“Una punta di Sal“. Giovanni Matteo Adami, quando la beatificazione del gesuita mazarese?

A Mazara pellegrini cattolici giapponesi. In corso processo di beatificazione. Studi su Adami del prof. Giovanni Isgrò

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
03 Dicembre 2023 12:11
“Una punta di Sal“. Giovanni Matteo Adami, quando la beatificazione del gesuita mazarese?

Oggi, domenica 3 dicembre, un gruppo di pellegrini cattolici giapponesi sono a Mazara del Vallo per ricordare la figura del padre gesuita Giovanni Matteo Adami, nato proprio a Mazara e ucciso a Nagasaki il 22 ottobre 1633. Molti non lo sanno ma è in corso dal 2019 il processo di beatificazione. Mazara, quindi, potrebbe avere un suo concittadino Santo Beato che ha una storia particolare. Una premessa: i Beati non possono ancora essere considerati formalmente santi. Lo stato di santità viene riconosciuto al termine di un processo più lungo che prende il nome di “canonizzazione”.

Intanto la Santa Sede ha detto sì alla riapertura del processo di beatificazione del padre martire, ucciso in “odium fidei”, cioè in odio di fede. La Congregazione delle cause dei Santi ha risposto al Vescovo del tempo monsignor Domenico Mogavero che aveva presentato istanza di riapertura del processo di beatificazione per il gesuita mazarese. Un processo ripreso, in effetti, perché già lo stesso anno che padre Adami venne ucciso, in Giappone era stato avviato a Macao, poi, inspiegabilmente, interrotto.

A produrre tutta la documentazione è stato il Comitato creato ad hoc a Mazara nel 2019 e che in questi anni ha rispolverato la figura di Adami. Sulle sue tracce si è messo il docente universitario Giovanni Isgrò che da tempo si è appassionato al mondo dei gesuiti e alla loro presenza in Sicilia. Così Isgrò è stato a Roma presso l’Archivio Gesuitico e all’Accademia di Madrid. “Ho raccolto le testimonianze di chi vide il martirio – dice il docente – queste sono trascritte in lingua portoghese. Ma nella documentazione sono contenute anche le lettere originarie che padre Adami intratteneva coi suoi superiori”.

La richiesta di riapertura del processo è successiva ai contatti avuti con l’Arcidiocesi di Nagasaki e con la Curia dei Gesuiti a Roma, che hanno dato il loro assenso affinché la Diocesi di Mazara del Vallo potesse richiedere la riapertura del processo. “Occorrerebbe - dice Isgrò- una ulteriore sollecitazione da parte di Vescovi del territorio, per arrivare alla beatificazione. Sarebbe un risultato lusinghiero non solo per la Diocesi ma per l’intera Sicilia”.

Padre Adami svolse per anni la sua opera di evangelizzazione in Giappone, fino ai regni di Ōshū e Deqa, insieme ai Padri Girolamo De Angelis e Diego Cavalho e al fratello laico Yama Joam. Siamo agli inizi del ‘600 e sono gli anni in cui iniziano le persecuzioni dei cristiani. Per cinque anni, dal 1627, si perdono le tracce di Padre Adami. Nel 1632 si fa vivo a Osaka. L’anno successo un ordine dello Shōgun decreta che i gesuiti sparsi nei regni più lontani siano condotti a Nagasaki.

Padre Adami fu tradito da chi lo ospitava e venne giustiziato il 22 ottobre 1633. L’auspicio della beatificazione nasce perché padre Adami è stato un martire mentre era in missione in Giappone e la sua morte è stata tremenda. Legata ad una visione sovranazionale dell'azione della Compagnia di Gesù, la figura del padre mazarese, orribilmente martirizzato, si inserisce nel quadro celebrativo dell'azione missionaria svolta in Giappone fra '500 e '600 dall'ordine dei Gesuiti. Isgrò sul cammino di beatificazione di Adami, ci crede molto perché ha studiato i viaggi e gli incontri del gesuita ed andrà avanti nel suo progetto che ha coinvolto anche la Diocesi di Mazara.

L’ex vescovo, monsignor Domenico Mogavero, ha sottolineato, che “i missionari gesuiti uccisi in Giappone sono stati tutti beatificati, escluso proprio Giovanni Matteo Adami”. Dimenticanza o altro? Nato nel 1576 e trasferitosi giovanissimo a Roma, dopo essere entrato nell'Ordine, padre Adami fu molto apprezzato da personalità di rilievo come il Cardinale Giulio Antonio Santori e lo stesso Generale della Compagnia, Padre Acquaviva, che accolse il suo desiderio di recarsi missionario in Giappone.

Le lettere del gesuita sono state individuate presso l'Archivio Storico della Compagnia a Roma, soprattutto quelle in lingua portoghese, tradotte e pubblicate per la prima volta presso la rivista “Ho theologos” della Pontificia Facoltà Teologica di Sicilia. Offrono uno spaccato di prima mano e testimonianze inedite di notevole valore documentario che integrano quanto esposto da più famosi missionari nelle lettere annue e in quelle quadrimestrali indirizzate dal Giappone al Padre Generale.

Di questo, e più in generale dell'attività gesuitica nelle missioni giapponesi, ha parlato Isgrò in diversi incontri e convegni ed ha già pubblicato qualche anno un documentato saggio che completa la sua trilogia comprendente anche l'Europa e il centro e sud America al tempo della colonizzazione spagnola. La Compagnia di Gesù riuscì a penetrare in Giappone perché ci fu, almeno fino all’inizio degli anni Novanta del Cinquecento, una certa disponibilità di esponenti della nobiltà locale ad accogliere i padri della Compagnia.

L’atteggiamento favorevole sarebbe stato dovuto, nella maggior parte dei casi, a ricchi giapponesi, soprattutto delle aree prossime ai centri portuali nel sud del grande arcipelago, che vedevano i gesuiti strettamente collegati al fiorente movimento commerciale messo in atto dai portoghesi. Le merci provenienti dall’Europa, in effetti, attiravano particolarmente la nobiltà nipponica. Unitamente a questo i giapponesi erano notevolmente incuriositi dalla cultura occidentale riguardo alle discipline più diverse: dalla filosofia alle scienze naturali, dalla fisica alla medicina.

In questo senso i gesuiti portavano nozioni scientifiche sconosciute al mondo orientale soprattutto nel campo dell’astronomia, ma anche pregevoli manufatti di diverso genere, senza escludere apprezzate forme artistiche, dalle arti figurative alla musica. Il progetto del Prof. Isgrò, docente nell’Università di Palermo, è condiviso da don Orazio Placenti, vicario giudiziale della Curia Vescovile della Diocesi di Mazara. A don Orazio Placenti va riconosciuto il merito, insieme alla compianta Francesca La Malfa, di avere sollecitato, già alcuni anni fa, la necessità di un'iniziativa forte volta a valorizzare la figura del martire mazarese.

La stessa pubblicazione del saggio della La Malfa (a cura dell'Accademia Selinuntina), è stata testimonianza di un impegno importante volto a riportare luce sulla vita di questo gesuita mazarese. Si va, quindi, verso la beatificazione di Padre Matteo Adami e sarebbe evento straordinario per la Diocesi, per la Città e la Sicilia.

Salvatore Giacalone 

Ti piacciono i nostri articoli?

Non perderti le notizie più importanti. Ricevi una mail alle 19.00 con tutte le notizie del giorno iscrivendoti alla nostra rassegna via email.

In evidenza