Ultime della sera: “Uomini & Oceani”

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
29 Maggio 2020 18:31
Ultime della sera: “Uomini & Oceani”

Credo che se al mondo diventassero tutti marinai non ci sarebbero più guerre ( Antonio Maronari ) Come certamente saprete, sul molo peschereccio più famoso del mondo una tabella riporta il nome “Caito”. O forse riportava. Ho appreso, con dispiacere, che sabato notte un violento incendio ha distrutto gran parte di quel molo; il legno con cui è costruito, lo ha salvato dai frequenti terremoti, l’ ultimo negli anni ‘80, ma non poteva preservarlo dal fuoco. I meno distratti fra voi avranno senz’altro colto che non mi riferisco al molo intitolato al comandante Caito nel porto di Mazara.

Il molo che orna la riva sinistra del Mazaro, infatti, non è un molo peschereccio, ma commerciale: lungo il ciglio banchina vi corre ancora la linea doganale; ancora mezzo secolo fa vi attraccavano i bastimenti per scaricarvi il passito proveniente da Pantelleria, che poi veniva trasferito sui vagoni ferroviari che, fino agli inizi degli anni ’60, percorrevano tutto il lungomare sui binari che collegavano lo scalo merci ferroviario al molo mercantile; da lì partiva pure il traghetto per l’isola vicina, e fino a quando il fondale lo ha consentito, vi ricordo pure ormeggiata la petroliera Gorgona, che riforniva regolarmente i depositi di carburante costieri.

Inoltre, quello di Mazara è un molo in muratura. Quindi il primo Caito nominato non è Giuseppe, l’ufficiale della Regia Marina, decorato per diversi atti di valore compiuti nella 2^ guerra mondiale, bensì Giovan Battista che, come riporta “Repubblica”, da cui apprendo dell’incendio, emigrò dalla Sicilia a San Francisco, nel 1885, aprendovi una pescheria ancora attiva; altri italiani, come il sig. Alioto, da Porticello di Santa Flavia, riporta ancora il quotidiano, vi si insediarono formando una flotta peschereccia e, più tardi, un Jo Alioto fu il primo Sindaco italiano di San Francisco; ma arrivarci fu lungo e laborioso, come ben racconta John Steinbeck nel suo libro più bello, vicolo Cannery, meritoriamente citato dall’autore del pezzo, Federico Rampini, che continua ricordando che “nel 1910 genovesi e siciliani (avevano in California) il monopolio dei due mestieri più umili e pericolosi: la pesca e la raccolta dell’immondizia: da San Francisco a Santa Cruz da Monterey a San Diego”.

Rampini (che, per inciso, evidentemente non sa di aver abbandonato Repubblica, come invece sono sicuri abbia fatto in Italia) non manca di ricordare come il figlio di un pescatore di Isola delle Femmine, che lì si stabilì, è ancora considerato il più grande giocatore di baseball di tutti i tempi: divenne tanto ricco e famoso da sposare Mariylin Monroe. Una storia che ha veramente dell’incredibile, se considerate che un italiano dovrebbe essere del tutto refrattario ad un gioco astruso come il baseball…ma per Joe Di Maggio non fu così! Di Santa Cruz, invece, non ho mai sentito parlare mentre a Monterey, a quanto ne so, si stabilì una comunità, ancora numerosa, proveniente dall’isola di Marettimo, una folta rappresentanza della quale è solita rientrare sull’isola in occasione della festa del patrono, il 19 marzo.

Questa ricorrenza rappresenta un’occasione per visitare Marettimo fuori stagione, perché offre modo di assistere ad una processione veramente unica, in Sicilia, essendo del tutto identica a quella che Francis Ford Coppola ricostruì ne Il padrino parte I^’, ambientandola nella Brooklyn di inizio ‘900: ricorderete senz’altro i maggiorenti del quartiere, incluso il boss Fanucci, appuntare dollari sul simulacro di San Rocco; a Marettimo, invece, è la statua di San Giuseppe a fermarsi davanti ad ogni porta per consentire al pater familias, di affacciarsi, col vestito della domenica, per spillarvi sopra delle banconote, anche qui dollari nella maggioranza dei casi.

San Diego, invece, la prima città costiera che s’incontra negli USA, entrando dal Messico, mi dicono sia proprio quella preferita da una nutrita comunità di mazaresi, che vi si stanziarono ai tempi delle grandi migrazioni. Oggi gli eredi di quei pescatori, rimasti nel settore (il baseball, sappiamo, non è per tutti!) vantano, a San Francisco la proprietà di rinomate pescherie e caratteristici ristorantini sugli eleganti moli in legno, i “piers”, che si protendono dalla banchina del porto peschereccio di San Francisco, la celeberrima Fisherman’s Wharf.

Passarvi una serata a fracassare crostacei per cibarsene, con vista sulla baia, è una delle classiche cose da fare almeno una volta nella vita; tra l’altro, gli indigeni vi renderanno la vita facile offrendovi sia un grembiule per ripararvi dagli schizzi che un robusto martello, ben più efficace del modesto schiaccianoci con cui, chissà perché, si apparecchiano, da noi, analoghi deschi. Per un’incredibile coincidenza (ma sarà veramente tale?) nei pressi della pescheria Caito fa bella mostra di sé un sommergibile della US Navy della seconda guerra mondiale, perfettamente conservato e visitabile (il biglietto, se vi interessa, costa 20 $, 10 per i ragazzi) dal nome, non certo marziale, di USS Pampanito, decisamente molto più indicato per un ballo di gruppo, anche se questo non gli impedì, durante il conflitto, di affondare ben 6 navi e, soprattutto, di rientrare tutto intero.

Cosa che, purtroppo, non riuscì al nostro comandante Caito, scomparso nel 1943 nel golfo di Biscaglia al comando del sommergibile Tazzoli (uno dei martiri di Belfiore), di cui nessuno seppe più nulla, così come di tutto il suo equipaggio; si pensa sia saltato su una mina lanciata da aerei alleati alla foce della Gironda. Caito era nato appena 37 anni prima a Trapani ed una famiglia mazarese, con cui era imparentato, lo ricorda in una lapide affissa nella cappella gentilizia del cimitero comunale, mentre per pubblico riconoscimento, come sappiamo, gli è fu intitolato il molo più antico e prestigioso del nostro porto.

Ma torniamo a San Francisco, gran bella città che più di tutte esprime il fascino particolare della West coast americana, di cui ignoravo quanto importante fosse stato il contributo dato dagli italiani al suo sviluppo, mercé un duro lavoro profuso in attività da altri neglette, ma da cui i nostri connazionali riuscirono a trarre ricchezza. E di certo colpisce come, a tanta distanza di oceani e continenti, si ripropongano storie tanto simili di mare, lavoro, sacrificio, in pace e guerra, fino all’incredibile coincidenza dei nomi dei protagonisti.

Ma non fu per questo che quando ebbi modo di capitarci, a Frisco (così la chiamano i suoi abitanti) provai una strana sensazione di familiarità. Ovunque mi girassi, avevo la sensazione di esserci già stato; ma si capisce, la città, la sua baia, i suoi dintorni, come Berkeley, o Sausalito, di là del Golden gate, lo spettacolare ponte rosso che ricorda nel nome la corsa all’oro del 1849, o l’isola del tesoro, vicina all’altra, mitica, di Alcatraz, con il suo antico penitenziario, ancora in buono stato (e, ovviamente, visitabile a pagamento anche se qui di dollari ne chiedono 40) sono il set preferito per gli esterni di film e telefilm americani: Il Laureato, L’inferno di cristallo, Provaci ancora Sam, 007 Bersaglio mobile, per tacere di Fuga da Alcatraz, l’intera saga dell’ispettore Callaghan di Clint Eastwood, di Starsky ed Hutch e, si capisce, Sulle strade di San Francisco sono solo i primi che mi vengono in mente .

Washington square, ad esempio, con la sua chiesa bianca, nemmeno grande, non è nemmeno granché come piazza, ma di certo ci sei già stato virtualmente tantissime volte, così come sulla deliziosa Lombard street. Dite che è così pure a New York? Non lo so, non sono mai stato a New York. DANILO MARINO

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