Trovato il “perimetro”. La politica italiana, quando si tratta si essere immaginifici, primeggia. Inventa periodicamente termini nuovi, che s’impongono con la potenza di un uragano improvviso. L’ultima è “perimetro”. La crisi, o più precisamente l’ultima possibilità di uscirne senza precipitare in un abisso, ruota intorno al “perimetro”. Non a caso lo citano tutti, in pubblico e in privato. Il “perimetro” vuole dentro tutti i partiti, almeno quelli che sono voluti entrare nel Governo Draghi, dalla Lega al Pd a Forza Italia, non è entrato soltanto il partito della Meloni, Fratelli D’Italia, e qualche altro gruppetto di oltranzisti.
Come direbbe Amleto: “è più giusto essere tutti d’accordo anche rinunziando a qualcosa, od opporsi rinunciando poi probabilmente a tutto? Essere o non essere?”. E’ evidente che il programma del neo primo ministro Mario Draghi più che la panacea come alcuni sperano, altri temono, non potrà essere una bacchetta magica, ma bensì un sistema di azioni ed interventi che andranno ad incidere su ciò che non funziona nel paese e sul quale a parole tutti sono d’accordo salvo poi a dividersi un attimo dopo sulle soluzioni.
Quello che si teme. Perché questo “tutti insieme appassionatamente” (è il titolo di una nota commedia musicale del 1965 di Robert Wise, vedi foto copertina) è lecito che fa nascere qualche dubbio, traspare da osservazioni sibilline, da atteggiamenti bizantini che occhieggiano qua e là, da qualche riserva mentale di derivazione ideologica sia a destra che a sinistra. Sarebbe tuttavia opportuno che condividendo almeno la gran parte delle proposte, si lavorasse su queste per superare l’impasse attuale e bypassare temporali o tempeste del passato.
Un programma chiaro, allora, scelte conseguenti, condivisione ampia delle azioni necessarie da attuare e poi far si ché l’opera del governo dispieghi i suoi effetti senza intralci ad ogni piè sospinto. Il tempo delle divisioni tornerà e sicuramente sarà positivo per la democrazia perché oggi è la democrazia che è in difficoltà, che soffre per i troppi nodi irrisolti, per le troppe chiusure, i troppi intralci frapposti nel tempo.
A Mazara, il sindaco Salvatore Quinci, già aveva la sua maggioranza che però ha voluto allargare anche ad uno o due partiti che non ha rappresentanti in Consiglio comunale, cioè Forza Italia, e nominando assessore un ex consigliere comunale cha sarebbe invece vicino alla Lega. Come nel Governo, quindi, tutti insieme per tentare di risolvere i problemi della città che non sono soltanto quelli quotidiani (l’acqua, le buche nelle strade, le caditoie che assorbono poco, etc .) ma bensì delle strutture e dei servizi che annaspano o addirittura sono assenti provocando crisi nell’edilizia, nel commercio, nell’artigianato.
Nel Governo “tutti insieme appassionatamente” per il bene di tutti noi sarebbe accettabile, a Mazara “tutti insieme”, considerato che la maggioranza per governare il sindaco l’aveva, insospettisce questo allargamento a qualche partito e alcuni ritengono che si guarda già alle prossime elezioni regionali per le quali sarebbero pronti almeno 4 candidati: l’assessore Toni Scilla, il consigliere Pietro Marino per VIA, il presidente del Consiglio comunale Vito Gancitano e per il Pd il dottore Giuseppe Palermo ma potrebbero spuntare anche candidati per “Diventerà Bellissima”, Lega, M5S e non mancherà la solita sorpresa.
Diversa la situazione dei partiti che sostengono il governo Draghi perchè salire sul treno per oscuri disegni, almeno inizialmente non conviene a nessuno. Tutti percepiscono che un fallimento del Governo non dovrebbe essere in agenda pena la stabilità stessa delle istituzioni democratiche e che dunque tutti, senza esclusione, i rappresentanti della politica sono chiamati a decidere, accettare ed attuare quello che scaturirà dalla sintesi del presidente incaricato che ha trovato la quadra ed ha sciolto la riserva. L’economia del paese è allo stremo, la coesione sociale scricchiola, particolarismi e partigianerie sembrano l’esatta rappresentazione dei kamikaze.
Solo che alla fine della fiera è l’Italia e il suo popolo che ne potrebbero fare e pagare i conti. Attenzione però: dovremmo quindi assistere ad un unanime consenso a Draghi, acritico, senza convinzione, per pura opportunità o paura oppure al disegno di un programma sul quale tutte le parti in causa possano trovare la loro parte di risposta? In questo momento quasi tutti i partiti e le parti sociali, manifestano totale condivisione delle idee strategiche indicate da Draghi, ma cosa accadrà domani, quando dalla rappresentazione che il premier avrà chiara si dovrà discendere nel concreto? Si richiede realismo, capacità di accettazione e di rappresentanza vera degli interessi nazionali e locali, non la consueta sagra dei provvedimenti omnibus, dei milleproroghe che di proroga hanno soprattutto quello di storture e privilegi piccoli e grandi in contrasto con il bene generale e gli interessi del paese.
Non sarà un programma semplice, lieve ma che possa assicurare a ogni italiano l’accesso presente e futuro alle opportunità di lavoro, mantenimento, dignità! Si dia inizio allora alla Terza Repubblica! Salvatore Giacalone