In dipendenza della evoluzione del COVID-19 alla metà di marzo il numero dei contagi è pari circa a 160.000 casi nel mondo e oltre 6.000 decessi. Ciò posto, è possibile sintetizzare le azioni poste a rimedio nelle tre categorie che seguono. La prima. Misure straordinarie mirate a limitare la diffusione del virus. A seguito del devastante impatto del COVID-19 nella provincia di Hubei, la Cina ha imposto misure restrittive severe, ha costruito un ospedale in 10 giorni, ha imposto un “lockdown” per circa 60 milioni di persone e ha assicurato che il rispetto delle regole mirate a limitare la diffusione del virus che in questa parte del mondo ha avuto origine.
Queste misure hanno avuto effetto ed il contagio è risultato diminuire in maniera sensibile. La seconda. Controllo graduale della salute pubblica. Il Sud Corea, in particolare, ha sperimentato con successo questo approccio secondo cui sono stati applicati su larga scala test mirati a verificare la presenza del virus sui singoli individui ed il relativo tracking dei movimenti grazie a tools tecnologici. La terza. Sottovalutazione (o mancata comprensione) del pericolo del virus con conseguente diffusione del contagio nella popolazione e collasso del sistema sanitario.
Ciò posto, al fine di identificare quali possano essere le conseguenze economiche di questo fenomeno occorre capire quali scenari futuri possa avere il COVID-19. Uno studio della McKinsey & Company (COVID-19: Briefing note, March 16, 2020) ipotizza due scenari, nei termini che seguono. Il primo scenario ipotizza una lenta ripresa determinata dalla diffusione del virus in America e Europa fino alla metà di aprile con un coinvolgimento dell’Asia ma con una sostanziale esclusione dell’Africa e dell’Oceania.
La diffusione del virus sarebbe sostanzialmente mitigata dalle misure diffuse dalla maggior parte degli stati. In specie: chiusura di tutti gli esercizi pubblici di non essenziale utilità, limitazione della circolazione delle persone, quarantena. In questo scenario si ipotizza che il virus sia stagionale e quindi l’arrivo della stagione calda potrebbe neutralizzarlo. Per la metà di maggio si sarebbe sviluppata una social practice ed una esperienza a livello istituzionale che permetterebbe di fronteggiare l’eventuale riproporsi del virus in autunno.
Il secondo scenario ipotizza una manca applicazione della social practice sopra citata e dunque una diffusione ancora maggiore del virus in America ed in Europa ed un sostanziale coinvolgimento dell’Africa e dell’Oceania. Il virus in questo scenario si ipotizza non stagionale con una diffusione anche tra le fasce giovani della popolazioni ad oggi colpiti in maniera lieve. Occorre dunque notare che, indipendentemente dal fatto che il virus sia stagionale o meno, vi è una correlazione significative tra la social practice e la diffusione del virus.
Tutto ciò posto dal punto di vista, per così dire, “pandemico”, dal punto di vista economico è possibile notare quanto segue. Come spesso avviene il diffondersi del COVID-19 ha determinato l’aumento della volatilità dei mercati azionari ed il conseguente crollo. A titolo di esempio basta citare la velocità con cui l’indice S&P 500 ha registrato una velocissima perdita di valore pari a circa il 20% . Tuttavia, occorre notare che questa crisi, a differenza di quelle note e precedenti, si sviluppa in campo sanitario e sociale.
In altri termini, la diffusione del virus in alcune parti del mondo e le misure adottate a contrasto (chiusura delle attività commerciali non essenziali) hanno un effetto diretto sulla produzione, sui consumi e quindi sull’economia. Effetto che se legato alla situazione economica attuale può probabilmente produrre o intensificare effetti recessivi. La Commissione Europea ha già stimato un calo delle attività pari a circa un punto percentuale nel 2020. Più o meno puntualmente, le principali banche centrali (quella europea e quella americana) hanno annunciato misure mirate a sostegno delle politiche monetarie mediante le consuete immissioni di liquidità nei mercati nelle forme ad oggi già attuate.
Le ricerche economiche dei primari istituti finanziari europei sono concordi che queste misure sono utili ma non sufficienti proprio in ragione della natura della crisi. Pertanto occorrono sistematiche politiche di supporto all’economia reale e alle famiglie. In assenza di queste sarebbe difficile prevedere una sensibile ripresa entro la fine dell’anno. Pertanto, spetta adesso ai governi degli stati coinvolti fare la loro parte con politiche fiscali di ordine urgente e straordinario. L’Europa ad oggi non ha una visione comune e questo non dipende dal prevalere di politiche nazionalistiche ma dal fatto che questo eccellente censore economico ha già dimostrato di essere un pessimo legislatore/esecutore in campo sociale, ad esempio con la questione migranti.
Per concludere, dunque, la diffusione del Covid-19 dipende soprattutto dal rispetto della social practice a cui oggi siamo sottoposti, l’azione delle banche centrali sarà utile ma sarà soprattutto utile l’effettivo impatto delle politiche economiche straordinarie che i singoli stati adotteranno di concerto con l’Europa per superare una crisi prima sanitaria e poi economica che il 2020 dovrà affrontare. Girolamo Stabile