Naturalmente non ho mai conosciuto Eugenio Scalfari di persona. Ma con la sua scomparsa svanisce una presenza che ha molto influenzato la mia vita, fin da un'età in cui non potevo esserne assolutamente consapevole. Eugenio Scalfari è stato molte cose: tra le altre cose parlamentare, imprenditore, giornalista, scrittore, funzionario di banca. Ma per me è stato soprattutto il fondatore dell'Espresso, prima, e di Repubblica, circa 20 anni dopo. Oggi i due giornali, (non so ancora per quanto, considerati i nuovi rispettivi assetti proprietari) vengono venduti assieme la domenica.
Una scelta con cui si vuole sostenere l'Espresso, che è un settimanale, e che, un tempo, non solo si vendeva benissimo da solo, ma garantiva pure buoni profitti al suo editore, grazie ad un successo fondato su scrupolosi reportage di denuncia. Sull'Espresso imparai a leggere. Letteralmente. Non lo dico per vantarmi di esserci riuscito in età pre-scolare, ma perché, da un lato, lo sconcerto di due genitori sorpresi dalla domanda del figlioletto che chiede loro "Che cosa succede ad Hanoi?" (erano i tempi della guerra del Vietnam) suona abbastanza comico e forse può strappare una risata, dall'altro perché questo episodio, nella sua insignificanza, denota una scelta editoriale rivoluzionaria per l'epoca: un formato lenzuolo con titoli a caratteri cubitali di facile leggibilità: l'ideale per un bambino che stava imparando a leggere ed aveva la fortuna di ritrovarselo per casa.
Durò, credo, fino al 1974, quando l'Espresso adottò lo stesso formato di tutti gli altri rotocalchi. Ancora 2 anni e sarebbe nata 'la Repubblica' frutto di una scelta imprenditoriale coraggiosissima (mi piace sottolineare questo aspetto, i giornali non sono solo veicoli di informazioni ed idee, ma anche attività) non solo perché il mercato dei periodici appariva, già all'epoca, saturo, ma perché Scalfari chiese ai due editori dell'Espresso e di Panorama (Mondadori) di associarsi nell'impresa, spiegando agli sbigottiti editori dei 2 settimanali concorrenti che, a livello di quotidiani, potevano tranquillamente essere soci.
E così fu. La Repubblica, a poco a poco, incalzò nelle vendite il Corriere della sera. Alla fine lo superò pure, ma, soprattutto, nel frattempo era diventato qualcosa di più di un giornale. Secondo taluni, troppo di più: l'allora Presidente della Repubblica Cossiga, figura invero particolare, coniò addirittura, con scarso distacco presidenziale, l'espressione: "Il partito trasversale di Repubblica". Nel frattempo, cominciava la sofferenza di fogli come Paese sera, il Manifesto, l'Unità, espressione di un'area non esattamente coincidente con quella del "partito di Repubblica", riferimento sì della sinistra, ma non esattamente quella di stampo marxista.
Del resto Scalfari, che fu eletto nelle file del partito socialista pre-craxiano, era un liberale e tale è rimasto per tutta la vita, sempre nostalgicamente legato al 'Mondo' di Pannunzio, un cimelio di stampa liberale scomparso troppo tempo fa, e di cui Repubblica rappresenta il successore ideale. Sì, perché in un Italia spaccata tra un potere cattolico ed un'opposizione marxista, il che, sostanzialmente, esprime un panorama ideologico quasi totalmente confessionale, con riferimento a due confessioni in antitesi, Repubblica, come l'Espresso, si è sempre posta come espressione del pensiero laico, sempre parecchio bistrattato nel nostro Paese. Ma che ciò nonostante, ha supportato e supporta quello che oggi il giornale più venduto in Italia.
A dimostrazione del fatto che la realtà sociale, ideale e culturale di un Paese non sempre coincide con quella che disegna la torta dei consensi elettorali. Tante cose sono accadute, successivamente: c'è stato l'avvento della seconda Repubblica, che ha sdoganato una destra fino ad allora ritenuta "estranea all'arco costituzionale" mentre il marxismo finiva sepolto sotto le macerie del muro di Berlino. Erano ancora tempi, quelli, in cui riuscivo a leggere il giornale quasi ogni giorno. Poi non mi fu più possibile, ma almeno la domenica, quando usciva con l'editoriale di Scalfari, prima in veste di direttore, poi di quella di fondatore, non me lo perdevo mai. Editoriali in cui Scalfari svariava dal commento sulla settimana politica (i miei preferiti) alla politica estera, all'economia (pure da me particolarmente apprezzati) ma anche alla letteratura, alla filosofia.
Da ultimo anche alla religione, dato che Scalfari, il campione della laicità nazionale, aveva stretto amicizia con Papa Francesco, con cui intratteneva corrispondenza. Era già da qualche domenica che il quasi centenario Scalfari saltava la sua rubrica. Ma io devo ricordare anche un suo libro, "La sera andavamo in via Veneto", uscito nel 1986 e di cui un mio carissimo amico, quello che mi conosce meglio, mi fece dono per la laurea che conseguii' pure quell'anno. Mi scuserete questo ulteriore irritante riferimento autobiografico, ma la dedica del mio amico merita una citazione: "in questo libro non compari per ragioni anagrafiche, ma in quello che Scalfari scriverà tra 30 anni sicuramente sì!".
Ovviamente l'ho deluso. Non ci sono in nessuno dei numerosi libri che Scalfari ha scritto nei 30 anni successivi ed anche oltre. Ma all'epoca Scalfari aveva circa l'età che mi ritrovo io adesso. Ed ha continuato a rimanere attivo ed a produrre pensiero per altri decenni, fino alla fine. Pensieri che, alla fine, nemmeno condividevo più tanto spesso. Ma i maestri sono quelli che ti insegnano a pensare. Poi devi metterci del tuo.
di Danilo MARINO
La rubrica “Le ultime della sera” è a cura della Redazione Amici di Penna.
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