“Una punta di Sal”. Elezioni: prima le idee e poi gli uomini?

Amministrative, coalizioni inedite che rischiano di far aumentare ancor di più la percentuale dell’astensione

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
03 Marzo 2024 12:32
“Una punta di Sal”. Elezioni: prima le idee e poi gli uomini?

Il mondo dei partiti è in ebollizione da anni, nel continuo tentativo di ridefinire i propri confini, perché le vecchie appartenenze non reggono più, forse a causa della debolezza del sistema ideologico. E non reggendo più le ideologie, diventa difficile costruire aggregazioni. Un esempio lo offrono le prossime elezioni Amministrative di Mazara del Vallo dove non esistono le classiche coalizioni ma uomini e donne di destra o di sinistra che finiscono in coalizioni inedite al di là della loro storia di appartenenza o di militanza nei partiti.

Si crea, in sostanza, una situazione che fino a qualche anno fa era impensabile. Perchè? Convenienza per arrivare al potere a qualsiasi costo? Volere appartenere alla casta? O arrivare ad interessi non solo politici? Mazara è un esempio e potrebbe definirsi un “caso” ma la situazione politica del Paese Italia ormai vive in tutte le latitudini, da Bolzano a Mazara, di questi frangenti anomali che provocano, sicuramente, molta confusione e percentuali di assenteismo notevoli al voto elettorale.

A Mazara, nel 2019, andò a votare il 65% dei diritti al volto, in questa tornata delle Amministrative si presume che la percentuale sarà ancora più bassa. Speriamo di no. Coloro che non andranno a votare però non dovranno lamentarsi se la situazione economica, culturale ed amministrativa non riesce a decollare. Non votare significa delegare ad altri ciò che invece è un diritto-dovere. Nella buona politica, studiosi e saggisti dicono che le idee vengono prima e le persone vengono dopo.

Sarà, certo che le idee non mancano, possono essere progressiste o conservatrici ma la buona politica di destra o di sinistra da chi deve essere portata avanti se non dagli uomini? Spesso i partiti, di fronte a un leader forte, sono costretti a fare un passo indietro o a mimetizzarsi. Quando manca un candidato forte, solo allora tornano in campo le logiche di schieramento. Purtroppo non reggendo più le ideologie, diventa difficile costruire aggregazioni sulla base di opzioni di tipo identitario.

Allo stesso tempo, anche le aggregazioni di tipo programmatico non sono praticabili perché nessuno crede più che si possano fare seriamente dei programmi. Rimane soltanto la fiducia in una persona con il rischio di trasformare il carisma di un leader in una forma di potere dittatoriale. Questo, calato in un sistema democratico, provoca solo contrapposizioni violente, perché centrate non sugli ideali, ma su una persona. L’uomo carismatico può essere utilizzato da una democrazia solo in alcuni momenti.

Le elezioni non sono un assegno in bianco per il vincitore, autorizzato a decidere su tutto. In questo occorrerebbe una politica con meno potere, anzi con un potere più condiviso tra le parti. Inoltre non basta essere un uomo o donna buoni, popolari o ammirati per saper governare; ma occorre che la dimensione tecnica si saldi con una dimensione valoriale e progettuale, cioè con una dimensione ideologica. Le ideologie politiche vanno tenute a freno e combattute, quando diventano soffocanti e prepotenti; ma vanno rispettate quando esercitano le loro funzioni, quando cioè attraverso di loro si chiarificano i diversi possibili modelli di sviluppo sociale e civile, tra i quali i cittadini sono chiamati a scegliere.

Ecco perché, lontani dalle ideologie, vedo con preoccupazione certe proposte di aggregazioni che puntualmente emergono in prossimità di elezioni. Viviamo in una società ferita soprattutto dalla disuguaglianza, dalla povertà, dalla mancanza di condizioni per una vita degna. Questa realtà “maneggiata” da leader populisti diventa pericolosa. I populismi, sostiene il cardinale Bagnasco, sono il nemico delle nazioni, perché rischiano di essere una realtà autoreferenziale e pericolosa in quanto illudono la gente di avere soluzioni facili e immediate, e di partecipare attivamente alla vita politica, quando invece è il leader a gestire tutto.

Però portano un’istanza che l’ampio mondo della politica, della società e della cultura deve prendere in seria considerazione e non snobbare: è il malessere della gente che a volte assume il colore della rabbia e del risentimento. Ho letto che il gesuita Francesco Occhetta de “La Civiltà Cattolica” propone tre parole chiave per rilanciare la vita politica: comunicazione, intermediazione e comunità. “Dobbiamo dare testimonianza di noi, non solo dire.

Ciò che siamo vale più di ciò che diciamo. Gli insulti – scrive - non sono argomenti. Bisogna avere rispetto delle idee altrui anche quando non le condividiamo”. Torniamo, quindi, a riflettere sui problemi e a creare aggregazione e consenso sulle idee, prima ancora che sui singoli personaggi che dovrebbero attuarle. Ed allora, in questo caso, occorre dire che nella buona politica, le idee vengono prima e le persone vengono dopo.

Salvatore Giacalone

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