“Un punta di Sal”. Femminicidi e violenze sulle donne: a Mazara iniziarono nel 1515

Dai casi recenti fino al Tribunale dell’Inquisizione. Il prossimo 25 novembre Giornata contro la violenza sulle donne

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
17 Novembre 2024 15:49
“Un punta di Sal”. Femminicidi e violenze sulle donne:  a Mazara iniziarono nel  1515

Donne uccise da uomini, perché sono donne. Questo è il femminicidio. Un massacro, a vedere i numeri. I dati (aggiornati al 2023) ci dicono che negli ultimi quattro anni in Italia sono avvenuti 475 omicidi volontari di donne, ma solo per 397 di questi si può parlare di femminicidio. Di questi ultimi, 253 sono stati commessi da un partner o un ex partner e gli altri 144 da un parente, un amico, un collega o un conoscente. Non è stato possibile stilare una statistica precisa dei moventi, poiché molti sono “tortuosi” e difficilmente classificabili.

I casi più frequenti sono sicuramente quelli legati alla sfera del rapporto sentimentale: gelosia, amore possessivo e morboso, intento di porre la compagna a sottomissione. Talvolta, alla base dei dissidi ci sono motivi economici. Molto interessanti alcuni casi in cui l’uomo uccide una donna perché preferisce la sua morte alle conseguenze del mantenimento della relazione oppure perché teme la scoperta o di relazioni extra-coniugali, o ancora, perché teme l’emersione di seri problemi economici cui lo stesso non riesce a fare fronte.

Numerosi anche i casi di figli che uccidono le madri per i più svariati motivi, ma principalmente per ragioni economiche. Infine da non trascurare il numero di casi avvenuti per mano di soggetti dichiarati incapaci di intendere e di volere (oltre la metà delle assoluzioni). L’analisi dell’esito processuale rivela una mano dei giudici molto pesante sulla pena comminata e un numero di condanne superiori alla media del settore penale generico. Infatti, all’86,4% delle condanne, prevalentemente superiori ai 20 anni di reclusione, va sommata più della metà delle assoluzioni in quanto a carico di soggetti teoricamente colpevoli ma incapaci di intendere e volere o non imputabili al momento del delitto.

Femminicidi e vittime di violenze sulle donne anche a Mazara del Vallo. L’ultima Marisa Leo, era originaria di Salemi e dipendente delle cantine “Colomba Bianca” di Mazara dove si occupava di marketing. A ucciderla Angelo Reina, 42 anni, che gestiva un vivaio di famiglia nelle campagne del marsalese. Madre di una bambina avuta dall'ex compagno, la 39enne era molto sensibile al tema della violenza di genere. Nel 2021, in occasione della Giornata Internazionale delle Donne, aveva pubblicato su Facebook un video insieme alle altre dipendenti dell'azienda per dare voce allo slogan "Non una di meno" contro la violenza di genere.

Nel 2019 aveva partecipato a una campagna contro la violenza di genere promossa dall'associazione 'Le Donne del Vino Sicilia' per il progetto "Tu non sei sola". Angelo Reina si è suicidato.

Altro episodio. Ricercato per il duplice omicidio di Angelo Cannavò e Rita Decina, consumato a Mazara del Vallo il 5 agosto 2016 è stato trovato dai poliziotti senza vita. Si tratta di un tunisino di 34 anni suicidatosi nella sua abitazione in contrada Ranna, a Marsala. I sospetti della polizia si sono concentrati sul tunisino dopo che, a casa della coppia, è stato sequestrato un tablet con la scheda sim intestata a lui. La stessa vittima, Rita Decina, ha cercato, poco prima di morire, di scrivere col sangue il nome dell'assassino, ma le lettere sono rimaste incomplete e abbozzate, probabilmente per il venir meno delle forze.

Un altro elemento, che ha portato la Polizia a Ben Saada Ouajidi, sono state le riprese di alcune telecamere di sorveglianza. Dalla ricostruzione dei fatti dovrebbe esserci stata una lite fra il tunisino e Cannavò a cui avrebbe assistito Rita Decina, uccisa in un secondo momento da Ben Saada Ouajidi, mentre cercava di fuggire per le scale. La donna ha cercato di difendersi con forza ma è stata colpita più volte.

Un altro caso di femminicidio a Mazara. Rosalia Garofalo, 52 anni, è stata uccisa dal marito 53enne Vincenzo Frasillo, con cui viveva, nella notte fra il 29 e il 30 gennaio del 2020. Picchiata per tre giorni, quando la polizia e l’ambulanza sono arrivati sul posto la donna era già morta. Rosalia Garofalo aveva già denunciato il marito per maltrattamenti, ma in almeno due occasioni aveva deciso di ritirare le accuse.

Un tuffo nel passato. Negli anni venti del ‘900 la storia, attraverso il bellissimo romanzo “Desiata” di Antonella Marascia, di una giovanissima mazarese che aveva sposato contro la volontà dei genitori un uomo, Vanni, che si era rivelato violento e la uccise nel corso del Festino di San Vito.

Nel periodo dell’Inquisizione, istituita in Sicilia nel 1513 per punire le eresie e le apostasie, cioè di alto tradimento contro l’Impero. Il processo più clamoroso che turbò molto la cittadinanza fu quello del 1515 quando furono tratte in arresto quattro donne di ricca e distinta famiglia con il pericolo di vedere esteso il grave provvedimento a molte altre persone della migliore società. In quel tempo,come oggi, non mancarono le lotte di giurisdizione tra inquisitore e autorità civile e non mancarono le lotte intestine.

Molte le condanne al rogo pronunziate dal “Santo Ufficio” ove Mazara, come ricorda nel suo libro lo storico Filippo Napoli, diede il suo contributo con ben undici cittadini mazaresi, sette donne e quattro uomini, accusati tutti quali “neofiti giudaizzanti”, cioè sorretti della decisione di una nuova ideologia, furono condannati ad essere bruciati vivi. Le cinque donne bruciate vive sul rogo di piazza Marina a Palermo furono: Antonia Romano, neofita, il 29 settembre del 1513, Giacoma Greco, nata cristiana, che si era data a riti giudaici, l’8 luglio 1520, Angela Maccagnona, neofita, il 20 settembre 1525, Sicilia Manuele, neofita il 25 settembre 1525, Angela Marangona il 9 settembre del 1525.

Altri morirono in carcere, tra loro anche alcuni uomini. Il prossimo 25 novembre è la giornata contro la violenza sulle donne, istituita dall'Onu nel 1999, in ricordo delle tre sorelle Mirabal, deportate, violentate e uccise il 25 novembre 1960 nella Repubblica Dominicana.

Salvatore Giacalone

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