Mazara, “Tonnarella” allo stremo, fra il silenzio dei giganti e la rabbia dei mazaresi. Ma salvarla forse si può

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
16 Dicembre 2014 09:53
Mazara, “Tonnarella” allo stremo, fra il silenzio dei giganti e la rabbia dei mazaresi. Ma salvarla forse si può

La spiaggia di "Tonnarella" è allo stremo, è un malato grave ma la diagnosi e le cure appaiono all'orizzonte, e forse la soluzione

per salvarla - per restituirla ai futuri abitanti di Mazara del Vallo così come gli avi l'hanno lasciata quarant'anni fa - la si può trovare con un po' di buona volontà, tanto lavoro e collaborazione fra Istituzioni e attori sociali in campo. Almeno questo è quanto emerso nell'ambito di una giornata di studi sull'erosione dei litorali in Sicilia, organizzata dall'Ordine Regionale dei Geologi di Sicilia con il patrocinio del Comune di Mazara, dell'Assessorato regionale Territorio e Ambiente e dell'Università degli Studi di Palermo, e svoltasi nei giorni scorsi al Teatro Garibaldi di Mazara.

Il sistema delle coste siciliane non può che rappresentare una risorsa in termini economici, sociali e culturali, basti pensare al turismo che ogni anno riversa migliaia di visitatori su spiagge e zone costiere. Tuttavia le trasformazioni della forma dei litorali sono inesorabili, sia nel lungo periodo, causate dalla lenta azione modellatrice della natura, che a breve termine, causate dalla mano dell'uomo. Sono le spiagge e i sistemi dunali che proteggono le nostre coste dall'azione dell'acqua e del vento; nel corso del tempo l'uomo, per porre rimedio alla lenta erosione, ha collocato delle opere di difesa, barriere frangiflutti, pennelli, scogliere, oppure ha operato degli interventi di ripascimento, di restauro dunale per restituire alla forma naturale dei litorali ciò che la stessa natura ha tolto.

Spesso però opere rigide come le barriere frangiflutti fungono un po' come da muri sulle spiagge e non garantiscono un corretto ricambio idrico, spostando spesso e volentieri l'erosione a monte o a valle della zona già erosa; le grandi masse d'acqua spostate dal vento e dalle correnti devono in un certo qual modo frangersi da qualche parte, scaricando la loro energia. "I sistemi di ripascimento delle spiagge sono spesso costosi e inefficaci da soli. Per scongiurare i fenomeni di erosione delle coste ci vogliono degli interventi organici e integrati - afferma l'Ing.

Leonardo Tallo - e degli approfonditi studi preliminari del malato da curare, attraverso l'applicazione di alcuni modelli".

Il sistema delle coste mazaresi, da Capo Feto a San Vito, è interessato da intensi fenomeni di erosioni che negli ultimi anni stanno emergendo in tutta la loro evidenza. A parte le evoluzioni naturali (come il sollevamento del livello medio delle acque), la colpa imputabile alle opere realizzate dall'uomo sembra largamente maggioritaria. Da Ovest a Est, la costruzione del metanodotto e dei bracci del Porto nuovo, gli apporti dei sedimenti fluviali "bloccati" (nel Màzaro dal Porto e nel fiume Arena per la diga a monte e per il fatto che il corso d'acqua risulta imbrigliato e cementificato), hanno modificato radicalmente l'aspetto geomorfologico della costa mazarese.

"La prognosi è grave - spiega il geologo Roberto Gallo (nella foto n.2), enucleando i contenuti del proprio intervento sulla evoluzione morfodinamica delle spiagge di Mazara, già sottoposto all'attenzione dell'Amministrazione comunale e di altri enti competenti - La nostra spiaggia (Tonnarella ndr.) non era così, aveva tutt'altra forma. Così ho cercato di capire che cosa sia successo, come si è evoluta questa spiaggia e perché. Grazie a Google Earth ho potuto guardare e analizzarla dall'alto, effettuando un analisi a ritroso nel tempo.

Ho visto cosa è successo nel nostro litorale dal 2003 ad oggi. Non è un approccio scientifico ma basta a capire la problematica". Il geologo Gallo, confrontando le diverse immagini satellitari che ritraggono la costa nel corso degli anni, partendo da lontano, ha spiegato come la costruzione del gasdotto che collega Algeria e Italia passando per la Tunisia - ed in particolare il punto in cui i fasci di tubi approdano sulla terraferma presso Capo Feto per dirigersi verso la centrale del gas - abbia contribuito, assieme alla costruzione del porto nuovo ad accelerare il fenomeno di erosione della spiaggia di Tonnarella.

A protezione delle condotte del gas è stato infatti costruito un vero e proprio pennello di pietra molto vasto in lungo e in largo e a quasi 50 cm dal livello dell'acqua che ha contribuito a proteggere dalle mareggiate di Scirocco il metanodotto e a preservare dall'erosione la spiaggia dunosa di Capo Feto a Ovest (qui non esiste erosione, anzi) ma, viceversa, ha fatto sì che le masse d'acqua si spostassero verso Est, frangendosi verso l'arco della spiaggia del Lungomare Fata Morgana. E i risultati sono oggi sotto gli occhi di tutti: la costa che si assottiglia sempre di più, la sabbia scomparsa, il mare che avanza fagocitando muretti di protezione e strada, i continui recenti lavori di contenimento che per la prevenzione dell'erosione servono a poco, destinati unicamente a ripristinare la sede stradale danneggiata.

"Oggi la spiaggia di Tonnarella è un sistema chiuso, stretto a Ponente e a Levante da metanodotto e Porto - afferma Gallo – ma con interventi organici ed integrati e con la collaborazione dei diversi Enti ed attori coinvolti potremmo fare qualcosa per far ritornare la vecchia spiaggia".

Al workshop, e all'intenso dibattito che ne è scaturito nel pomeriggio (con un clima quasi da Consiglio comunale aperto) hanno partecipato non soltanto professionisti e studiosi ma anche cittadini, pochi politici, operatori balneari e del turismo che "di spiaggia", soprattutto nella stagione estiva, lavorano, e ci vivono. Così alla fine ne è venuta fuori la volontà di istituire un tavolo di discussione comune per cercare di risolvere il delicato problema, un tavolo in cui partecipino gli enti pubblici responsabili ai vari livelli e i privati coinvolti. Fra i presenti, il deputato regionale Sergio Tancredi si è impegnato pubblicamente a chiedere un'audizione in Commissione Territorio e Ambiente alla Regione per "iniziare a costruire un percorso comune".

Era quasi scontato che durante l'incontro scientifico si puntassero maggiormente i riflettori sulla spiaggia di Tonnarella, visto l'attaccamento dei mazaresi alla storica riva. All'attenzione riservatale, oggi fa da contraltare un paesaggio a dir poco spettrale. Rifiuti, plastica, immondizia disseminata un po' ovunque (soprattutto nella parte iniziale della spiaggia, nella foto in alto). I cumuli di rifiuti vengono dal mare - ci dicono gli operatori balneari che spesso li raccolgono da sé - o sono sparsi dai cani che giornalmente rovistano fra i rifiuti dei cassonetti e poi vanno a giocare sulla sabbia.

Il muretto di protezione, fra l'arenile e la strada è ormai corroso dal tempo, crollato a tratti e ha perso ogni utilità. Persino lastre di amianto (nella foto in basso) sono state depositate da ignoti sui marciapiedi della strada, ai margini dei bidoni. I cumuli di sabbia rimossa dalla strada rimangono da giorni abbancati sotto la sopraelevata in attesa di decidere cosa farne. Ricreare un sistema di dune qui, così come una spiaggia dovrebbe essere, appare quasi impossibile ormai, a causa della presenza della strada.

E poi ci sono le villette, le case, molte delle quali abusive. Tonnarella, oltre ad essere una spiaggia, è un intero quartiere, un pezzo di città densamente urbanizzato ma senza o pochi servizi, un quartiere nel quartiere del "Trasmazaro". Ogni discussione su come salvare il "malato" Tonnarella non può prescindere da quest'altro elemento del sistema, non da poco conto.

Vincenzo De Santi

16/12/14  10.45

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