegato l’assessore regionale SebastianoTusa (in quel periodo Soprintendente del Mare), il ritrovamento dei due codici, costituì un evento di grande importanza nel panorama della ricerca archeologica subacquea.Il mare ancora una volta restituisce memoria, ma in questa occasione ci offre anche una grande opportunità: il rinvenimento della pelle di razza, una vera novità, sia per il diverso assemblaggio dei fogli, ma, soprattutto, nella diversa natura della pelle.

Si tratta, infatti, di pelle di una razza che vive esclusivamente nei mari del Sud America. Approfondendo l’analisi di questo singolare rinvenimento – continua Tusa - siamo giunti alla scoperta che trattasi di una pelle utilizzata soprattutto in Francia nel ‘700 per realizzare oggetti di lusso ed ornamento sia domestico che personale. E quello che i francesi chiamano ‘galuchat’. Ancora oggi le grandi e rinomate case di moda utilizzano questa pelle per la realizzazione di oggetti e abbigliamento di gran lusso”.

Ricordiamo che il Museo del Satiro, oltre al capolavoro di Prassitele e ai “Codici”, espone reperti provenienti dalle acque del Canale di Sicilia, fra cui il frammento bronzeo di zampa di elefante di epoca punico-ellenistica, un calderone bronzeo di epoca medievale, una selezione di anfore da trasporto di epoca arcaica, classica, ellenistica, punica, romana e medievale. Sono esposti anche due cannoni in ferro provenienti da Torretta Granitola, da cui provengono alcuni capitelli corinzi e onici anch’essi esposti.

La maggior parte di questi materiali sono stati recuperati sempre da Francesco Adragna. Si spera che in futuro, magari anche grazie alla ricerca archeologica subacquea in alto fondale che Tusa auspicava, possano diventare sempre più frequenti e meno casuali tali rinvenimenti e si possano magari recuperare altri importanti pezzi della nostra storia, conservati e protetti dalle profondità dei fondali marini. Ma sembra che scomparso Tusa non si parla più di nuovi ritrovamenti archeologici in fondo al mare anche casuali.

Buone vacanze a tutti. Arrivederci a Settembre. (nella foto uno dei “Codici”)

Salvatore Giacalone

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