Sono giorni carichi di sofferenza. Il peso di questa sofferenza è ancora più grave quando si tratta di bambini.
È di qualche giorno fa la notizia della strage in una scuola elementare degli Stati Uniti, ben 18 bambini che hanno perso la vita in seguito alla sparatoria di un adolescente.
Sembra sia la seconda sparatoria più sanguinosa nella storia d’America in una scuola. Sì, ne abbiamo già sentite di notizie come queste e per fortuna non ci abituiamo mai. Abituarsi significherebbe aver perso il senso profondo della vita.
Ma ecco che poi arriva anche la notizia della profanazione della tomba di Alfredino Rampi. Lo ricordo come se fosse ieri. Il tentativo disperato di salvare quel bimbo che per un caso sfortunato si è ritrovato catapultato in un attimo dalla felicità del gioco alle viscere della terra. Giorni attaccanti alla tv. Tutti speravamo, ma poi il miracolo non avvenne. Sapere oggi che qualcuno si diverte a profanare la tomba di quel bimbo mi rattrista moltissimo.
Ma poi ci sono altre notizie che arrivano dai social.
Ragazzi che entrano nei negozi e che pur di riuscire a rubare un paio di jeans sono disposti a maltrattare le commesse, ragazzini che si fronteggiano in band organizzate e che tengono in ostaggio le città e poi l’ultima trovata.
La summer boiler cup. Alcuni ragazzini si mettono d’accordo per abbordare la ragazza “più abbondante” della discoteca e per poterla sedurre. Ogni ragazza in sovrappeso, definita “scaldabagno” (boiler, appunto) vale un certo punteggio in base ai chili presunti. Vince (non si è capito cosa) chi rimorchia più ragazze con più chili e quindi più punti. Le ragazze vengono riprese e i video vengono postati sui social a loro insaputa. Molte ragazze hanno cominciato a non voler più uscire per andare in discoteca, si sono chiuse in casa.
Il sovrappeso viene preso come misura della vergogna per un gioco da ragazzini. Ancora una volta si fa body shaming in un contesto dove non si tiene conto della sensibilità di persone, che volte arrivano anche a compiere gesti estremi.
Tutto questo avviene in controtendenza a quello che accadeva negli ultimi anni nei quali si era cercato di portare avanti piuttosto temi di body positive, cioè accettazione attiva del proprio corpo. Questo aveva aiutato tutti quei ragazzi che soffrono perché non accettano la propria condizione fisica.
Ogni giorno una notizia diversa ma con un comune denominatore: i bambini e gli adolescenti soffrono o vengono attaccati.
Queste notizie sono la spia di qualcosa che non va nella nostra società.
Spesso le cause sono la deprivazione culturale o la povertà educativa.
Secondo Save the Children la “povertà educativa” è definita come “la privazione da parte dei bambini, delle bambine e degli/delle adolescenti della possibilità di apprendere, sperimentare, sviluppare e far fiorire liberamente capacità, talenti e aspirazioni”.
Questi due anni di pandemia e di chiusure forzate non hanno fatto altro che accentuare il fenomeno.
I bambini e i ragazzi, non avendo dei riferimenti culturali forti nel contesto sociale ma anche nel contesto familiare, finiscono col crearsi dei mondi paralleli nei quali poter primeggiare anche a scapito della salute o della vita di qualcun altro.
Cosa possiamo fare? Fare rete, supportare e valorizzare la genitorialità, creare delle comunità educanti dove ognuno è educato da tutta la comunità piuttosto che solo dalla propria famiglia, e molto altro.
Sicuramente ciò che bisogna fare è prendere consapevolezza del fatto che l’infanzia è un periodo della vita che va sostenuto affettivamente e nutrito culturalmente in modo da essere vissuto in maniera meno traumatica. Solo così un bambino sano può diventare un ragazzo responsabile e un adulto maturo.
L’anno scorso proprio in questi giorni veniva diffusa anche un’altra notizia. Negli Usa un ragazzo era stato colto nell’atto di rubare del cibo dal negozio. Davanti al giudice lui racconta la sua storia. Alla fine il giudice “condanna” tutti presenti a pagare 10 dollari di multa da dare al ragazzo.
Sembra che il giudice abbia detto:
“Se una persona viene beccata a rubare pane, tutte le persone in quella comunità, società e Stato dovrebbero vergognarsi!”
Non si sa se la notizia sia vera o meno perché è stata smentita da alcuni fact-checher, ma la cosa interessante è che ribadisce il concetto che la responsabilità educativa va condivisa.
Tutti noi dobbiamo riconoscere che se un bambino, nel 2022, è povero, maleducato o violento, la colpa non è solo dei genitori o degli insegnanti, o dello Stato in generale, ma di tutti noi come cittadini educanti.
di Saveria ALBANESE
La rubrica “Le ultime della sera” è a cura della Redazione Amici di Penna.
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