Ultime della sera: “Pietra su pietra“

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
03 Dicembre 2020 17:47
Ultime della sera: “Pietra su pietra“

Chissà cosa aveva in mente Mark Knopfler quando cantava: “Oh ragazza quanto mi piace…mi è sempre piaciuto.. proprio come la città spagnola quando eravamo piccoli…” Ebbene, io abitante del Bel Paese, un po' risentito del fatto che ad un anglo-sassone l’estasi la richiami, invece, la Spagna, me lo sono chiesto per tutti voi. Muovendo, ovviamente, dal cercar di capire a quale città spagnola si riferisse Knopfler: non certo Madrid, città recente e capitale tra le più anonime in Europa, né Barcellona, che non si considera nemmeno spagnola.

No, dovendosi trattare senz’altro di una città andalusa, mi ci sono recato. Partendo da Cordoba, di cui magari teniamo in tasca, senza saperlo, l’effigie del suo monumento più famoso: la Mezquita, ritratta sul retto della moneta da 2 € nella versione iberica. Tanta l’importanza che si dà in Ispagna alla moschea dalle 1000 colonne, eretta dal Califfato omayyade, il regime più aperto e tollerante di un’epoca che, riferita ad altre lande europee, viene oggi definita, con una vena di disprezzo Medio evo, per richiamare miseria, disordine ed oscurantismo, seguiti al crollo di una grande civiltà.

Ma Cordoba, all’epoca, contava 800.000 abitanti, centinaia di bagni e moschee ed, insomma, viene descritta come il cartografo Edrisi racconta la nostra Mazara nello stesso periodo: “Splendida ed eccelsa città cui nulla manca”. A Cordoba si parlavano 3 lingue e, prima dell’anno 1000, disponeva di servizi urbani modernissimi. Lawrence d’Arabia, l’ufficiale inglese che, nella 1^ guerra mondiale, strinse alleanze con gli arabi in funzione anti ottomana, si senti rispondere dal futuro re Feisal, cui aveva chiesto di cosa avessero bisogno le sue ‘tribù’ per combattere: “quando le vostre tribù abitavano sugli alberi, vestivano ancora di pelliccia e si dipingevano il corpo in battaglia, noi arabi, a Cordoba, già avevamo l’illuminazione pubblica nelle strade”.

Oggi tutta la città, che conserva pure un magnifico ponte romano ancora perfettamente praticabile, è inserita nella lista UNESCO del patrimonio dell’umanità. Ma torniamo alla grande moschea, sotto i cui portici insegnò Averroé (mentre nelle vicinanze, ma in epoca romana, si aggirò Seneca. Quale dei due? Entrambi!). Oggi si chiama anche Catedral, perché di 1000 colonne che ne sorreggono un tetto vasto più di 2 ettari, 60, al centro  furono abbattute, dopo la cacciata degli arabi, per fare spazio ad una chiesa, il Crucero, in pesante stile barocco-rinascimentale, che si eleva, provocatoriamente, sul tetto della moschea, pur restando celato dal labirinto delle colonne per chi guardi dal livello del pavimento (ossia tutti!).

Ciò nonostante, rimane uno stupro architettonico. Non lo dico io, lo disse, clamorosamente pentito, chi commissionò l’opera, ossia l’imperatore Carlo V, visitando l’edificio a lavori compiuti. Ci pensavo poco tempo fa, quando si scatenarono polemiche per la riapertura al culto musulmano della basilica di Santa Sofia, ad Istanbul, rimasta però uguale a 1500 anni fa. Fu Granada, resa splendida dalle dinastie degli Almohadi ed Almoravidi, a subentrare, attorno all’anno 1000 a Cordoba come città principale non solo dell’Andalusia, ma della Spagna intera: soppiantato il califfato omayyade, la città che ne fu capitale, infatti, decadde.

Anche Granada, naturalmente, può vantarsi dell’inserimento nel patrimonio dell’UNESCO; ma, per quanto si sia voluto farne un simbolo della Reconquista ad opera dei cattolicissimi re Isabella di Castiglia e Ferdinando di Aragona (sì, quelli che finanziarono pure la spedizione di Cristoforo Colombo) rimane il più grandioso esempio di città araba rimasto in Europa, sia grazie al formidabile complesso fortificato dell’Alhambra, che domina l’abitato sottostante, sia per il pittoresco, ed ancora integro, quartiere dell’Albacin, sull’altura prospiciente la rocca, ove si insediò la popolazione musulmana all’indomani della Reconquista.

Nell’immediato, infatti, i Cristiani vincitori si limitarono a perseguitare gli Ebrei che, fino ad allora, avevano vissuto e prosperato indisturbati in città; i moriscos, ossia i musulmani convertiti, poi considerati infidi, furono scacciati solo successivamente. Ai monumenti arabi, come la fortezza dell’Alcazaba, il meraviglioso Alcazar, residenza dei sovrani (la cui visita va prenotata con abbondante anticipo) nonché, fuori dal complesso, il delizioso palazzo del Generalife, che, con i suoi giardini, richiama la palermitana Zisa, i cristiani non seppero contrapporre altro che la Capilla real, sita dabbasso, ove riposano Isabella, Ferdinando ed un’altra manciata di re spagnoli.

Un mausoleo tutto sommato modesto, non perché lo penso io, ma perché, tanto per cambiare, lo pensò il solito Carlo V, che, pur piazzandovi le salme dei genitori, pensò bene di farvi edificare accanto una ben più monumentale cattedrale. Come pensò pure di far costruire un nuovo edificio, che porta il suo nome, su, dentro il complesso dell’Alhambra: ma per quanto enorme, non può rivaleggiare in bellezza con gli edifici arabi circostanti; infatti vi si accede gratuitamente e non occorre prenotare, una volta entrati nella rocca.

L’anno della Reconquista, il 1492, fu un anno di svolta. Non solo per Granada, o per la Spagna, ma per il mondo intero che, con la scoperta dell’America, entrò nell’era moderna. Un mondo di cui il centro, però, continuò ad essere l’Andalusia, con una sua città; non più dell’interno, ma, giocoforza, marittima. Come Siviglia oggi non sarebbe, Ma allora, sorgendo sul Guadalquivir, un fiume ancora navigabile, sboccante nel vicino golfo di Cadice, poté fungere egregiamente da porto per i viaggi da e verso il nuovo mondo; così si esprime il Touring Club per dare l’idea di cosa fosse la città allora: “Sorta di base aerospaziale dei secoli passati..

qui si prepararono ..spedizioni..verso l’ignoto non meno cariche di incognite di (come) potrebbe esserla oggi una su Marte” Anche Siviglia vanta un importante passato arabo, ma in termini architettonici, si rapporta con il periodo successivo in termini più complicati: se infatti la grande moschea fu rasa al suolo per sostituirla con una cattedrale ancora più grande, le residenze reali (lo sono tuttora quando i sovrani sono di passaggio a Siviglia), los Reales Alcazares, in origine fortezza araba, furono ristrutturati in stile mudejar, ossia arabeggiante, da un sovrano cristiano, in questa scelta tutto sommato accomodante, nonostante il nome: Pietro il crudele! E, comunque, della grande moschea pensarono bene di risparmiare il minareto: capirai una torre maestosa, alta quasi 100 metri ti conviene tenertela, per adattarla a campanile, magari piazzandoci una statua in cima, a marcare la differenza con l’Islam iconoclasta; se poi la fai pure girevole, la statua, diventa giraldillo, la torre Giralda (attenzione alla ‘g’ sempre gutturale in spagnolo) e finisce col diventare il simbolo di Siviglia.

Che non è soltanto una città che vive nel ricordo del ‘siglo d’oro’ dell’Impero spagnolo, ma è tuttora vivace, moderna, ricca di edifici monumentali molto più recenti, come l’immancabile plaza de toros detta de la maestranza, seconda per importanza solo a quella di Madrid, e patria della corrida in stile andaluso, più  ‘mosso’, teatrale, almeno a detta di Hemingway, che se ne intendeva; di fronte, una statua ricorda Carmen, la protagonista dell’opera omonima, che proprio lì viene uccisa, ma solo nella rappresentazione, non essendo mai esistita e non essendo manco spagnolo, bensì francese, Bizet, il compositore che la concepì.

Esiste invece, la smisurata ex tabaccheria ove s’immagina Carmen lavorasse, oggi sede dell’Università. Né si può trascurare la monumentale piazza di Spagna, dominata da un immenso padiglione a semicerchio, sede della esposizione ispano-americana del 1929 (un’altra, universale ed iper tecnologica, fu ospitata dalla città nel 1992), nonché set per numerosi film, tra cui Lawrence d’Arabia, sì, quello di prima, richiamando motivi pseudo-arabi nelle decorazioni. Siviglia si trova più o meno alla stessa latitudine di Palermo, conta lo stesso numero di abitanti e ne condivide un percorso storico molto significativo.

Ma il suo centro storico, molto grande, è interamente chiuso alle auto private: all’interno ci si muove solo in tram, bus, o taxi, che sono numerosissimi e convenientissimi. Che antipatici questi spagnoli, a mostraci quello che si dovrebbe e potrebbe fare, e non riusciamo a fare….caro Mark, che forse per spanish city intendevi solo il quartiere spagnolo di chissà quale città, se prima ero arrabbiato, ora sono furibondo!   Danilo MARINO

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