Era già stato preannunciato qualche mese fa, adesso la voce si è tramutata in concreto ed in molti pensano che questo ultimo provvedimento sia il preludio alla fine della pesca a strascico così come da tempo l’UE va predicando a partire dal Piano di azione per la pesca che prevede entro il 2030 la drastica riduzione delle flotte dei Paesi europei che si affacciano sul Mediterraneo e che esercitano tale tipo di pesca. 74 milioni di euro sono stati infatti stanziati attraverso il Fondo Europeo Affari Marittimi Pesca e Acquacoltura per la demolizione dei pescherecci, questo in nome della tanto conclamata sostenibilità ambientale che guarda, miopemente -sosteniamo noi- alla riduzione dello sforzo di pesca che viene ormai da anni sistematicamente portata avanti con continue limitazioni, restrizioni, divieti e normative.
Ne sa qualcosa la marineria di Mazara del Vallo che negli ultimi 20 anni ha visto assottigliarsi sempre più il numero dei suoi pescherecci; dei circa trecento motopesca d’altura presenti alla fine degli anni ’90 oggi ne rimangono soltanto una settantina. I crescenti costi di armamento (gasolio alle stelle), spietata concorrenza delle marinerie nordafricane negli areali di pesca mediterranei, i divieti di pesca in areali di mare dichiarati unilateralmente “zone economiche esclusive” (vedi il caso Libia in primis), le restrizioni alle catture del rinomato gambero rosso, hanno aggravato sempre più la crisi di quella che fino pochi anni fa era la più grande marineria d’Italia.La misura che avvierà di fatto una nuova stagione di “rottamazione” di motopesca (si prevede che il 10% dell’armamento possa usufruirne) è contenuta nel Piano operativo italiano Feampa 2021-2027 e prevede due avvisi, con una somma complessiva di 150 milioni, una metà come dicevamo sbloccata a breve e la seconda entro il 2027.
Abbiamo contattato Giuseppe Messina (in foto), mazarese, profondo conoscitore e studioso del sistema pesca siciliano, il quale non ha dubbi: “Si parla di demolizione e quindi di chiusura definitiva delle attività di pesca. L’obiettivo dell’UE, seppur non dichiarato esplicitamente, è quello di far cessare definitivamente la capacità di produzione da parte delle flotte che operano nel Mediterraneo fino alla prossima programmazione, a cavallo del 2030.
Ciò rappresenta una vera e propria presa per i fondelli per i pescatori italiani, ed in particolare per quelli siciliani. Nei prossimi anni vedremo armatori siciliani che andranno a registrare i loro natanti in Tunisia, a Mahdia, a Sfax. La verità –sottolinea Messina- è che a decidere la pesca in Europa sono tre lobby: quella degli euro-burocrati, la seconda quella dei ricercatori e ambientalisti, e poi quella delle grandi società di importazione del pesce. Se è vero infatti che il consumo di pesce in Italia è in aumento, che nel frattempo la produzione italiana di pesce diminuisce, allora ciò significa che aumenta l’importazione di pesce magari pescato da marinerie extraeuropee (Tunisia, Egitto e Marocco) negli areali storici battuti dai motopesca siciliani”.
Messina così conclude: “questa nuova fase di demolizioni finanziate dall’UE oltre che all’impatto che potrà avere nel settore, preoccupanti sono le ripercussioni che tale azione avrà su terre come la Sicilia che rischia così di perdere un pezzo del proprio patrimonio genetico e storico. Perché massacrare le flotte siciliane? Mi chiedo come mai nel tanto propagandato ‘Piano Mattei’ del Governo nazionale che prevede la cooperazione con Paesi extraeuropei nel campo dell’energia non sia stato inserito il ‘dossier pesca’ e la questione della sussistenza di un settore primario garantito dall’attività dei pescatori italiani”.
Francesco Mezzapelle