Ultime della sera: “Da una lezione di Antropologia Organizzativa … “

Chester Barnard: “sull’organizzazione cooperativa”

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
11 Novembre 2021 19:00
Ultime della sera: “Da una lezione di Antropologia Organizzativa … “

Un’idea fondamentale attraversa la mia consapevolezza di persona e di professionista - affascinata da tematiche organizzative da più di cinque lustri – e per questo cerco ancora di coglierne l’essenza.

Se in Italia le scienze organizzative non prendono piede come dimensione ontologica dell’agire umano è perché nessuna scuola, di ogni livello o grado d’istruzione, si propone di contribuire allo sviluppo e alla coscienza di una piena cittadinanza attiva.

Senza il senso dell’organizzazione e del suo modellarsi, non si presidia il funzionamento della propria vita. Nasciamo facendo ricorso ad organizzazioni e moriamo affidandoci a loro; ognuno è attore ed abita molteplici organizzazioni, ma alla domanda “perché l’uomo ha bisogno di organizzarsi ed organizzare la propria vita, formando enti e modellando comportamenti sociali” non si raccoglie un pensiero diffuso e storicizzato, supportato da una cultura sedimentata da generazione in generazione, piuttosto sembra che tutto quello che facciamo sia frutto di improvvisazione o gestito all’impronta (soprattutto in Italia … scusate la piccata considerazione).

Ed invece l’organizzazione viene da lontano, lontanissimo, da quando l’uomo fu cacciato dall’Eden e dovette confrontarsi con la Madre Natura non potendo essere più in simbiosi con essa. Per sopravvivere e non rimanere sopraffatto da tali potenti forze ebbe il bisogno di organizzarsi per superare i propri “umani limiti”, in un continuo divenire storico. Non poteva più contare di mangiare dall’albero della vita, ovvero dalla fonte trascendentale che lo aveva originato e che lo avrebbe tenuto in vita in eterno.

Un ingegnoso destino lo attendeva nei secoli dei secoli. Tale ingegno lo distinse da altri esseri del Creato (vegetali, animali), connotandolo come capace di costruire cultura, ma mai di generare Natura.

La Natura, invece, la si può considerare proprio come il più importante laboratorio di ricerca che ci sia stato donato, dove l’uomo rintraccia tutte le possibili forme organizzative che, pur esistenti dai tempi dei tempi, egli scopre all’improvviso quale risposta adattiva ai suoi imminenti problemi di sopravvivenza. Una fonte di ricchezza e di ispirazione inesauribile.

A partire da questo “laboratorio naturale di ricerca” si struttura e si sviluppa l’esigenza delle “Scienze Organizzative”, rispetto alle quali in questo breve articolo non ne propongo una lettura storica, ma il suggestivo ed accennato recupero di un autore definito come colui che ha dato il massimo contribuito teorico alla concezione cooperativa del sistema aziendale: Chester Barnard.

Nel suo pensiero, ancora dal sapore contemporaneo, si riflettono due cambiamenti che nella prima parte del XX secolo interessano il mondo manageriale degli Usa e più in generale dell’Occidente.

Il primo cambiamento attiene alla storia delle idee e consiste nel progressivo declinare dell’individualismo utilitaristico a favore di una filosofia che considera la società come un’entità cooperativa regolata da principi morali. L’individualismo, che trova l’espressione più radicale nel darwinismo sociale, concepiva la società come l’arena di una lotta per la sopravvivenza tra individui sostanzialmente isolati, che agiscono in base a puri calcoli utilitaristici. La lotta per l’esistenza si presentava quindi come il presupposto per giustificare sia la più sfrenata ricerca del successo che il totale dominio autoritario sulla manodopera considerata come una massa infida e potenzialmente ostile.

Il secondo cambiamento che si riflette nell’opera di Barnard attiene alla composizione interna della classe dirigente in campo economico, e riguarda la progressiva distinzione tra proprietà e management. Questa distinzione porta all’avvento di una figura sociale nuova, quella dei manager non proprietari. La loro comparsa rende più complessi i giochi strategici in azienda perché dallo schema dicotomico padronato-dipendenti si passa allo schema tricotomico proprietà-management-dipendenti, dove il management svolge una funzione autonoma che non coincide necessariamente con il volere della proprietà.

L’avvento dei manager non proprietari e l’esigenza di una fondazione etica dell’agire manageriale definiscono l’orizzonte teorico della nascita del sistema cooperativo.

L’uomo è un essere caratterizzato dal fatto di proporsi degli scopi per trasformare l’ambiente in cui vive, ma che sperimenta continuamente l’esistenza di limiti. I modo più efficace per superarli è di passare dallo sforzo dell’individuo isolato alla cooperazione tra più persone. [da La funzione del dirigente – 1938, C. Barnard]

Per i curiosi delle teorie dell’organizzazione e di C. Barnard propongo di approfondire attraverso la lettura della “Parabola del masso”.

Ritengo che nell’epoca del “tutto è connesso” e della “global education” uno sguardo al pensiero di C. Barnard sia di francescana ispirazione, per immaginare un futuro all’insegna di un sapere e di un fare organizzativo sostenibile.

di Cinzia ROSSI

La rubrica “Le ultime della sera” è a cura della Redazione Amici di Penna.

Per contatti, suggerimenti, articoli e altro scrivete a: amicidipenna2020@gmail.com

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