"Teatro amore mio", "Lisistrata" di Aristofane

"Lisistrata" è una commedia di modernità impressionante che sottolinea la forza motrice del sesso

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
19 Maggio 2022 12:38

In queste cupe settimane durante le quali l’Europa vive come sospesa, sperando che l’ombra della guerra non ci avvolga, ancora una volta i classici possono consolarci e farci intravvedere una possibile via d’uscita. 

C’è una commedia di Aristofane, “Lisistrata” rappresentata nel 411 a.C., nella quale, la protagonista, Lisistrata, una donna ateniese, convoca numerose donne sull’ Acropoli per lamentare il fatto che, gli uomini, impegnati come sono nella guerra del Peloponneso, non siano mai a casa. 

Le donne arrivano da tutta la Grecia, persino dalla rivale Sparta e concordano sul fatto che occorra fare qualcosa. Lisistrata propone di astenersi dall’avere rapporti con i mariti fino al momento in cui non avranno deposto le armi. L’iniziativa pare funzionare, perché Lisistrata e le donne al suo fianco, dopo diversi tentativi, attuati dagli uomini, di mandare in fumo il loro progetto, ottengono che si tratti finalmente la pace. Il fatto di essersi negate ha sortito un efficace, prodigioso risultato. 

Potrebbe essere un’idea da estendere anche ai nostri giorni? Di fronte a un ricatto del genere, connesso com'è a un bisogno primario, gli uomini della Grecia non possono che cedere. Gli spartani stessi vengono a offrire quella pace che per l'Atene del 411 a. C. - anno nel quale venne rappresentata la commedia - sarebbe stata provvidenziale, ancorché impossibile.

(In tal modo la guerra viene smascherata in tutta la sua negatività, come privazione dei diritti naturali e della felicità comune e individuale)

La vicenda termina con una celebrazione festiva. Einstein, nel noto carteggio con Freud, dice “Perché la guerra?” ebbe a rispondere al padre della psicanalisi con queste parole: “ Non so con quali armi si combatterà la Terza guerra mondiale, ma la Quarta sì: con bastoni e pietre.” Lisistrata è stata spesso considerata un'opera sorprendentemente moderna e femminista, e questo in parte è vero. Non si deve però dimenticare che le donne di Aristofane non si battono per la parità dei sessi, ma per la pace, e che è proprio la loro presa del potere a rappresentare l'elemento utopico della commedia: come a dire che è considerata un'ipotesi impossibile, essendo la gestione del potere in Grecia appannaggio dei soli uomini. 

Notevole tuttavia è il fatto che si assista qui ad una fattiva collaborazione tra donne, anche di diverse città, che appaiono ben consapevoli della loro possibilità di imporre la propria volontà agli uomini. Il coro dei vecchi commenta così la loro impresa: «Se cediamo, se gli diamo il minimo appiglio, non ci sarà più un mestiere che queste, con la loro ostinazione, non riusciranno a fare. Costruiranno navi, vorranno combattere per mare, Se poi si mettono a cavalcare, è la fine dei cavalieri» Invece di limitarsi al piagnisteo ed al lamento, le donne di Aristofane si organizzano con intelligenza e non mostrano traccia di debolezza né di inferiorità. 

Al sesso femminile Aristofane guarda con affettuosa simpatia. Ancora una volta mostra di presagire quasi profeticamente gli eventi, come già era accaduto nelle Nuvole e nella Pace: nella Lisistrata egli avverte l'incombere di un colpo di Stato, che in qualche modo esorcizza attribuendolo a un non-soggetto politico come le donne.

Salvatore Giacalone

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