Mazara, è scomparso il noto armatore Rosario Asaro (“quattru quattru”). Un suo ricordo

In molti lo ricordano in Città come uno dei pionieri dello sviluppo e del periodo d’oro della marineria mazarese

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
02 Settembre 2024 08:35
Mazara, è scomparso il noto armatore Rosario Asaro (“quattru quattru”). Un suo ricordo

Ieri domenica 1 settembre a Mazara del Vallo è venuto a mancare all’età di 95 anni Rosario Asaro, persona molto conosciuta nella Città in quanto imprenditore nel settore peschereccio e certamente uno maggiori protagonisti dello sviluppo e del periodo d’oro della marineria mazarese. I suoi funerali saranno celebrati questa mattina alle ore 11 presso la Basilica Cattedrale. Molti i messaggi di cordoglio e condoglianze espresse alla sua famiglia, anche attraverso i social da molti ricordato, soprattutto dai suoi nipoti.

Anche la nostra redazione esprime alla famiglia le condoglianze. Personalmente ho un ricordo di Rosario Asaro legato ad un nostro incontro al fine di redigere un paragrafo del mio libro (edito da Uila Pesca) intitolato “La Comunità Marinara di Mazara del Vallo: memoria e identità” scritto nel 2019. Pertanto vorrei ricordare Rosario Asaro (in foto di copertina), persona dotata di un’ironia e gentilezza di altri tempi, riportando quanto scritto nel paragrafo 1, a lui dedicato, del IV capitolo Alcuni “testimonials” del sistema pesca mazarese”.

In quell’occasione Saro Asaro mi raccontò, dimostrando ancora una grande memoria, un bel pezzo di storia della marineria mazarese. Ecco quanto scrissi:

Se chiedi di lui alla Marina con il suo nome all’anagrafe, in molti ti rispondono: Rosario Asaro chi? Poi continuando “Ah Saro ‘quattru quattru’?” Non è una cosa che capita di rado nell’ambiente della marineria di Mazara del Vallo dove per distinguere le famiglie o le persone si utilizzano le cosiddette “‘ngiurie”. “In origine la ‘ngiuria era un soprannome a volte scherzoso altre volte quasi offensivo che veniva attribuito alle persone, spesso a loro insaputa, per comportamenti, difetti fisici, manie o modi di fare, vizi o anche virtù, e perfino per la somiglianza a determinati pesci. A Mazara del Vallo, soprattutto nell’ambiente marinaro, nel tempo la ‘ngiuria ha perso la sua caratteristica originaria per diventare esclusivamente un “terzo” nome, spesso e volentieri per distinguere intere parentele che avevano lo stesso cognome, come Asaro, Giacalone, Gancitano etc.”

Saro Asaro, chiamato “quattru quattru” perché era un ragioniere, oggi ha 90 anni e di cose nella marina mazarese ne ha sentite e viste veramente tante. Lo ho incontrato lo scorso agosto nella sua villa di Tonnarella. Ha iniziato a raccontare delle paranze a vela dei primi decenni del ‘900 che lavoravano già a diverse miglia dalla costa e che spesso con il maltempo si andavano a riparare a Capo Granitola: “un mozzo scelto dal capitano scendeva a terra e a piedi percorreva più di dieci chilometri e raggiungeva il porto di Mazara per dare notizia ai familiari accorsi in banchina e senza notizie da giorni che l’equipaggio stava bene e che con il miglioramento del tempo avrebbe ripreso a navigare per far ritorno a casa.

Dopo la I Guerra Mondiale si cominciano a vedere i primi motori marini, le imbarcazioni diventarono più sicure. Fra gli anni ’20 e 30’ un prelato, Mons. Giovan Battista Quinci, la cui famiglia aveva origine dalla pesca e quindi aveva a cuore il settore, formò quella che può essere considerata la prima cooperativa di pescatori a Mazara del Vallo, la ‘Società cooperativa del Mazaro’ che aveva sede in via Mollo Caito. Mons. Quinci si occupò anche della formazione scolastica dei pescatori promuovendo una scuola che avviasse alla pratica marittima, che fu inaugurata in via Carmine nell’attuale sede del Comune, per la formazione di motoristi navali e padroni marittimi.

Nel frattempo aumentava la potenza dei motori. Dal 1940 in poi i pescherecci cominciarono a raggiungere gli areali di pesca di Lampedusa e davanti la Tunisia”.

Saro Asaro ha così raccontato i suoi inizi nella pesca: “nel 1953, dopo aver finito il servizio militare nel 1951, ho iniziato perché da piccolo volevo diventare armatore. Con miei tre giovani parenti, due motoristi ed un capitano, abbiamo creato una società peschereccia. Abbiamo comprato un battello di circa 21 metri di occasione, il ‘vecchio San Pietro’, dai fratelli Asaro ‘cardeddra’. Abbiamo montato un motore da 150 cavalli, ci piaceva mettere motori nuovi, e formato un equipaggio di 14 persone.

Dopo qualche anno, nel 1956-57, abbiamo comprato un altro peschereccio di occasione, il ‘Monte Vergine’. Andavamo a pescare davanti le coste tunisine, in acque internazionali, da Capo Bon a Sfax: gamberi, merluzzi, triglie etc. Con i fondi della Cassa del Mezzogiorno nel 1961 abbiamo demolito il ‘Vecchio San Pietro’ e costruito il ‘Giovane Pietro’. Il pesce nei primi tempi si mandava a Palermo ed una parte era venduto ai commercianti e poi arrivava nei mercati nazionali. Con contributo del 40% abbiamo realizzato costruito il ‘Nuovo Montevergini’.

Andavamo di più a triglie, calamari e merluzzi, i pesci di prima categoria. I pesci di seconda categoria: morsellina, triglie bianche, polpi, seppie, luvari e gambero rosa. Mi ricordo che il pesce sbarcato si portava nelle cassette che si schieravano a terra in file da venti. Poi ‘lu Ziu Nardu Canali’ comincia l’asta. Successivamente con la nostra stessa società G.A.C. (Giacalone-Asaro-Calderone) comprammo nel 1964 ad Anzio un altro peschereccio, ‘Emilia’, affondò a 20 miglia da Tripoli nel 1966, in quello stesso anno comprammo il motopesca ‘Titano’, nel 1970 ‘Posidone I’, nel 1974 l’’Artemide’, nel 1978 l’ ‘Antioco’ e nel 1981-82 il ‘Condor I’.

Il sistema pesca di Mazara del Vallo si è andato sempre sviluppando e con esso anche la cantieristica e le officine. Allora vi erano i cantieri navali di Cavasino (originario di Trapani), quello dei fratelli Giacalone, e poi quello di Marino Campana, qui costruimmo il ‘Giovane Pietro’ ed il ‘Nuovo Montevergine’. Nel cantiere navale di Ancona ‘Mario Morini & C.’ costruimmo i motopesca ‘Posidone I’, ‘Artemide’, ‘Condor I’, mentre l’Antioco’ è stato realizzato nel cantiere di Arturo Stabile di Trapani”.

Il Cantiere Asaro invece è sorto a fine anni ’90”.

Saro Asaro ci conferma che ad alimentare il mercato del gambero rosa, o anche detto bianco (il pregiato gambero rosso fu ‘scoperto’ solo alla fine degli anni ’90) fu una ditta francese che aveva sede in un magazzino sul lungomazaro Ducezio: “lo facevano ‘scapuzzare’ (decapitare) e gli davano una scaldata e poi lo esportavano in Francia. Comunque il solfito di sodio per la conservazione del gambero appena pescato si è sempre usato. Iniziammo noi con altri tre armatori ad installare, intorno alla metà degli anni ’70, congelatori a bordo per il pesce ed il gambero; gli esperti del settore congelazione erano Gaetano Caccamo, Vincenzo Asaro ‘batarollo’.

I pescherecci sbarcavano il pesce a Mazara e gli spagnoli con autocarri frigoriferi lo caricavano dopo i dovuti delle autorità sanitarie e della dogana; i pagamenti avvenivano irrevocabilmente a presentazione del documento presso il Banco di Sicilia di Mazara dove gli stessi commercianti iberici avevano aperto un conto; altro tipo di pesce veniva venduto nei mercati Palermo e Napoli grazie ai ‘rigattieri’. Un particolare che ricordo di quegli anni fu la scelta di cambiare fornitore dei cartoni per il pesce, scoprii un fornitore di Milano che mi fece un prezzo decisamente minore ad uno di Marsala, acquistai 200.000 pezzi e per quasi dieci anni non acquistammo più cartoni, eravamo a posto”.

Saro Asaro elenca gli armatori più grossi di quel periodo (da metà anni ’70 agli anni ’80), oltre, ovviamente, alla sua società: “Paolo Lisma ed il fratello Pino, i fratelli Matteo, Cosimo e Vincenzo Asaro ‘tista”, i fratelli Asaro ‘cardeddra’, Armapesca di Ignazio Giacalone ‘lu grecu’, Pino Quinci ‘Mazara’, Giovanni Asaro ‘scaminace’, Salvatore Giacalone, Matteo Giacalone ‘tedescu’. La mia società è durata fino al 1985, poi continuai da solo con Giuseppe Giacalone fino al 1999 quando uscii definitivamente dal settore”.

Infine Saro Asaro ricorda con amarezza la data dell’8 luglio del 1980 quando il suo motopesca “Posidone I” fu sequestrato a 20 miglia da Tripoli; l’equipaggio fu messo in carcere per tre mesi e poi liberato mentre il peschereccio non fece mai più ritorno a Mazara. “Fummo ricevuti dall’allora presidente Sandro Pertini e da altri importanti personaggi politici, chiedemmo aiuto anche al noto Generale Miceli che grazie ad un suo intervento in Sicilia fece arrestare alcuni potenziali attentatori del leader libico Muammar Gheddafi.

Il Colonnello libico però non accettò di liberare il nostro peschereccio perché aveva già reso un favore all’Italia. Agimmo per vie legali dimostrando che il luogo indicato dai libici era un fondale roccioso e non sabbioso ove invece eravamo noi. Quando tutto sembrava sbloccato per la liberazione del motopesca, la società che aveva avuto l’incarico di custodire il peschereccio nel corso del sequestro avanzò il proprio credito al governo libico confiscando così il peschereccio; eravamo molto stanchi della vicenda e decidemmo, molto a malincuore di abbandonarlo”.

Questo ricordo lo ha particolarmente incupito, a stento Saro Asaro ha celato la sua emozione.

Francesco Mezzapelle

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